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Ned Rothenberg
ByPochi sono al mondo i musicisti che hanno portato avanti nel corso della propria carriera artistica una continua e incessante ricerca di nuove tecniche espressive con il proprio strumento; ancor meno sono coloro che hanno avuto la capacità di applicare quanto scoperto in modo efficace alla propria poetica.
Ned Rothenberg non solo fa parte di questa ristrettissima cerchia, ma è anche un intransigente studioso del suono, come elemento isolato dall'armonia e dalla melodia che lo circonda. Su queste basi si fonda il suo tour europeo da solista: l'artista americano si cimenta al sax alto, clarinetto e flauto shakuhachi in selezionate location che, per resa acustica e conformazione architettonica, permettano meglio al pubblico di fruire pienamente delle performance, in completo affrancamento dagli affanni del quotidiano.
Quasi a rimarcare l'importanza di focalizzare la propria attenzione all'ascolto, senza altre distrazioni sensoriali, il debutto del 6 Marzo alla Sendesaal di Brema avviene secondo la forma del "Konzert im Dunkel": il concerto si svolge nella completa oscurità.
La Sendesaal non possiede finestre e quando le luci si spengono c'è il buio pesto e si è pervasi da quella sgradevole sensazione di totale mancanza di orientamento; ma davvero l'organismo umano si adatta alla nuova condizione: dopo i primi attimi di smarrimento, l'udito si acuisce, pronto a captare ogni minimo sussurro in sala... e il primo sussulto è il legno vibrante del clarinetto. Rothenberg inizia esplorando le possibilità percussive del suo strumento, chiudendo ritmicamente le chiavi; poi il suono arriva, ed è un continuo e sempre più rapido oscillare fra le note taglienti della terza ottava e quelle gonfie e legnose della prima. La mente cerca associazioni di idee nell'oscurità, immagini di foreste vergini si palesano mentre il musicista bostoniano si lancia in fughe di decine di minuti senza rifiatare, in continua respirazione circolare... multiphonics, più note suonate in contemporanea con uno strumento a fiato, appaiono, scompaiono, poi diventano costante elemento del flusso sonoro, accompagnati da un flutter-tonguing (il cosidetto "frullato," effetto timbrico ottenuto dalla vibrazione della lingua) che cambia continuamente di ritmo...infine, dopo una lunga cavalcata sonora, la musica si ferma, trascinando con sè le immagini dipinte nel buio della sala.
Quando Rothenberg riprende, l'atmosfera cambia: lo shakuhachi conduce l'ascoltatore direttamente in Oriente: è un Giappone fatato quello raccontato dall'artista di Boston mentre improvvisa sulle pentatoniche, mentre altera il suono del suo strumento fino a ricavarne quarti di tono, mentre piega a suo uso e consumo le note in bending al limite della fisica, mentre con un sussurro da vita a rapidi "wisper tones," lievi, effimeri suoni generati da un'incompleta vibrazione del flauto, che come piccoli spiriti piroettano sull'assemblea in ascolto.
Infine è la volta del sax alto: la Sendesaal si riempie delle vibrazioni dell'ottone, Rothenberg costringe il suo strumento a un equilibrio instabile, giocando con gli armonici, mantenendosi in quegli intervalli di frequenza in cui più toni possono coesistere contemporaneamente, trovando la polifonia in uno strumento nato per emettere una e una sola nota alla volta, con una semplicità tecnica disarmante. La voce dell'ancia percorre continuamente tutte le ottave ammesse e si spinge sino ai sovracuti più inesplorati, poi una melodia appare: è un'invocazione dolorosa, una preghiera mediorientale, un arabesco nel freddo del nord-Europa.
Qualche fioca luce si riaccende: il Konzert im Dunkel è terminato. La sessione sarebbe dovuta durare un'ora, ma Ned Rothenberg ha ampiamente sforato, suonando nelle tenebre tre mini-suite in quasi un'ora e mezza. Al pubblico tuttavia non basta: gli applausi insistenti degli ascoltatori, non troppo numerosiuna cinquantina in tuttoma entusiasti, richiamano per ben due volte il polistrumentista americano sul palco, ed egli ricambia tanto affetto con una lirica ballad al sax alto e un'altra polifonica fuga al clarinetto: un epilogo perfetto per una serata ricca di spunti tecnici e artistici, un'apertura eccellente di un tour europeo, con numerose performance anche in Italia tra il 10 e 19 marzo, che permetterà a molti di (ri)scoprire questa voce unica nel panorama musicale contemporaneo.
Foto, di repertorio, di Hans Reitzema.
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