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Stefano Bollani Danish Trio
ByÈ una buona notizia che all'istituzionale inaugurazione di un nuovissimo tempio della musica - il Teatro dell'Opera di Firenze, che eredita dal vecchio Comunale il programma del Maggio Musicale - faccia seguito un concerto jazz. E così il giorno immediatamente successivo al concerto dell'orchestra diretta da Zubin Metha, sale sul palco il Danish Trio di Stefano Bollani. I più maligni sibileranno forse che si trattava di un jazz "televisivo," vista la popolarità che arride ormai al leader del gruppo andato in scena, ma la verità è che era all'opera una delle punte di diamante di questa musica, e non solo in Italia.
La formazione, che poco meno di due anni fa aveva avuto occasione di suonare al Comunale (clicca qui per leggere la recensione di quel concerto), è infatti una delle più interessanti e ricche di riconoscimenti nel suo genere, e senz'altro con pieno merito. Con i due compagni scandinavi - Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria - iconoclasti e abili quanto lui, Bollani è infatti solitamente capace di tirar fuori il meglio da un bagaglio di tecnica e di idee che ha pochi eguali. E, anche in questo caso, i tre non si sono smentiti.
Dopo un inizio in solitudine, Bollani ha proseguito con i due compagni ripercorrendo parte del repertorio abituale del gruppo, ripescando anche la splendida versione di Mi ritorni in mente, che dette titolo al loro primo CD, e Gleda, canzone della tradizione scandinava che ne titolò il secondo. Il tutto con la solita verve musicale: il trio si è infatti nuovamente mostrato affiatatissimo e paritetico, con un Morten Lund in gran spolvero alla batteria, per una volta addirittura più brillante di Bollani. Ma ha anche confermato un'originalità che va aldilà delle capacità tecniche, con un repertorio al tempo stesso raffinato ed evocativo, che supera gli steccati definitori con i quali di solito si inquadrano le formazioni, mescolando virtuosamente swing e rarefazione nordica, riferimenti al popular e alla classicità, melodismi e improvvisazione più astratta.
E aggiungendo - com'è ben noto - una forte componente scenica, stavolta gestita con un certo equilibrio ma comunque ben presente con in numerosi siparietti teatrali, battute di Bollani sostenute mimicamente dai due danesi e ben tre bis. Tra i quali merita una menzione particolare la dedica speciale per l'"evento mondano" cittadino: una (bella e sobria) rilettura del classico di Odoardo Spadaro La porti un bacione a Firenze, eseguita da Bollani in piano solo.
Il nuovissimo teatro, tripudio di legno inframezzato da una curiosa rete metallica della quale si vantano i pregi acustici, mostra in realtà più di qualche pecca nei palchi. E se per le sedie atipicamente alte e con tanto di poggiapiedi aggiunto, ma egualmente insufficienti a garantire visione perfetta del proscenio, è forse possibile chiudere un occhio (ma, nelle opere, si vedranno gli interpreti?), per l'acustica le cose sono meno perdonabili: nei palchi di primo ordine il suono arriva con una risonanza bassa che lo rende talvolta poco naturale e addirittura poco leggibile quando è di scena la voce. Le battute di Bollani, infatti, erano ben difficili da decifrare, sia senza che con amplificazione. Viene da chiedersi se sia un difetto temporaneo, se valga per i soli palchi, oppure addirittura se - come qualcuno già ipotizzava prima dell'apertura - il teatro sia adatto essenzialmente alla lirica. Nel qual caso la buona notizia di partenza sarebbe purtroppo vanificata....
Foto, di repertorio, di Antonio Baiano.
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