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Uno sguardo al 2005: la Tromba

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Papa Satchmo

Louis Armstrong What a Wonderful World Milan - distr. Warner Italia Valutazione: 5 stelle

E' difficile immaginare la musica di oggi senza Louis Armstrong. La sua carriera comprende tutti i punti centrali delle esperienze più innovative del Novecento: la definizione del concetto di swing, la nascita di solismo e canto jazz, l'affrancamento della canzone dalla retorica post-operettisca (poi ripescata da Elvis Presley e dal rock), la creazione di un vocabolario immenso, alla base di ogni assolo. Sopra tutte le conquiste tecniche, si stende una emozionalità dal contenuto universale, che con una nota, un borbottio della sua voce rauca, colpisce e inchioda per la sua umanità.

Ogni operazione atta a riportare Satchmo al centro della nostra attenzione è benvenuta, ma l'antologia What a Wonderful World, della Milan, giunge assai gradita, per la qualità del materiale proposto e la sua relativa rarità. Partiamo dal CD audio e notiamo subito come, anche dei brani più celebri, si offrano spesso versioni meno battute o con partner speciali: ad esempio la celeberrima ballad-manifesto, che fornisce il titolo al disco, si ascolta dal vivo e le sfumature che Armstrong propone suonano fresche ed emozionanti, fornendo una diversa prospettiva su un brano epocale. Certo ci sono anche incisioni ben conosciute degli Hot Five / Seven, brani con l'orchestra di Luis Russell, con la quale, nei primi anni Trenta, Satchmo definì il rapporto fra solista e big band. Poi le varie edizioni degli All Stars, incontri con Tommy Dorsey, Bing Crosby, i Mills Brothers.

Il DVD rende What a Wonderful World molto appetibile anche a chi possiede buona parte dei dischi di Satchmo. Mezz'ora abbondante che prende l'avvio con due brevi filmati degli anni Trenta e Quaranta: in tutta evidenza la classe da showman provetto di Armstrong e il suo essere uomo simbolo di una fisicità afroamericana facilmente fraintesa, anche da Miles Davis, ma ben connessa al modo in cui il jazz era vissuto a New Orleans. Segue una medley televisiva degli anni Sessanta, con Danny Kaye e Caterina Valente. Armstrong non appare in ottima salute e alla tromba un certo sforzo si sente, ma il canto è amichevole, gattone e adorabile. On the Mark Twain lo vede sull'omonimo battello fluviale, qualche anno prima, con il gruppo di Kid Ory, nel quale milita anche il leggendario Johnny St.Cyr. Uno degli organici revivalisti più solidi, che lo lancia sulle tracce di King Oliver, senza alcuna nostalgia.

In chiusura, un commovente concerto tedesco del 1969, Satchmo ormai smagrito e sciupato, eppure ancora più coinvolgente nel cantare o suonare la tromba.

I nuovi maestri

Wynton Marsalis Unforgivable Blackness Blue Note - distr. Emi Italia Valutazione: 4 stelle

La Blue Note, acquisendo Wynton Marsalis e Terence Blanchard ha messo le mani sui due principali trombettisti di questi anni, ex giovani leoni ora modelli sul piano estetico e strumentale. Prima di licenziare Amongst the People - Live at the House of Tribes, Wynton ha registrato Unforgivable Blackness, colonna sonora per l'ultimo documentario di Ken Burns, dedicato alla figura di Jack Johnson, il pugile di colore, modello di affermazione nell'America razzista dei primi decenni del Novecento, il cui essere nero non gli fu mai perdonato dall'america bianca. Uomo eroico e alla fine sfortunato, che aveva già mosso la creatività di Miles. Questi aveva proposto la sua nuova musica elettrica e vicina al rock, Wynton va alla ricerca di atmosfere, sensazioni e colori, che trovino un punto di mediazione fra ieri e oggi. La matrice comune la trova nel jazz degli anni Venti: il blues, New Orleans, la sofisticazione di Duke Ellington e molti altri fattori che ormai sa manipolare creando un prodotto che è chiaramente suo e originale.

