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Oltre Irakere: Intervista con Chucho Valdés
ByOspite del recente Barcelona Jazz Festival con i suoi Afro-Cuban Messengers, Chucho Valdés ci ha concesso gentilmente quest'intervista dove presenta i concetti musicali della nuova formazione e ricorda alcuni momenti chiave della sua carriera.
All About Jazz: Ci presenta questo nuovo gruppo?
Chucho Valdés: Il gruppo esprime un nuovo concetto. Un po' come è successo con Irakere abbiamo cercato altri formati ed altri canoni. Per lungo tempo abbiamo studiato per trovare un altro percorso e cambiare alcune cose. Un debito di riconoscenza ce l'ho con il mio maestro di composizione, Leo Brouwer, che considero il massimo artista di tutte la musica cubana, un uomo che ha sempre innovato. Diceva sempre: "le tradizioni si rompono ma è faticoso, molto faticoso".
Anche noi stiamo rompendo con le tradizioni, cercando di farle evolvere, partendo dai concetti messi a punto negli anni settanta con Irakere, che hanno rivoluzionato la musica popolare cubana. Le nuove generazioni dicono che a partire da Irakere tutto è cambiato ed il gruppo è arrivato fin dove doveva arrivare. Dopo quell'esperienza cominciai a lavorare con un gruppo più piccolo o suonare in piano solo. Nei primi anni novanta firmai per la Blue Note e dal 2003 presi a studiare nuovamente i ritmi afrocubani tradizionali, cercando nuove prospettive. Avevo l'idea di lavorare con strumenti a fiato ma non ebbi il coraggio e continuai ad approfondire l'ambito ritmico assieme a Yaroldi Abreu. Arrivammo alla conclusione di ampliare il ruolo dei tambura batá.
Con Irakere ne usavamo solo uno - che suonava Óscar Valdés - mentre ora ne abbiamo tre anche se è rimasto un solo percussionista...
AAJ: ... Dreiser Durruthy?
C. V.: Si, è un giovane di talento, diplomato all'Istituto superiore d'arte ma che conosce il folklore di strada meglio di chiunque. Cominciammo a lavorare sui ritmi composti, 5/4, 7/4, 9/4 eccetera e quando cambia la metrica tutto cambia, il "tumbado" del piano e tutta la struttura ritmica.
È stato un lungo lavoro, per niente facile: a volte funzionava altre volte no. Iniziammo a mescolare i tempi semplici con i composti, trovando il segreto ritmico della nuova band, formata da giovani bravi come quelli del passato ma con un concetto musicale più contemporaneo.
AAJ: Nella sua infanzia ha avuto modo di conoscere musicisti leggendari come Ernesto Lecuona e Benny Moré. Cosa ricorda di loro?
C.V.: Mio papà dirigeva l'orchestra della televisione di Canale 2 ed all'epoca io avevo circa 14 anni. Un giorno ero in studio e un uomo mi chiamò, invitandomi di unirmi alla formazione per suonare al piano "La Comparsa," un famoso brano di Lecuona. Quell'uomo rimase ad ascoltare e poi disse a mio padre: "Senti che buone mani ha tuo figlio". Poco dopo qualcuno mi disse che quel signore era proprio Lecuona ed io stavo per svenire al pensiero di aver suonato di fonte a lui...
AAJ: E di Benny Moré?
C.V.: Era una persona molto generosa. Al di là del suo livello artistico era un essere umano meraviglioso. In questo momento ricordo che nel mese di marzo del 1952 mio padre inaugurò un'orchestra di ritmo batanga, che per la prima volta a Cuba incorporava i tamburi batá . Uno dei quattro cantanti dell'orchestra era Benny Morè e non era ancora famoso. Una sera lo accompagnai al pianoforte in un bolero e dopo il pezzo si avvicinò a mio padre - che era soprannominato caballon per la sua prestanza - e gli disse: "Senti caballon, anche il cavallino sarà bravo".
AAJ.: Tra i numerosi album che ha realizzato, quale ricorda con maggiore soddisfazione?
