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Scheletri d'Africa negli armadi del groove! Intervista con Ben Lamdin

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Una band che non esiste realmente.

L'Africa e il jazz che reclamano con evidenza sempre maggiore la loro centralità nelle musiche della nostra imperfetta globalità.

Un'occasione per riflettere su tutto questo viene dall'Inghilterra e in particolare dalla fervida attività del musicista e produttore Ben Lamdin, che abbiamo incominciato a conoscere e apprezzare sotto la sigla Nostalgia 77 [per la recensione di The Nostalgia Sessions Vol. 1 clicca qui] e con la sua etichetta Impossible Ark.

Vero e proprio omaggio a tutte le influenze africane che scorrono nelle sonorità odierne, dall'afrobeat agli aromi "ethiopiques," senza rinunciare all'approccio jazz/soul/funk che è un segno distintivo della musica di Lamdin, il gruppo Skeletons pubblica ora il primo album, Smile, dopo il gustoso anticipo di qualche mese fa nella raccolta Impossible Ark: A Compilation.

Come dicevamo, più che di una vera e propria band, si tratta dell'assemblaggio di tanti materiali differenti, cui la sensibilità di Lamdin ha dato una forma organica di grande suggestione, chiamando come ospite la vocalist Alice Russell in un brano e attirando subito l'attenzione di trend-setters come l'immancabile Gilles Petterson o Ashley Beedle.

Abbiamo chiesto a Lamdin di svelarci qualcosa di più su questa "fantasmatica" avventura.

All About Jazz Italia: Com'è nato il progetto Skeletons? Quando hai incominciato a raccogliere i pezzi di questo rompicapo sonoro?

Ben Lamdin: Gli Skeletons sono iniziati con due tracce per un archivio musicale che stava lavorando su un progetto legato alle musiche con influenze africane. Ho così ripescato alcune outtakes di registrazioni di batteria che avevo fatto negli anni precedenti, credo che si possa proprio dire che parte del materiale risale anche a quattro anni fa, ma la maggior parte del lavoro è stato fatto poi nell'ultimo anno e mezzo.

AAJ: Come mai hai scelto un nome come Skeletons?

B.L.: Non so mai di preciso come mi vengano fuori i nomi, credo che a volte ci si imbatta in una parola che funziona bene e non ci pensi nemmeno. In realtà poi c'era un pezzo che suonavamo e che alla fine ci siamo trovati a chiamare "Skeletons" e ci è sembrato un buon nome anche per tutto il progetto.

AAJ: Come hai lavorato sulle tracce da un punto di vista strettamente compositivo?

B.L.: Riprendendo in mano tutte queste tracce percussive che avevo nel mio archivio, ho deciso di impreziosirle con altro materiale. Solitamente parto con la ricerca di una figura ritmica e di alcuni accordi con la chitarra e da lì posso o scrivere un tema melodico oppure passare un'intera giornata con un sassofonista per costruire una melodia, le sezioni di fiati e gli assoli.

Quando ho registrato abbastanza materiale, incomincio a lavorare agli arrangiamenti e alla sonorità complessiva, aggiungendovi ancora percussioni, effetti e lavorando su tutto questo "mondo sonoro". In alcuni casi richiamo i musicisti e registro assoli che funzionano meglio con il nuovo arrangiamento, oppure parti di percussioni con un feeling differente e più energia. È un processo un po' altalenante, un avanti e indietro, a volte veloce e altre volte molto più laborioso e meticoloso.

AAJ: Sapremo mai i nomi dei musicisti coinvolti?

B.L.: Molti di loro hanno già suonato con me nei dischi a nome Nostalgia 77 o incidono per la mia etichetta, la Impossible Ark. Tra questi ti posso dire Graham Fox, Riaan Vosloo, Fulvio Sigurtà, Jonny Spall, Mark Hanslip, William Fry e me stesso, ovviamente.

AAJ: Il jazz africano è molto di moda in questi tempi: quale pensi sia il "segreto" di questi ritmi e di queste sonorità?

B.L.: La musica africana è talmente vasta... e come in ogni altro continente ogni nazione ha così tanti fili nella sua tessitura che risulta difficile generalizzare. Credo comunque che ci sia una particolare attitudine alla vita e alla musica in Africa che puoi rintracciare in quei suoni, anche perché la diaspora è stata così fertile e contagiosa che è riuscita a mescolarsi con tantissime culture in giro per il mondo, di modo che, quando poi ascoltiamo, troviamo sempre qualcosa di intrinsecamente familiare nelle diverse musiche africane.

AAJ: I prossimi progetti di Ben Lamdin e della Impossible Ark?

B.L.: Più avanti nell'anno usciranno due nuovi dischi per l'etichetta, la Rhythmagic Orchestra con il suo progetto sul jazz cubano e la cantante inglese Sara Mitra. Sto anche lavorando al prossimo disco di Nostalgia 77.


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