La maggior parte dei brani dura circa due minuti, si tratta di quadretti pensati in funzione cinematografica, tutti molti incisivi e lucidi. Si mescola un profondo senso del blues con il profumo di un'epoca lontana, la cui musica riesce ad essere sempre di grande attualità. La tromba di Wynton parla muovendosi fra Satchmo e i maestri del growl come Bubber Miley, interpreta aspetti della personalità di Johnson, dolenti, smargiassi, orgogliosi, introspettivi. Con lui la crema dei suoi collaboratori recenti, in particolare il grande batterista Herlin Riley e a tre di loro - Victor Goines, Wycliffe Gordon e Eric Lewis - affida due composizioni che sono piccoli gioielli poetici, in particolare "Trouble in My Soul".

Terence Blanchard Flow Blue Note - distr. Emi Italia Valutazione: 4 stelle

Per Blanchard il passaggio alla Blue Note ha costituito una vera svolta nella sua carriera, liberandolo da impegni contrattuali che non sempre gli rendevano giustizia. La ritmica non è più quella di Bounce, cioè il quintetto che lo aveva accompagnato dal vivo per anni, ma la perdita di Eric Harland è ben compensata da Derrick Hodge. La musica fonde la matrice hard bop con sonorità africane e black, grazie all'inserimento nel gruppo di Lionel Loueke. Lo stesso trombettista in alcuni brani si dedica alla programmazione dei synth e realizza una fusione che non annacqua la matrice jazzistica, ma la arricchisce di colori moderni e freschi. A questo aggiungiamo la tensione ad esplorare i limiti della tromba - con un linguaggio che si porrà come uno dei principali riferimenti futuri dello strumento - e una forza compositiva da tempo provata al fianco di Spike Lee.

Flow prosegue e matura l'estetica di Bounce, vanta la produzione di Herbie Hancock, al pianoforte in due brani, offre una notevole varietà di situazioni timbriche e ritmiche. L'apertura di "Flow Part I" è un dialogo fra tromba contrabbasso e batteria, con l'aggiunta di colori elettrici a rafforzarne l'andamento misterioso, ellittico. L'ingresso di Loueke immette una diversa luce, che Blanchard riflette nello spingere la sua tromba a cavallo di fraseggio jazz e vocalità pura e sperimentale. Quasi un improbabile incontro fra Woody Shaw e Bill Dixon, che sfuma nel silenzio per poi riapparire mutato altre due volte lungo il percorso del CD.

L'Africa occupa la scena con "Wadagbe", che a tratti ricorda i migliori Weather Report e si articola in un lungo e possente crescendo. In "Benny's Tune" Hancock prende il posto di Aaron Parks e impreziosisce una ballad che merita di entrare nel canone jazz. Altrettanto suggestiva "Over There" e merita una menzione la finale "Harvesting Dance", con le sue scale arabe e la costruzione epica.

Figli di Miles

Dopo Armstrong per un trombettista, il riferimento d'obbligo è Miles Davis, anch'egli impegnato, nel corso della sua carriera, a esplorare modalità espressive in apparenza lontane, in fondo legate dalla matrice blues che sottende tutta la sua produzione. Il solo periodo elettrico si può articolare in ben quattro fasi, quella che produce Bitches Brew, il seguito ostico e spesso cupo degli anni Settanta, i primi anni del ritorno e la chiusa segnata dal legame con Marcus Miller. A questi vari periodi si ispirano i CD che andiamo a recensire e vale la pena anticipare che i risultati migliori li hanno ottenuti ex giovani leoni, in apparenza incompatibili con il Miles elettrico.