C.V.: Il debutto di Irakere registrato nel 1979 alla Carnegie Hall, con la formazione originale che comprendeva Paquito D'Rivera e Arturo Sandoval. È il miglior disco in tutta la storia della band. In quel concerto suonammo 2 ore e 45 minuti senza un errore: quel gruppo era come una casa e solo oggi ci rendiamo conto di ciò che facevamo, non in quel momento. Vincemmo un premio grammy e fu il mio primo grammy.
AAJ: La pratica religiosa nella santeria ha influenzato in qualche modo la sua musica?
C.V.: Mi ha influenzato molto. La poliritmica legata alle entità africane è straordinaria, ogni santo ha i suoi canti e i suoi suoni ed essendo moltissimi è piuttosto difficile conoscerli in ogni aspetto ma si studiano.
Quand'ero ragazzo di fronte a casa mia abitava una famiglia yoruba. Io già studiavo il pianoforte classico in conservatorio, mio padre mi insegnava il jazz e la musica popolare ma la musica che veniva da quella casa era straordinaria ed io mi intrufolavo da loro per imparare quei canti. Mi insegnarono così un po' di batá... Sai, per scrivere la musica afro-cubana devi conoscere bene il batá. Sono stato influenzato da quella musica e quell'esperienza mi è servita per molte cose che ho fatto dopo.
AAJ: Ci può ricordare la nascita dell'Orquestra Cubana de Musica Moderna?
C.V.: Quella formazione fu il frutto di una selezione. Il Consiglio Nazionale di Cultura decise di far nascere una Big Band, un'All Star; quindi cercarono per ogni strumento il musicista più in vista. Il quel momento io lavoravo al Teatro Musicale de La Habana ma avevo anche un combo comprendente anche Paquito D'Rivera, allora quindicenne, e Carlos Emilio Morales, il miglior chitarrista cubano della storia.
Quando fecero quella selezione ci scelsero tutti e tre e passammo così dall'orchestra del Teatro Musicale all'Orquestra Cubana de Musica Moderna una formazione che aprì le porte al jazz e alla musica pop. Questo accadde nel 1967.
AAJ: Chi è Chucho Valdés come uomo?
C.V.: Come uomo? Direi un buon figlio, un buon padre e un protettore di tutta la nostra realtà. Per il resto non posso parlare io ed è meglio chiedere ad altri una valutazione su di me... in genere ho sentito buone opinioni sul mio conto, questo lo posso dire? Da parte della mia famiglia e da parte dei miei musicisti che mi sono riconoscenti perchè ho aiutato varie persone...
AAJ: Ci sono musicisti che considera suoi discepoli?
C.V.: Penso che il lavoro che abbiamo fatto in collettivo con Irakere abbia fatto scuola e molti musicisti di questa generazione si considerano un po' figli di Irakere... di quella scuola
AAJ: Cosa pensa di Omar Sosa?
C.V.: Omar è tra i musicisti che apprezzo di più. È, come me, figlio di Obatalà, un santo della religione yoruba; un santo di molta bontà e di molta pazienza.
AAJ: Musicalmente però esplora strade diverse...
C.V.: Ci sono radici comuni e da queste si possono prendere strade diverse. Io sono un vero e proprio fan di Omar come lo sono di tutti quei musicisti che esprimono cose originali e che hanno creato la loro strada personale.
AAJ: Qualche altro nome?
C.V.: Danilo Perez oltre che un amico è un musicista straordinario. Ammiro poi Arturo O'Farrill, il figlio di Chico, Gonzalo Rubalcaba e Vijay Iyer che è oggi il pianista più originale sulla scena ed il mio preferito. Ma potrei citare altri nomi che nessuno conosce, giovani straordinari che vivono a Cuba come Rolando Luna.
AAJ: Come vede la situazione attuale della musica cubana?
C.V.: Nella nuova generazione c'è un'enorme numero di musicisti di grande talento e se n'è accorto anche Wynton Marsalis che poco tempo fa è venuto a Cuba con la Lincoln Center Big Band. Wynton ha dato concerti, tenuto seminari, suonato in jam session e visitato le principali scuole di musica de La Habana, restando sorpreso dell'alto livello degli allievi, sia nel campo della classica che del jazz. Abbiamo poi altri allievi che si stanno perfezionando negli Stati Uniti.
Si prepara un grande futuro per la musica cubana!!
Si ringrazia Cristina Fernández per la traduzione dallo spagnolo.
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