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Parole di musica - Tre libri per l'estate
Come di consueto in prossimità delle ferie estive - sospirate e meritate - abbiamo selezionato tre libri che, seppure molto diversi l'uno dall'altro, l'appassionato di musica avrà magari il piacere di portarsi sotto l'ombrellone o su un prato di montagna, durante un viaggio aereo o sulla panchina di una bella città.
Il primo libro piacerà certamente agli appassionati di rock e di songwriting: secondo volume curato da Paul Zollo, dopo Songwriters - Interviste sull'arte di scrivere canzoni che era uscito un paio di anni fa, Rock Notes - I grandi songwriters si raccontano [Minimum Fax - 2007 - 350 pp. - 15 euro] continua a indagare quello che c'è dietro le grandi canzoni del rock e del pop, i meccanismi creativi con cui l'autore si confronta nell'atto "magico" di abbinare un testo a una melodia e scoprire che funziona.
Raccolte negli anni da Paul Zollo - che ha diretto a lungo la rivista SongTalk - queste conversazioni [così come quelle del primo volume] ci aprono spesso il sipario sull'insondabilità del gesto creativo, quasi che l'intero progetto sia attraversato da una tesi nascosta, da dimostrare per negazione: Zollo infatti è spesso specifico nelle domande, nel cercare di dare una classificazione al procedimento compositivo, ma questo inevitabilmente sfugge ad ogni tassonomia, rivelandosi di volta in volta frutto di un'intuizione scarabocchiata su un pezzo di carta o l'esito di un complicato iter di scambi.
Lo stesso rapporto tra testo e musica non viene risolto univocamente, ma emerge come dietro ogni grande canzone ci sia una storia diversa: tra gli intervistati Burt Bacharach e Santana, David Byrne e Leonard Cohen, i REM e Frank Zappa, ognuno dei quali si racconta, spesso a partire dalle canzoni stesse [pungolo continuo nelle domande di Zollo], contribuendo a restituirci episodi, impressioni, idee che hanno attraversato la grande stagione del rock e del pop. Ottimo anche come regalo!
Un libro magico, che sorprenderà chi non lo conosce e che farà piacere a chi magari ne conosceva solo qualche estratto è la ristampa di Gnosi delle fanfole [Baldini Castoldi Dalai - 2007 - 104 pp.+ cd - 18 euro], del compianto e straordinario Fosco Maraini.
Uscito originariamente nel 1994, il libro raccoglie una serie di fantasiosi poemetti che il grande etnologo e orientalista scrisse in un linguaggio inventato, da lui stesso definito "metasemantico", in cui la parola non dà direttamente significato alle cose, ma ne assume la forma attraverso stimoli esterni, suoni, colori, musica.
Ecco quindi la storia del "Lonfo", le vanità di "Via Veneto", il "Giorno a urlapicchio" e tante altre storie che colpiscono per la fantasia dei termini inventati, tutti efficacissimi nel rendere - pur senza un significato preciso e con note esplicative ancora più assurde e esilaranti - la "musica" e il "senso" del poemetto.
Questi poemetti [che vanno letti ad alta voce, riletti, fatti cantare...] colpirono tra i tanti, nel 1998, la fantasia di Stefano Bollani e del cantante Massimo Altomare che ne musicarono e registrarono alcuni in un disco che anch'esso era fuori catalogo e che viene qui opportunamente abbinato al libro.
Facile capire come la giocosità dei componimenti di Maraini faccia andare a nozze un musicista come Bollani che del piegare note e parole al gioco e alla fantasia ha fatto uno dei punti di forza della sua travolgente espressività.
Riascoltate oggi, le versioni musicate trasudano ironia e estro, riannodando alle parole ritmi danzanti e armonie che sguisciano di lato improvvisamente, melodie di ancestrale memoria e frizzante verve esecutiva. A nostro parere il disco è molto piacevole, ma le "fanfole" funzionano molto meglio se lette e basta, quando trovano da sé una loro musica. Comunque un libro da avere e un disco che certifica una volta ancora l'incontenibile talento dell'allora "giovane" Bollani.
Chiudiamo la nostra "terna" di libri con un volume più "serio", ma che interesserà certo gli appassionati di jazz: secondo volume dedicato all'espressività afroamericana da Davide Sparti, professore all'Università di Siena, Musica in nero - Il campo discorsivo del jazz [Bollati Boringhieri - 2007 - 224 pp. - 17 euro] si muove ad ampio spettro su tutto quanto circonda il jazz e il discorso su esso, su come è stato visto e interpretato nel corso dell'ultimo secolo.
L'autore - la cui analisi sembra più equilibrata e consapevole rispetto al precedente Suoni inauditi - individua quattro "retoriche" fondamentali nella storia del jazz: a partire da quella "primitivista" e affrontando via via il discorso modernista [nel quale introduce il concetto fondamentale di signifying], quello politico e quello dell'avanguardia, Sparti affronta in poco più di duecento pagine una serie di temi che ne richiederebbero probabilmente il triplo, ma riesce a destreggiarsi bene e a fornire una buona quantità di spunti e informazioni.
Certo, si tratta spesso di concetti che la musicologia afroamericana ha già ampiamente acquisito [i riferimenti ai lavori della Monson, di Floyd o di Gabbard lo testimoniano], ma data la banalizzazione che regna sovrana ovunque in questo ambito, si deve salutare il lavoro di Sparti con buona soddisfazione. Il jazz ne ha bisogno.
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