Nicholas Payton Live in New York Kufala Valutazione: 4,5 stelle

Iniziamo con Nicholas Payton, forse il più bel suono di tromba degli ultimi anni, tipico musicista di New Orleans, in grado di viaggiare dai quintetti post bop, rendere omaggio a Louis Armstrong, infine stupirci con Sonic Trance, album che lo poneva in un denso, articolato magma elettrico, fusione di In a Silent Way con la black music di oggi. Il naturale seguito di quel progetto è questo Live in New York, per la coraggiosa etichetta Kufala. Registrato nel 2004 all'incontro annuale della International Association of Jazz Educators, presenta il progetto Sonic Trance in versione essenziale, un sestetto dalle moderate sonorità elettroniche, che rendono ancora più evidente lo studio profondo operato da Payton sul modello davisiano. Più che la ricerca, non sempre fruttuosa, di un aggiornamento del jazz per via dell'hip hop, emerge l'assimilazione del concetto davisiano di gruppo, guidato con segnali della tromba che conducono da una sezione all'altra, centrato su un culto del groove che la ritmica formata da Archer, Kinsey, Rose e Sadownick, rende in modo straordinario. La presenza di Tim Warfield completa un organico che viaggia telepatico lungo undici brani, in parte derivati dal disco in studio, tutti molto ben caratterizzati e affrontati con il giusto bilanciamento di concentrazione e relax. Fra i momenti più memorabili si segnalano "Fela" e il suo groove africano, "Two Mexicans on the Wall" ipotetico incontro fra il Mingus di Tijuana e il Davis elettrico, "Cannabis Leaf Rag" con il suo ipnotico riff giocoso.

Difficile immaginare un progetto più evoluto e personale nello sviluppare una delle fasi più complesse nella carriera di Davis.

Russell Gunn ethnomusicology Vol. 4 Justin Time - distr. IRD Valutazione: 3,5 stelle

Chi da sempre viaggia su binari elettrici è Russell Gunn, musicista fortemente progettuale, studioso del Miles anni Ottanta come dei ritmi Yoruba, il tutto elaborato nella serie di CD Ethnomusicology (etichetta Justin Time), che con il Vol. 4 trova il completamento live. Il suo è un progetto rigoroso, sviluppato con coerenza e lucidità. L'impatto dal vivo del gruppo è notevole, non ci sono solisti di straordinario spessore, ma tutti i musicisti sanno come seguire le direttive di Gunn per ottenere il miglior risultato. L'atmosfera ha il profumo della fusion anni Ottanta, senza gli eccessi virtuosistici e pop dell'epoca. A volte si ha la sensazione di una perfezione troppo patinata, da grandi turnisti e una lunghissima e vuota "Summertime" era da evitare. Come un po' eccessivo e da stadio rock appare il consenso rumoroso dei fan. Con questi limiti l'avventura di Gunn procede e merita di essere ascoltata.

Darren Barrett The Attack of Wren Nagel Heyer - distr. IRD

Valutazione: 3 stelle

E' una linea estetica che trova anche i suoi seguaci, come Darren Barrett, giovane protetto di Donald Byrd che ha esordito con un classico album di jazz e ora, per Nagel Heyer, licenzia The Attack of Wren - Wrenaissance Vol. 1, lavoro di fusione di vari ambiti della black music, con ampio spiegamento di elettronica, rigogliose ritmiche e sapori vocali soul. Competenza e passione ci sono, senza dubbio, ma la linea estetica ci pare legata a matrici datate, diciamo anni Ottanta/primi anni Novanta, forse il periodo meno brillante nella storia del pop mondiale. Musiche che non hanno retto alla prova di un tempo anche breve e suonano più vecchie di tutto il soul anni Sessanta, a dimostrazione che la vitalità di una musica non ha a che fare col dato cronologico. Dispiace porre riserve a un lavoro che Barrett di sicuro sente come un importante risultato personale, ma le sue notevoli capacità forse hanno bisogno di una diversa messa a fuoco.

