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Stefano Bollani Sheik Yer Zappa - Roma
ByUn lungo applauso precede il secondo bis, che vedrà un'introduzione in piano solo di Bollani, intento a passeggiare con frenesia e curiosità tra le partiture zappiane, come un bambino tra le giostre del Luna Park, in un'orgia di taglia/incolla dalla quale sgorgano sensazioni che a metterle insieme viene in mente un arcobaleno con i colori triplicati.
Siamo al Parco della Musica di Roma, nel mezzo del tour intitolato "Sheik Yer Zappa," nel quale il pianista milanese - insieme a una formazione clamorosa composta da Josh Roseman (trombone), Jason Adasiewicz (vibrafono), Larry Grenadier (contrabbasso) e Jim Black (batteria) - omaggia la musica del genio di Baltimora.
Bollani e Zappa dunque. Diversi i punti di contatto. A cominciare dalle straordinarie qualità tecniche, messe a reagire con il resto della band, senza mai invadere troppo la scena e senza prendere mai atteggiamenti di posa. Bollani si divide tra pianoforte e piano elettrico, suonandoli spesso insieme, proprio per dare un'ampiezza timbrica e un mood dal sapore particolare alle sue rivisitazioni, nelle quali il quintetto riesce a tirare fuori un suono originale, proprio.
Bollani, Zappa e la loro serissima voglia di divertirsi. Senza mai eccedere. Il pianista, seppur limitandosi nelle sue proverbiali gag, strappa sorrisi fragorosi. Ma sa divertire anche - e soprattutto - in musica, a cominciare dall'utilizzo di strumenti giocattolo, dalle allusioni giocose, agli atteggiamenti volutamente fuori luogo. Questo modo di porsi si riflette sulla band. I ragazzi suonano con il sorriso sotto i baffi, accettano costantemente l'invito verso direzioni trasversali e le due ore di concerto corrono via senza momenti di flessione, conoscendo i momenti migliori in "Bobby Brown Goes Down," con Bollani alla voce, e in alcuni estratti da Hot Rats, una delle tante vette raggiunte da Zappa.
Tra Stefano e Frank corre un filo invisibile dove è appesa la loro voglia di dissacrare, l'irriverenza garbata, l'entusiasmo nel suonare a volte straripante, il senso di gruppo e della musica dal respiro d'insieme. Degli originali rimangono i tratti salienti, quanto basta per renderli riconoscibili, il resto è pura e semplice fantasia visionaria applicata con precisione.
Foto, di repertorio, di Gianfranco Rota (la seconda).
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