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Roswell Rudd Quartet
Teatro President - 27.02.2010
Roswell Rudd è un pezzo di storia della musica afroamericana. Negli anni sessanta partecipa alla rivoluzione del free jazz collaborando con Archie Shepp, Cecil Taylor, Steve Lacy, conservando nel suo approccio esecutivo profondi legami con la tradizione sia dal punto di vista del fraseggio che nei risvolti timbrici. E proprio questo doppio binario stilistico e culturale sarà la caratteristica costante della sua estetica musicale. Dopo la sbornia del free, Rudd si dedica alla musica di Thelonius Monk e alla riscoperta delle gemme compositive di Herbie Nichols, fino ad interessarsi alle musiche del mondo, con uno sguardo alla tradizione mongola e a quella del Mali (Malicool).
Alla soglia dei settantacinque anni Rudd se ne guarda bene dall'abbandonare palcoscenici e nuove idee, così nel 2007 mette in piedi il quartetto che dà alle stampe l'apprezzato Keep Your Heart Right (Sunnyside - 2008) e che si presenta, con Ken Filiano al posto di Bradley Jones, al Teatro President, in una coproduzione Piacenza Jazz Fest e Jazz Network-Crossroads. Rispetto all'album citato il concerto, pur dispensando quasi due ore di buona musica, mostra qualche piccola crepa e qualche incongruenza.
Le composizioni di Rudd sono affascinati perché, pur utilizzando la forma canzone, presentano una trama che consente grande libertà di azione e la possibilità di trasformarle in uno stimolante work in progress. Il risultato complessivo risulta però poco equilibrato. Grande spazio viene dato a Ken Filiano, straordinario contrabbassista penalizzato da una strana amplificazione, che è una meraviglia da ascoltare ma sembra assolvere al compito di colmare i vuoti presenti negli arrangiamenti piuttosto che alimentare un costruttivo interplay con il resto del gruppo. Lafayette Harris svolge un solido lavoro di sostegno, mostrando nelle parti solistiche una enciclopedica conoscenza della storia del piano jazz, ma anche una originalità non particolarmente spiccata.
La voce di Sunny Kim è il pomo della discordia del progetto. Tecnicamente ineccepibile, dalla notevole estensione, timbricamente cristallina ci sembra piuttosto meccanica nella dizione e nell'interpretazione, mancando di quelle sfumature, di quelle ombre e luci che avrebbero molto giovato alle composizioni di Rudd. Non a caso i momenti più emozionanti e riusciti del concerto risultano "Arirang" e "Kang Byun Sal Ja," due traditional coreani nei quali la Kim fa vibrare le corde più profonde dell'emozione e l'intero gruppo dipinge atmosfere sognanti ed esotiche assai lontane da una world- music patinata e di maniera.
Rudd, da gran signore, si ritaglia i giusti spazi, senza strafare, dirigendo con piglio paterno, lanciandosi in qualche breve amarcord free ma soprattutto dispensando piccole gemme improvvisative di dolcezza infinita. Il vecchio leone della new thing, passato il tempo della battaglia, sembra prediligere le forme più semplici e accessibili di bellezza, serenità e saggezza, innaffiate con le giuste dosi di ironia.
Foto di Danilo Codazzi.
Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.
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