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Intervista a Silvia Bolognesi

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Silvia Bolognesi suona uno strumento ingombrante e austero, storicamente "maschile," come il contrabbasso, ma da buona toscana se ne fa un baffo delle convenzioni ed in poco tempo ne diventa una delle maggiori specialiste tanto da essere richiesta da alcuni dei massimi interpreti della musica improvvisata italiana e straniera (Butch Morris, Rob Brown, Enrico Rava, Tiziana Ghiglioni, Nexus).

Ama Mingus ed Ellington, ma anche King Crimson e Frank Zappa, Strawinsky e Bartok. Così come ama comporre ed arrangiare. Allestisce allora una serie di formazioni assai diverse tra loro attraverso le quali veicola la propria esuberanza artistica. L'idea poi di gestire completamente la propria musica la porta a fondare una etichetta, Fonterossa Records, nella quale assume il ruolo di factotum. Questo e molto altro ci racconta, nell'intervista, Silvia Bolognesi.

All About Jazz: Se escludiamo il geniale travestimento di "A qualcuno piace caldo" sono poche nella storia le contrabbassiste. Come mai la scelta di questo strumento ?

Silvia Bolognesi: Ho iniziato suonando il basso elettrico, mi piaceva il rock poi mi sono avvicinata al jazz e passare al contrabbasso è stato piuttosto naturale, soprattutto dopo aver sentito Charles Mingus!

AAJ: Mingus è quindi il tuo riferimento principale, o riconosci altre influenze?

S.B.: Mingus è sicuramente uno dei miei riferimenti principali come lo è la musica di Duke Ellington. Sono influenzata anche da molti protagonisti della scena moderna contemporanea cosi come da artisti lontani dal mondo del jazz, ma sono davvero troppo numerosi per essere elencati!

AAJ: Qual è il tuo lavoro sullo strumento e sulla sua voce?

S.B.: Il lavoro sullo strumento, oltre quello di mantenere e migliorare la tecnica strumentale (soprattutto quella che ho appreso in conservatorio e che ormai sembra un ricordo lontano) è sperimentare sonorità possibili dallo strumento in acustico. A volte ho in mente suoni non propriamente contrabbassistici e cerco di riprodurli; magari non trovo esattamente quello che ho in testa ma nel percorso scopro spesso qualcosa di utile.

AAJ: Quale ruolo ritieni debba avere il contrabbasso nell'economia di un ensemble?

S.B.: Dipende dall'ensemble e dal linguaggio musicale trattato. Un contrabbassita prima di tutto dovrebbe essere in grado di fornire chiarezza armonica e ritmica, insomma questo sarebbe il ruolo dello strumento, poi dai ruoli ci si può anche allontanare. Le possibilità sono svariate fortunatamente. Ogni strumento può, se il contesto stilistico lo permette, andare oltre la propria funzione canonica, essere per esempio melodico in senso solistico o anche solamente timbrico. Insomma c'è tanta musica in cui gli strumenti possono permettersi di non ricoprire il ruolo tipico che li contraddistingue.

AAJ: Hai mai pensato di riprendere il basso elettrico ?

S.B.: Lo suono ancora in qualche formazione, per esempio nell'album Effetto Ludico di Alessandro Sacha Caiani.

AAJ: A proposito di jazz al femminile pensi che ci si stia avvicinando ad una adeguata visibilità o ci sono ancora impedimenti alla piena affermazione del jazz in rosa?

S.B.: Io non credo che ci siano impedimenti verso le musiciste nel jazz, o forse non ci presto troppa attenzione, salvo quando partecipo a festival o rassegne dedicate alle donne. Come se non potesse essere nella norma assistere a formazioni al femminile o prevedere musiciste donne che suonano jazz!

AAJ: Non hai mai pensato di aver un tuo gruppo tutto al femminile?

S.B.: Sinceramente no, diciamo che non ho mai pianificato un gruppo di questo tipo. Però partecipando a festival come il Woma ho fatto incontri che hanno portato a formazioni di sole donne, cementate da un linguaggio e una progettualità comune. Ultima fra queste il trio con Tomeka Reid al violoncello e Mazz Swift al violino: ci siamo esibite lo scorso dicembre a Woma Jazz e stiamo portando avanti il trio con una certa determinazione, nonostante le distanze (Tomeka vive a Chicago e Mazz a New York).

AAJ: Sei docente di contrabbasso, basso elettrico e musica d'insieme ai Corsi di Siena. Che importanza ha l'insegnamento nella tua vita professionale? Quale ruolo deve rivestire secondo te l'insegnamento, per evitare che sforni musicisti tecnicamente preparati ma spesso privi di personalità e originalità ?