Wallace Roney Prototype High Note - distr. IRD Valutazione: 4 stelle

Il rapporto di Wallace Roney con Miles Davis è paragonabile a quello di Phil Woods nei confronti di Charlie Parker: idolatria pura, così estrema da non essere criticabile, perché amore assoluto, quindi dotato di enorme forza espressiva, che schiaccia ogni possibile riserva sulla non originalità della loro musica. In questi casi in effetti non ha senso parlare di già sentito, ammesso e non concesso che sul piano formale un Woods non abbia detto alcunché di suo, conta solo questo rapporto devozionale che informa il gesto musicale e non solo. Woods sposa Chan Parker, Roney si veste alla Miles e suona una rossa tromba Martin decorata.

Finora aveva onorato la fase del secondo quintetto acustico, partecipando al posto di Freddie Hubbard al gruppo VSOP, organizzato da Hancock. Ora Roney trova una sintesi fra questo linguaggio e la fase elettrica, ottenendo con Prototype (etichetta HighNote) il suo disco migliore, forte della collaborazione di sua moglie Geri Allen e con ospiti importanti, come Don Byron, Clifton Anderson (da anni spalla di Sonny Rollins), Adam Holzman e DJ Logic.

Il risultato è in otto brani davvero incisivi, suonati benissimo e carichi di groove e colori. Un'opera forte, atto di amore che nel seguire le orme del mito, trova la sua assoluta e personale originalità. Parafrasando una frase celebre, nata in altro contesto, i mediocri copiano, i grandi rubano!

Due anomali investigatori pianoless incidono per OmniTone

John McNeil This Way Out OmniTone - distr. IRD Valutazione: 2 / 4 stelle

John Mc Neil è un classico esempio di musicista per musicisti: uno di quelli che il pubblico di rado scorge, ma gli addetti ai lavori apprezzano e tengono in alta considerazione. Opera da sempre in un ambito post bop che gli fornisce la massima libertà espressiva, impiegata per elaborare un fraseggio inimitabile, angolare e imprevedibile come un assolo di Monk, lirico come in Miles, ardito, giocoso ed irriverente come in Don Cherry. In This Way Out sfoggia anche una notevole personalità di compositore e riesce, in forza della sua genialità tecnica, a simulare effetti elettronici alla tromba. Il quartetto senza pianoforte rimanda al primo free di Ornette Coleman, anche se poi il sapore dei brani di McNeil è del tutto originale. Per sfortuna i suoi compagni di viaggio spagnoli, volenterosi ed entusiasti, sono però lontani dal livello del loro leader e la registrazione non aiuta, tanto che a volte la tromba pare incisa in uno studio di lusso e sovrapposta al trio tenore, basso, batteria, che pare registrato con meno attenzione.

Per questo troverete una doppia valutazione: This Way Out è un disco duplice, con uno straordinario McNeil e un onesto trio di giovani europei di belle speranze.

Russ Johnson Save Big OmniTone - distr. IRD Valutazione: 3,5 stelle

Chiudiamo questo lungo excursus fra alcuni dei CD più interessanti realizzati da trombettisti nel 2005, con un esordio brillante, Save Big di Russ Johnson. Anche in questo caso un quartetto pianoless e il riferimento alle esperienze realizzate nei primi anni Sessanta a cavallo di free e bop è chiaro. Johnson mostra già una mano nel comporre molto incisiva e personale, fondendo ironia e conoscenza storica del jazz con curiosità di stampo eurocolto. L'impiego alla tromba di effetti wa-wa, riporta in prima fila quell'aspetto parlante, di voce umana, che ha la prima grande incarnazione in King Oliver e fu sempre amato da giganti come Duke Ellington e Charles Mingus. I tre compagni di viaggio sono in assoluta sintonia con le idee del leader e presentano un alto livello di coesione e competenza tecnica. Forse c'è da limare qualche tendenza a una ricerca un po' cerebrale che a tratti pesa, ma si tratta di peccato del tutto veniale per un esordio, che vi raccomandiamo senza esitazioni.

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