Vlady Bystrov - Helen Bledsoe - Alexey Lapin: Triologue

La partenza fa drizzare subito le antenne, al di là dell'insolito abbinamento strumentale, che indubbiamente colpisce. C'è un clima sospeso e ricettivo, di temperatura quasi cameristica, e di segno eminentemente contemporaneo. In seguito, i tracciati si fanno qua e là più impervi, nervosi, quasi febbrili (è il caso di "The Inner Spaces," o di "Triologue"), non di rado in concomitanza col transitare di Bystrov dai clarinetti al sax alto (non è una regola fissa, del resto).

Ovunque si respira un tonificante, quasi terapeutico senso di libertà, di capacità (e voglia) di cogliere al volo ogni input per far impennare la musica, o per farla ripiegare, il tutto non con la briglia sciolta sul collo, bensì alla luce di un'abilità nello strutturare (ordinare? è troppo?) la materia in tempo reale assolutamente ammirevole.

Disco largamente consigliato, soprattutto a chi ritiene che libera improvvisazione sia sinonimo di caos e pretestuosità.

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