S.B.: Insegnare mi piace molto e insegnando imparo molto. Credo che l'insegnante sia una figura importante e quindi la responsabilità è tanta. Gli allievi sono tutti meravigliosamente diversi e penso che portare in superficie le loro naturali inclinazioni, fornendo loro gli strumenti tecnici e stilistici, sia fondamentale. E allora diventa importante capire chi ti trovi davanti, conoscere abitudini e gusti, la musica che ascolta e che suona, porre domande, osservare le reazioni alla musica che proponi.

AAJ: Vanti parecchie partecipazioni a dischi altrui ma sei anche leader di Open Combo, Living Quartet, Xilo Music. Cosa ti ha spinto a formare questi gruppi e quale pensi rispecchi al meglio la tua personalità?

S.B.: Mi piace comporre e quindi ho sentito la necessità di avere delle formazioni con cui poter realizzare la mia musica. Dato che sono affascinata da svariati modi di fare musica e di comporla ho cercato di formare gruppi con musicisti che fossero in grado di entrare in sintonia con il linguaggio utilizzato per quel tipo particolare di composizione. In ognuna delle formazioni l'improvvisazione è parte integrante del repertorio per cui i musicisti con cui collaboro sono elemento fondamentale della musica stessa, anche in virtù delle loro caratteristiche timbriche. Sono molto legata ai loro suoni: quando compongo ho in mente il contributo che possono fornire per arricchire e rendere completa la composizione. Nonostante l'impegno profuso nel portare avanti queste formazioni, non abbiamo tante possibilità di esibirci in pubblico e questo crea una certa difficoltà nel mantenerle attive e motivate.

AAJ: Hai avuto esperienze nell'ambito della musica classica (Orchestra città di Grosseto...), collaborazioni teatrali (Riondino, Messeri...), con compagnie di danza (Virgilio Sieni...). Opportunità, curiosità o cos'altro?

S.B.: Ormai sono quasi un ricordo, ma sono state sicuramente una parte importante nella mia formazione, soprattutto la collaborazione con la compagnia di danza di Virgilio Sieni e con le orchestre classiche. La prima per l'interazione con una forma artistica diversa dalla mia, la seconda per la prospettiva che hai della musica: suonare in un orchestra prevede molta disciplina per un risultato corale, ed è emozionante essere una piccola parte di un unico suono.

AAJ: Hai studiato contrabbasso con un mito come William Parker e collabori stabilmente con la cosiddetta scena creativa italiana. E' questo il futuro della musica improvvisata?

S.B.: La scena creativa italiana mi sembra piuttosto attiva e in fermento, non so se questo è il futuro ma come presente è molto vivo. Forse è una realtà meno esposta fra le tante della scena jazzistica, ma in varie zone d'Italia collettivi e associazioni cercano spazi per esibirsi, promuovono attività e cercano di restare in contatto fra loro. Questo è importante per creare comunque un po' di visibilità e per alimentare uno scambio artistico ed esperienziale. Probabilmente il futuro sta già in questo fermento e nello scambio fra musicisti, sia generazionale che geografico.

AAJ: A proposito di futuro, quali sono i tuoi progetti?

S.B.: Intanto mantenere in vita le mie formazioni e il primo passo è stato quello di autoprodurre i miei CD, a breve uscirà l'ultimo disco dell'Open Combo per la mia etichetta, la Fonterossa Records. Mi piaceva l'idea di gestire completamente la mia musica, registrare quando sento che il momento è giusto, scegliere i tempi e i modi per pubblicarla, e quindi ho fatto questo passo. Non che sia facile, e forse è anche un po' azzardato perché mi occupo di tutto, però ho creduto che fosse arrivato il momento di provarci.

Poi l'intenzione è di portare avanti con dedizione collaborazioni molto importanti che contribuiscono alla mia crescita come i Nexus di Tononi e Cavallanti (quest'anno cade il trentennale) o il progetto di Tiziana Ghiglioni dedicato a Mal Waldron al quale ho contribuito con due arrangiamenti (Tiziana mi ha aiutata molto, mi ha fatto conoscere molti musicisti e mi ha inserito in molti suoi progetti, dandomi fiducia e visibilità). Vorrei mantenere in vita anche alcune collaborazioni con musicisti della scena impro di New York e Chicago, la qual cosa non è affatto facile per la distanza che ci separa ma è fondamentale perché mi permette di conoscere altri modi e approcci alla musica diventando motivo di crescita, non solo musicale.

Infine i viaggi, sia in Italia che all'estero, che per me sono sempre piccole avventure (soprattutto se hai un contrabbasso al seguito) nelle quali si fanno incontri, si imparano modi di vita, punti di vista, prospettive diverse... Come può la musica non esserne influenzata?

Foto di Roberto Panucci (la prima, la quarta e la quinta), Dario Villa (la seconda), Claudio Casanova (la terza) e Roberto Cifarelli (la sesta)

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