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John McLaughlin Shakti

Parigi - Olympia - 20.03.2006

Nonostante grandi aspettative, concerto abbastanza deludente per John Mc Laughlin con Shakti, il gruppo di musicisti indiani inizialmente formato dal chitarrista inglese negli anni ‘70, e riesumato da qualche anno per il tempo di qualche tournée e di qualche CD registrato dal vivo.

Dopo un buon inizio di serata durante il quale l’interpretazione della musica indiana data dal gruppo risulta convincente, anche grazie a bei brani quali “5 In The Morning, 6 In The Afternoon” e “Anna”, arrivati al quarto pezzo (“Sakhi“) McLaughlin innesta alla chitarra un inviluppo di synth e poi parte un ritmo pre-registrato e simil drum’n’bass francamente fuori luogo rispetto all’approccio solitamente rispettoso e misticheggiante proposto da Shakti. Quando nel brano successivo viene aggiunto nel mix un velo di voci sintetiche, il richiamo al pop di Bollywood, peraltro molto divertente in altri contesti, sembra davvero un po’ eccessivo.

Le cose vanno meglio nel secondo set del concerto, grazie ad un minore uso di effetti, anche se il chitarrista sembra non voler rinunciare ad un pesante impiego dell’eco, per fortuna risparmiatoci per l’interpretazione della storica “Lotus Feel”.

Irreprensibili da un punto di vista tecnico i musicisti, da uno Zakir Hussain che non puo’ non stupire per la straordinaria maestria nel maneggiare le tabla, ad uno U. Shrivanas al mandolino elettrico, davvero eccellente in ogni intervento solistico. Completano il gruppo V. Selvaganesh alle percussioni (kanjira, ghatam, e mridangam, tutti strumenti tradizionali), ed il bravo cantante Shankar Mahadevan, che esce a sorpresa a metà del primo set ed impreziosisce diversi brani con le sue evoluzioni vocali (che spesso ricordano l’approccio del compianto Nusrat Fateh Ali Khan). Per l’ultimo brano, “Nijati”, arriva in scena anche l'anziano Vikku (T.H. Vinayakram), padre di V. Selvaganesh e già membro degli Shakti degli anni ‘70, producendosi in un trascinante solo di ghatam.

Ovviamente presenti gli attesi e lunghissimi assoli (abbiamo cronometrato un solo di tabla di 30 minuti) dei diversi musicisti, con grande spazio dato a duetti percussivi nei quali Hussein la fa da padrone; sorprendentemente è proprio McLaughlin che prende meno spazio solista, fornendo interventi per lo più misurati nonostante il rosso fuoco del quale è interamente vestito. Dopo grandi presentazioni e panegirici al limite dell’autocelebrazione, e due ore abbondanti di concerto, i musicisti si congedano dopo un concerto che ha comunque ottenuto un grande successo di pubblico (la prestigiosa sala parigina dell’Olympia era esaurita da lungo tempo).

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