Home » Articoli » Lyrics » Un ricordo di Bill Dixon: gli anni della formazione.
Un ricordo di Bill Dixon: gli anni della formazione.
ByIn seguito lo incontrai più volte: in occasione dei suoi concerti organizzati a Verona Jazz per merito di Nicola Tessitore e della sua memorabile mostra personale con concerto, allestita nel maggio 1982 presso la galleria d'arte Ferrari, sempre a Verona. Ad una mia seconda richiesta di notizie biografiche in vista di due articoli poi apparsi su Musica Jazz, il trombettista rispose prontamente con una lettera dell'8 febbraio 1983, altrettanto lunga e dettagliata della prima.
Un mio ricordo personale particolarmente vivo risale al 5 luglio 1988, quando, conclusa una breve tournée europea, l'allora sessantaduenne Bill e sua moglie Sharon fecero sosta a Bologna prima di tornare negli Stati Uniti. Io feci loro da guida in un mirato giro turistico del centro storico della città: fra l'altro egli rimase affascinato dall'ipotesi, purtroppo mai tradottasi in realtà, di poter fare un concerto in solo nel chiostro romanico della chiesa di Santo Stefano. Quella sera li invitai a cena a casa mia e mi piace pensare che abbiano sinceramente apprezzato i miei "rigatoni alla greca," con un condimento a base di feta, olive di Calamata, olio e origano.
Il suo inglese, sia scritto che parlato, era molto elaborato, ricco, elegante, a differenza di quello schematico e povero (al limite più comprensibile) di molti suoi colleghi americani. Appunto dalle due lettere citate provengono gran parte delle informazioni biografiche contenute nel testo che segue.
Bill Dixon è stato un personaggio eclettico, del tutto anomalo nel panorama del jazz afroamericano. Egli ha esternato la sua straordinaria vitalità creativa attraverso diversi mezzi espressivi: non è stato soltanto un musicista di grande valore e originalità (trombettista, pianista, compositore e leader), ma in più di sessant'anni di attività è stato anche pittore, scrittore, art director, produttore, insegnante.
Questa particolare figura di intellettuale nero-americano si è distinta per la coerenza e il rigore della concezione estetica, come per l'intransigenza del comportamento etico-professionale che, in campo musicale, lo ha portato spesso in aperto conflitto sia con il mondo del jazz sia con l'accademia della musica colta. Egli non è mai sceso a compromessi, autogestendo quasi completamente la propria immagine e la propria attività: il che ha giustificato un certo disinteresse, o peggio un dichiarato ostracismo nei suoi confronti da parte dei responsabili della cultura ufficiale.
Ripercorrendo la singolare carriera di Dixon, non si può fare a meno di notare che era già quarantenne quando alla metà degli anni Sessanta s'impose all'attenzione della critica più aperta come uno degli artefici del free jazz (pur mantenendo sempre, all'interno di questa corrente, una propria autonomia ideologica, operativa e stilistica). Sorge quindi spontanea una certa curiosità sulla sua attività precedente. Come trascorse gli anni dell'infanzia e della giovinezza, quelli che più contano nell'acquisizione culturale e nella formazione della personalità? Quali furono i musicisti che più lo influenzarono? Quali furono le sue esperienze musicali ed artistiche degli anni Cinquanta?
William Robert Dixon nacque il 5 ottobre 1925 nello stato del Massachussetts, in quella tranquilla isola di Nantucket, grande circa come l'isola d'Elba, alla quale Melville ha dedicato un capitolo nella parte iniziale del suo capolavoro Moby Dick. La madre, diciottenne quando lo mise al mondo, era fra l'altro una cantante dilettante di blues, mentre il patrigno (il padre vero Dixon non l'ha mai conosciuto) si guadagnava da vivere come manovale, ma era anche un atleta professionista, che si interessava inoltre di matematica e di musica.
Nel 1934 la famiglia si trasferì a New York, e per Bill, ancora bambino, l'impatto con l'ambiente frastornante e pericoloso della metropoli fu particolarmente duro. Mentre nelle condizioni povere ma serene di Nantucket la famiglia godeva di una certa rispettabilità, nell'anonimato e nella mediocrità massificata della giungla urbana i rapporti sociali erano governati dalla rivalità e dalla diffidenza. Nel clima di quegli anni - gli ultimi della Depressione - trascorse dunque l'adolescenza di Bill che, essendo il primogenito, doveva spesso prendersi cura dei due fratelli e delle due sorelle più giovani. Tuttavia, come egli stesso ha ricordato, nonostante le insidie offerte da Harlem, riuscì a condurre un'esistenza regolata e laboriosa, evitando di essere coinvolto nelle lotte fra le bande rivali dei giovani del quartiere.
