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Steve Lehman Quintet al Verona Jazz Winter 2016

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Steve Lehman Quintet
Verona Jazz Winter 2016
Verona
Teatro Ristori
15.03.2016

Il concerto conclusivo di Verona Jazz Winter è stato anche il primo del mini-tour europeo di Steve Lehman in quintetto (sono seguite date a Pisa, Rotterdam e Amsterdam) e il suo debutto da leader nella città scaligera, dove venne col Ghost Trance Ensemble di Anthony Braxton appena ventunenne.
Nei mesi di aprile e maggio il sassofonista tornerà a esibirsi col pluripremiato ottetto ma questa formazione resta una delle sue preferite, dandogli possibilità di investigare nuove soluzioni in un classico organico del jazz moderno. Il quintetto garantisce poi a Lehman maggiore libertà solista, consentendogli di improvvisare a lungo con quel suo eloquio, spigoloso e asimmetrico, che ricorda un po'Steve Coleman. Stessa cosa dicasi per Jonathan Finlayson, suo principale partner in front line, che è stato "svezzato" proprio da Coleman ed è oggi uno dei trombettisti di punta a New York.

Uno dei motivi di fascino del concerto era proprio il contrasto tra l'eloquio lirico del trombettista (una dolcezza timbrica che ricorda Booker Little) e il fraseggio di Lehman ritmicamente avventuroso caratterizzato da lunghe frasi in legato e dal suono tagliente. Oltre a questo abbiamo la ridefinizione delle geometrie musicali (soprattutto metriche e ritmiche) all'interno della formazione: un ruolo importante, anche se poco appariscente, era affidato al vibrafonista Chris Dingman, un partner di lunga data del leader già dai tempi dell'università, ed ancora al bassista Joe Sanders e al batterista Justin Brown.

Il concerto è iniziato con l'esecuzione del coltraniano "Moment's Notice," a partire da un libero e serrato intervento improvvisato di Lehman, che ha svelato la melodia originale dopo alcuni minuti. Gli altri brani in repertorio (eccetto la waltz ballad "Chance" di Kenny Kirkland) appartenevano a Lehman e a differenti fasi della sua carriera. Il tema successivo, intitolato "Post-Modern Pharaohs," veniva da Dual Identity, inciso con Rudresh Mahanthappa e mostrava ovviamente un taglio diverso, lasciando un ruolo centrale allo splendido intervento di Finlayson. Il concerto è andato avanti con esemplare rigore e concentrazione, in un complesso connubio tra scrittura e improvvisazione.
Altri momenti significativi sono stati "Curse Fraction" (da On Meaning), con serrati scambi dall'intenso pathos e soprattutto "Allocentric" caratterizzato da un lungo e sorprendente assolo sperimentale del sassofonista prima in solitudine, poi in trio.
Terminiamo con un apprezzamento per le scelte artistiche del festival che continua a portare (occasione istituzionalmente unica in quesi anni) alcuni protagonisti dell'innovazione jazzistica a Verona.

Foto (di repertorio)
Roberto Cifarelli.

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