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Tempo Reale - Maggio Elettrico

Tempo Reale - Maggio Elettrico

Courtesy The Factory


Teatro del Maggio, Sala Regia
Tempo Reale—Maggio Elettrico
Firenze
11-12.6.2024

Organizzata da Tempo Reale e ospitata dal Maggio Musicale Fiorentino nella Sala Regia del prestigioso Teatro del Maggio, la rassegna di musica contemporanea Maggio Elettrico ha proposto in due serate —11 e 12 Giugno —altrettante facce della sperimentazione e produzione elettroacustica.

La prima serata era di scena il prestigioso chitarrista elettrico francese Julien Desprez, da molti considerato un grande virtuoso e innovatore dello strumento, già proposto da Tempo Reale tre anni orsono per la rassegna Aria. Stavolta, però, l'artista francese non si è limitato a suonare la chitarra, ma ha presentato una produzione originale messa a punto con una residenza proprio per Tempo Reale, uno spettacolo composito nel quale l'aspetto performativo accompagnava la musica, forse fagocitandola sia dal punto di vista della progettazione, sia da quello degli esiti.

Desprez, presentatosi con dei pantaloncini balneari e una T-Shirt sportiva, aveva disposto nel vasto palcoscenico una moltitudine di apparecchi elettronici, che ha in parte attivato lui stesso, in parte fatto azionare dal regista del suono Nicolas Canot. Postosi sulla propria estrema destra, ha aperto con una blanda canzoncina, interpretata con pochi accordi della chitarra, usata quindi in modo più che tradizionale; al termine del brano, ha eseguito una non troppo prolungata serie di quelle impressionanti tecniche con le quali è in grado di ottenere dalle corde elettrificate intensissime sonorità di ogni genere —note, ma anche e soprattutto stridori, urla, tambureggiamenti —di cui aveva dato pieno saggio nel 2021. Allo spegnimento delle luci, l'artista si è spostato al centro della scena e, al buio, a deposto la chitarra a terra, continuando a toccarla e a farle emettere suoni, ma ha anche attivato vari altri apparecchi elettronici, facendo loro irradiare sonorità in vari punti della sala. Spostatosi ancora, è riapparso in piena luce a torso nudo su una pedana leggermente rialzata, risultata munita di sensori elettronici capaci di rispondere ai colpi che Desprez dava con le particolari ciabatte che aveva nel frattempo calzato, simulando di correre su un tapis-roulant. Gli effetti prodotti da questa sorta di "allenamento sonoro" sono stati molto suggestivi, anche grazie alla varietà ritmica della "corsa" e alle variazioni timbriche che Desprez operava in tempo reale agendo su dei potenziometri alla sua destra; tuttavia la trovata è stata in buona parte penalizzata dalla sua smisurata durata —almeno un quarto d'ora di una performance troppo fine a se stessa per poter reggere tempi simili. Al termine dell'"allenamento," l'artista è tornato all'altro capo della scena e ha concluso così come aveva iniziato, cioè con una scialba canzoncina.

Com'era prevedibile, lo spettacolo ha diviso il pubblico presente, sebbene con una certa prevalenza di perplessi. Chi scrive non può che porsi tra questi ultimi, perché —pur con alcune invenzioni interessanti —la complessità dello spettacolo è sembrata priva di un senso drammaturgico e assai discutibile anche dal punto di vista sonoro. Tra coloro che invece hanno apprezzato, i più sottolineavano l'irruzione del corpo su una scena formalmente dedicata alla musica elettronica, alla quale veniva in tal modo conferita una matericità e finanche una "umanità" che solitamente le manca. Anche volendo tener presente questa lettura, resta il fatto che è parsa comunque mancare una buona coordinazione tra il lavoro fatto dal corpo e il suono che ne scaturiva.

Completamente diverso lo spettacolo della seconda serata, dove erano in programma tre brevi opere di altrettanti compositori, eseguite dal gruppo di musica contemporanea Ensemble Suono Giallo, al quale si è unito per l'ultima opera il TREE Osmotic Sound, ovvero il Tempo Reale Electroacustic Ensemble. Qui eravamo in piena musica contemporanea, entro la quale l'elettronica svolgeva il proprio ruolo tramite un modo estremamente misurato ed elegante di interagire con il suono acustico. Interessante che, pur nelle differenze, le tre composizioni —entro le quali trovava spazio anche l'improvvisazione, sebbene in misura diversa —sono sembrate estremamente coerenti tra loro, figlie della medesima cultura: quella della ricerca dei dettagli sonori.

La prima, Wasteland Underlife, per cinque strumenti e dispositivo elettroacustico (2022), era un'opera di Maurizio Azzan e vedeva i musicisti—Andrea Biagini ai flauti, Michele Bianchini ai sassofoni contralto e baritono, Simone Nocchi al pianoforte, Giacomo Piermatti al contrabbasso e Laura Mancini alle percussioni —esprimere suoni perlopiù frammentati, pulviscolari, attraversati da marcate pause atte a rilanciarne intensità e modificarne i timbri. Esemplare in questo senso il lavoro di Bianchini, che al flauto emetteva suoni atipici, soffiando interponendo i denti o usando la voce, quasi mai disegnando linee, ma anche quello di Nocchi, che lavorava su singole note o sulle corde del piano che si avvaleva della presenza di trasduttori. Musica rarefatta, procedente con una ragionata discontinuità e che ha avuto momenti di espressività narrativa solo per l'intervento del sax contralto. Per il resto, chiaroscuri e variazioni, sempre ed esclusivamente sul colore del suono.

Come detto non così diversa la successiva Velature, di Daniela Terranova, che aveva la medesima strumentazione e gli stessi apparati elettronici a modificare i suoni acustici. In questo caso la musica era leggermente più distesa, con minore discontinuità, e prendeva maggiore spazio il lavoro della Mancini, impegnata quasi esclusivamente ai tamburi muniti anch'essi di sensori elettronici, e di Piermatti, con un aperto momento interpretativo al contrabbasso. Gli impasti timbrici, anche qui in costante mutamento, si presentavano complessivamente più uniformi, anche se non propriamente sviluppanti un discorso narrativo.

Leggermente diverso, pur nella coerenza complessiva, il brano conclusivo, Avvicinamenti, materiali per improvvisare, opera di uno dei più grandi interpreti della musica contemporanea italiana, il contrabbassista Stefano Scodanibbio. Qui l'Ensemble Suono Giallo era affiancato da TREE, ovvero Monica Benvenuti alla voce, Francesco Canavese alla chitarra elettrica e Simone Faraci a synth e live electronics. La presenza della voce e—soprattutto —quella dei timbri elettronici in diretta interazione con quelli acustici dava al suono complessivo tutt'altri colori, mentre gli sviluppi del processo ibrido composizione-improvvisazione non erano alla fine lontani da una sintesi di quanto ascoltato nei due brani precedenti: molto contrappunto puntillistico, con la voce che si aggiungeva nell'emissione di suoni discreti (grida, schiocchi, singoli fonemi), impasti costantemente mutevoli, con la chitarra e il live electronics ad amalgamare i suoni acustici, qualche passaggio melodico più accentuato che negli altri pezzi, pur ancora una volta in assenza di un vero filo conduttore narrativo. Perché anche qui, di nuovo, era di scena soprattutto il timbro, vero protagonista della musica contemporanea, sia essa acustica, elettronica o, come qui, elettroacustica, così come dell'improvvisazione —non a caso anch'essa abbondantemente presente.

Serata, questa seconda, estremamente interessante, forse più della prima perfettamente inquadrata nella cornice del Maggio Musicale, e infatti molto apprezzata dai presenti.

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