A New York continuò l'educazione scolastica di Bill, impegnato fra l'altro ad eliminare dalla propria pronuncia l'accento provinciale di Boston che gli procurava umiliazioni e canzonature da parte dei compagni e degli insegnanti. Prevalentemente d'indirizzo artistico sono stati i corsi che egli ha frequentato, prima presso la WPA (Work Progress Administration) Arts School, poi alla Commerce High School, oggi chiamata Brandeis High School, fino a giungere alla specializzazione universitaria conseguita alla Arts Students' League, sempre a New York. Tralasciando di approfondire l'influenza, per altro notevole, che questi studi di stampo accademico hanno esercitato sulla sua personalità, veniamo a considerare con maggiore attenzione la sua formazione musicale.
Per il giovane Dixon l'approccio con la musica alle scuole secondarie non fu certo incoraggiante. Egli ha ricordato a tale proposito: "Dovevo sedere in un grande auditorio con circa cinquecento altri studenti disinteressati, e ci facevano ascoltare delle registrazioni per noi completamente prive d'interesse, soprattutto perché noi eravamo degli adolescenti interessati al jazz, e ciò che suonavano non era certamente jazz."
Gli stimoli maggiori egli li riceveva fuori dalla scuola: nell'ambiente famigliare, nei balli sociali al suono delle orchestre di Ellington, Basie, Luncheford, alla radio che ogni giorno trasmetteva "Afternoon Swing Session," un programma particolarmente seguito dai giovanissimi, condotto dal popolare Symphony Sid. Un ruolo particolare l'ha avuto l'Apollo Theatre, dove Bill e suo fratello si recavano quasi ogni settimana per assistere agli spettacoli di cantanti famosi, di ballerini di tip-tap, delle grandi orchestre di Earl Hines, di Charlie Barnet, di Cab Calloway, di Lucky Millinder... A questo proposito Bill ha ricordato: "I ragazzi del pubblico cercavano di vestirsi come i musicisti, camminavano e parlavano come loro e, andando dietro le quinte, si davano da fare per andare a prendere il caffè per loro".
Sebbene fosse stato attirato dalla tromba fin da bambino, Dixon ebbe il suo primo strumento a diciotto anni, nel 1943, e solo dopo il servizio militare si poté dedicare a uno studio sistematico della musica e della tecnica strumentale, frequentando l'Hartnette Conservatory of Music dal 1946 al 1951. Questa scuola era ospitata nell'edificio dello Strand Theatre, proprio di fronte al quartiere latino. I corsi, dapprima seguiti dal ventunenne Dixon solo nelle ore serali, poi, dal 1948, frequentati a tempo pieno, erano di stampo accademico, tesi a perpetuare la teoria e la pratica della musica classica europea.
La borsa di studio statale di cui egli usufruiva in quegli anni non gli era sufficiente per mantenere la moglie ed il figlio nato nel 1949, per cui cominciò a guadagnarsi da vivere con la musica in tutte le maniere possibili, compatibilmente con la sua preparazione ancora limitata. Faceva trascrizioni ed arrangiamenti, scriveva canzoni per cantanti, suonava con piccoli complessi nelle cerimonie nuziali, suonava la parte della terza o quarta tromba nelle orchestre sperimentali che in quel periodo fiorivano nei quartieri di Harlem, Brooklyn, Queens, Bronx.
Rendendosi conto di aver iniziato tardi a studiare lo strumento, vi si applicava per quattro o cinque ore al giorno e non perdeva occasione di prendere parte a jam session. Fece così una notevole pratica, imparò gli standard ed acquisì una versatilità che gli permise d'inserirsi in differenti contesti. A ventisei anni, cioè all'età in cui molti jazzisti hanno già espresso il meglio di sé, Dixon si era appena diplomato al conservatorio ed era pronto per iniziare una lenta ricerca personale, che avrebbe portato dei risultati maturi ben più tardi.
In un paio di occasioni - nell'intervista apparsa su Cadence nel marzo-maggio 1982 e in quella dell'ottobre 1982 su Altro, periodico della galleria d'arte Multimedia di Brescia - lo stesso Dixon ha elencato i numerosi trombettisti che lo hanno influenzato negli anni della gioventù. Innanzi tutto ha sottolineato l'enorme impressione esercitata su di lui, ancora bambino, dalla sonorità potente di Louis Armstrong, ascoltato nel 1934 al Moffia Theatre di Harlem, dove Satchmo si esibiva attorniato dall'orchestra di Luis Russell. Da adolescente aveva ammirato moltissimo - e ciò può stupire - Harry James per la pulizia della tecnica strumentale e Rex Stewart per la particolare sonorità. Nell'immediato dopoguerra, quando egli aveva già iniziato a studiare lo strumento, il personaggio nuovo che nessuno poteva ignorare era Dizzy Gillespie, con il suo linguaggio perentorio.
Infine, negli anni Cinquanta, venne influenzato in maniera significativa e duratura da Miles Davis, ascoltato per la prima volta al Three Duces, un club della 52esima Strada di New York. A tale proposito, pur ammettendo che nella sua musica potessero persistere delle atmosfere che ricordavano vagamente quelle di Davis, come riscontrato anche da alcuni critici, egli ha insistito però sul fatto che intorno al 1960 ogni insegnamento acquisito venne da lui accantonato per mettere a punto un proprio stile personale, come capita a qualsiasi artista creativo e originale.
Per quanto riguarda la composizione e l'arrangiamento lo stesso Dixon ha precisato di essere stato influenzato, per diverse ragioni e in diverse misure, da Ellington e Monk, da Gerald Valentine (trombonista e arrangiatore dell'orchestra di Billy Eckstine attorno al 1945) e da Tony Fruscella (un singolare trombettista italoamericano, alcune opere del quale sono state opportunamente riedite su CD), oltre che da compositori europei quali Anton Webern e da altri musicisti a noi del tutto sconosciuti.
D'altra parte non sono stati solo i colleghi musicisti a procurargli gli stimoli per procedere nella sua ricerca, ma, più in generale, è stato l'ambiente culturale newyorchese degli anni Cinquanta: luogo e periodo questi di grande fermento, che hanno visto trionfare l'Action Painting di Pollock e nascere il New Dada di Rauschenberg, che hanno dato il via ai tentativi del cinema underground, del teatro sperimentale e della nuova danza, che, fra il 1958 e il 1962, hanno generato il fenomeno dell'Happening, poi teorizzato da Michael Kirby e che, infine, hanno favorito lo sviluppo di nuovi linguaggi musicali, jazzistici in particolare. In special modo le coffee houses, soprattutto il lunedì sera (o la domenica pomeriggio per il più famoso ed ambito Five Spot), diventavano spazi per la sperimentazione dei giovani jazzmen "perché i proprietari - come sottolineato nell'intervista su Cadence - pagavano talmente poco che non si curavano di ciò che si suonava".
In merito alla sua formazione/attività pittorica, gli autori che nel contesto newyorchese lo influenzarono maggiormente non furono tanto i protagonisti allora emergenti dell'Action Painting, quanto una moltitudine di altri artisti, i più famosi dei quali sono, per noi, Robert Motherwell, Clifford Still ed il nero Sam Gilliam.
Oltre ad essere una città culturalmente viva ed aperta ad ogni tipo di esperienza, allora New York era anche una metropoli entro certi limiti vivibile ed aggregante. A tale proposito sempre nell'intervista su Cadence si legge: "Era un periodo veramente collettivo; inoltre non c'era tanta delinquenza. Io vivevo a Bank Street e si poteva stare in strada fino alle tre o quattro del mattino. Cecil Taylor ed io eravamo soliti sederci in Sheridan Square a guardare sorgere il sole, parlando di musica".
Nel suo stesso edificio di Bank Street, nel Greenwich Village, viveva il compositore LaMonte Young, il quale - ha ricordato il trombettista - suonava il sax soprano con una sonorità personalissima e riceveva frequenti visite da parte di Ornette Coleman ed Eric Dolphy. Alla porta accanto invece abitava George Russell, il musicista che egli ha riconosciuto come il suo massimo ispiratore, assieme al misconosciuto Neal Tait. Dixon sosteneva fra l'altro che non si è prestata sufficiente attenzione al lavoro teorico e pratico svolto negli anni Cinquanta da questi musicisti, come a quello di Gil Fuller, arrangiatore dell'orchestra di Gillespie.
Di particolare importanza è stata l'amicizia con Cecil Taylor, conosciuto nel 1951 (e non nel 1959 come più volte è stato scritto) allo Sportsmen's Club di Harlem, dove i due s'incontrarono durante una jam session. In quel locale, dove il giovedì sera si faceva jazz, i musicisti più giovani si recavano sia per avere l'occasione di suonare, sia per incontrare altri jazzisti. Appunto assieme ad alcuni di loro, come il misconosciuto Floyd Benny e Howard Johnson, altosassofonista che aveva militato ripetutamente nella big band di Gillespie, Dixon s'intruppò nell'orchestra-spettacolo condotta dal cantante Tommy Roberts e da sua moglie, la pianista e arrangiatrice Evelyn Freeman. Si era intorno alla fine del 1953 e l'orchestra, che aveva un repertorio vario, più o meno jazzistico, suonava al Suburban Supper Club di Brooklyn; dopo di che, per tutto il 1954, il gruppo si stabilì in Alaska, esibendosi soprattutto nelle basi militari.
Quanto al fecondo rapporto con il più giovane Taylor, che nei primissimi anni Cinquanta si guadagnava da vivere facendo il fattorino, il trombettista e il pianista non si sono limitati in quegli anni a progettare il futuro a parole, ma hanno suonato anche molto insieme, sperimentando incessantemente. Anzi, quando Taylor si recò a Boston per incidere il suo primo disco per la Transition, avrebbe voluto portare con sé Dixon, il quale però non poté seguire l'amico a causa del lavoro impiegatizio che aveva iniziato presso la segreteria delle Nazioni Unite. All'ONU egli prestò servizio dal 1956 al 1962, partecipando fra l'altro all'organizzazione della 2^ Conferenza sull'uso pacifico dell'energia atomica, svoltasi a Ginevra nel 1958.
Appunto all'interno della prestigiosa organizzazione internazionale, Dixon si fece promotore di alcune iniziative interessanti: organizzò mostre d'arte personali o collettive, alcune delle quali a sostegno dell'UNICEF e, con lo scopo di riconoscere maggiore dignità al lavoro dei musicisti afroamericani, fondò la United Nations Jazz Society, divenendone il presidente. In questa veste egli diresse un'orchestra, e nel 1958 si fece promotore di un dibattito, dal titolo "The Future of Jazz," al quale invitò a partecipare George Russell, Gunther Schuller, Martin Williams, in sostituzione di Nat Hentoff, Carl Bowman, Earl Griffith, Jimmy Giuffre ed altri. In quell'occasione non poteva mancare Cecil Taylor, il quale tenne un concerto presentando le sue nuove composizioni, che nel medesimo anno sarebbero state incise sul disco Looking Ahead.
Nonostante la poliedrica attività svolta in diversi contesti musicali, le esposizioni d'arte, le iniziative della United Nations Jazz Society, gli anni Cinquanta hanno costituito per Dixon prevalentemente un periodo di studio continuo, di sperimentazione, sia in arte che in musica, alla ricerca di una via personale.
Come può essere definita la sua musica di quegli anni, della quale non è rimasta nessuna documentazione discografica? Innanzi tutto essa era tipicamente jazzistica, con tutte le implicazioni stilistiche, sociali ed economiche che ciò comportava, e Dixon non solo ne era consapevole, ma era orgoglioso di essere un jazzista. A proposito delle caratteristiche del proprio linguaggio musicale, egli precisò nella lettera inviatami nel febbraio 1983: "La mia musica degli anni Cinquanta, per quanto posso ricordare, rifletteva la musica del periodo. L'armonia mi affascinava, come pure la purezza del suono... cominciai a scrivere e durante le esibizioni cercavo di proporre materiale originale... Nei primi anni Sessanta infine cominciai a costruire delle composizioni che, percepivo, non avevano alcun legame se non con se stesse... Quel periodo costituì il mio "passo da gigante" fuori dal classicismo sia dell'educazione accademica, sia degli insegnamenti jazzistici ricevuti nel corso della professione pratica, durante la quale avevo appreso come suonare e comporre".
Dal 1962 al 1967 si svolse la sua attività più fervida e significativa, accompagnata da una maturità stilistica che aveva le sue caratteristiche più evidenti nella pronuncia strumentale personalissima, nella predilezione per atmosfere introspettive e misteriose, nella ricerca di un intimo equilibrio fra composizione ed improvvisazione. Sono noti i fatti salienti della sua carriera di quegli anni: il ruolo trainante che nel 1964 egli ebbe nell'organizzazione presso il Cellar Club di quel festival sperimentale e alternativo che fu definito "October Revolution in Jazz," la successiva creazione della sfortunata Jazz Composers' Guild, le poche ma intense e fondamentali incisioni discografiche, oggi purtroppo non facilmente reperibili.
Anche questi avvenimenti tuttavia, succedutisi in una concatenazione conseguente, richiederebbero un approfondimento critico scrupoloso, in quanto alcune informazioni e valutazioni, ripetute quasi per inerzia in varie pubblicazioni del passato da parte di studiosi di musica afroamericana, risultano del tutto infondate e fuorvianti alla luce delle rivelazioni fatte dello stesso musicista nel corso degli anni Ottanta e Novanta.
Una interessante intervista a Bill Dixon dell'aprile 2000 puo' essere letta cliccando qui
Foto di Michael Jackson (la prima) e David Drexler (l'ultima).
Tags
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
