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Intervista a Kenny Wheeler
Kenny Wheeler: Ho cominciato a suonare la tromba quando avevo 11-12 anni perché mio padre, che era un suonatore di trombone semiprofessionista, un giorno è tornato a casa con una cornetta per me, e così ho cominciato a suonare. All'epoca vivevo in un posto chiamato Owen Sound in Ontario, Canada. È stato poi a 15 anni che ho iniziato a suonare professionalmente, quando vivevo a St. Catherine, e lavoravo principalmente in orchestre da ballo.
AAJ: Qual è stata la tua educazione musicale, i maestri, e quali i primi modelli e influenze musicali?
K.W.: Iniziai a studiare armonia a Toronto (il libro di Paul Hindemith sull'armonia tradizionale) e poi molti anni dopo quando sono arrivato a Londra ho cominciato a lavorare con Bill Russo, uno dei compositori e arrangiatori della big band di Stan Kenton. In seguito, ho studiato per un periodo di due anni con il compositore classico Sir Richard Bennett, e da allora in poi ho continuato da autodidatta.
AAJ: Dopo il tuo arrivo in Gran Bretagna, sei stato testimone (e protagonista) dell'evoluzione della scena del jazz inglese moderno dai suoi inizi negli anni '50 fino a tutt'oggi. Cosa ha significato per te questa esperienza, e come ti ha aiutato a crescere artisticamente?
K.W.: Dapprima ho suonato jazz normale, poi sono stato sempre più coinvolto con musicisti di free jazz, e questo ha cambiato il mio modo di suonare... Non so se sia stato un bene o un male... non lo so davvero [ride]. Poi tramite quello sono stato coinvolto nella scena del jazz europeo, e questo naturalmente ha cambiato la mia carriera di musicista. Da quel momento in avanti ho cominciato a suonare con la Globe Unity Orchestra e altri gruppi e musicisti di jazz e free jazz in tutta Europa.
AAJ: Hai sempre suonato in tutte le combinazioni strumentali, ma probabilmente quella più ricorrente è stata la grande orchestra, sia come sideman che come leader, fino dal tuo esordio da titolare con Windmill Tilter. Cosa rappresenta per te in termini di possibilità musicali questo tipo di formazione?
K.W.: Mi diverto a scrivere per grande orchestra, e questa è la ragione più semplice per cui lo faccio. Penso anche che con la big band è anche chiaro qual è il mio sound.
AAJ: Anche il tuo lavoro più recente, Nineteen Plus One, è un progetto per big band basato principalmente su materiali standard inciso in Italia con la Colours Jazz Orchestra. Ci puoi raccontare come è nato il progetto, e come è stato lavorare con questi musicisti?
K.W.: Il mio manager (che è italiano, per inciso) ha ricevuto una proposta per un concerto jazz quasi sei anni fa ed è capitato che il concerto fosse veramente buono, e specialmente Massimo Morganti, il direttore, e la cantante, Diana Torto, e l'intera orchestra, sono stati davvero entusiasti della mia musica. Massimo Morganti al termine di uno dei nostri concerti aveva apprezzato molto uno standard che avevo arrangiato per un tour inglese che faci per il mio 75° comleanno: "How Deep Is the Ocean". Così per il nostro concerto successivo avevo cominciato ad arrangiare un altro standars: "The Man I Love". E brano dopo brano, concerto dopo concerto, finchè abbiamo avuto il materiale per una registrazione dei miei arrangiamenti di standard. E così è nato il CD. Ho apprezzato veramente lavorare con loro perché è come quando vai a suonare con un piccolo gruppo che conosce le tue canzoni. C'è poco da dire, solamente suonare...
AAJ: Hai lavorato spesso anche in Italia, sia con musicisti che con label (Soul Note, Egea, CamJazz) del nostro paese. Come valuti queste esperienze?
K.W.: Ultimamente sto lavorando con alcuni musicisti italiani davvero bravi come il pianista Glauco Venier, che ho conosciuto molti anni fa, ho suonato e registrato con lui in molte situazioni differenti, e mi è sempre piaciuto il suo modo di suonare e la sua sensibilità; poi tornando all'esperienza con la Colours Jazz Orchestra devo menzionare Diana Torto, è una cantante meravigliosa soprattutto nell'improvvisazione libera, ma è sempre meravigliosa anche sugli accordi... be' lei è sempre meravigliosa e sto lavorando con lei frequentemente anche all'estero perché è così brava che non posso licenziarla! [ridendo]... ad ogni modo, lei farà anche parte del tour del Regno Unito per le celebrazioni del mio prossimo 80° compleanno. E Massimo Morganti che è non solo un bravo direttore d'orchestra ma un eccellente trombonista e compositore. Vorrei anche menzionare Francesco Sotgiu un meraviglioso batterista con cui ho collaborato per svariati concerti 3 o 4 anni fa. Naturalmente, ho avuto in passato altre collaborazioni che tutti conoscono: come Claudio Fasoli e molti altri.
AAJ: A proposito di etichette, come è il rapporto con la ECM (e il suo fondatore, Manfred Eicher)? Hai trovato differenze con le altre label con cui hai lavorato?
K.W.: Sì, è stato in qualche modo differente. Manfred Eicher in un certo senso è un tipo di uomo strano e spesso è insoddisfatto di quello che succede nello studio ma alla fine tutto ciò è perché il suo obiettivo finale è fare una registrazione molto buona. Per quella ragione penso che sia un produttore molto bravo.
AAJ: Quali sono i tuoi lavori di cui sei più soddisfatto?
K.W.: Penso che la mia migliore registrazione sia Deer Wan. Il motivo è molto semplice, perchè tutti suonano benissimo in quel disco. Tornando alla domanda precedente, per quanto mi ricordo Manfred Eicher è stato veramente di grande aiuto durante la produzione del disco con i suoi suggerimenti. Riguardo le mie composizioni è difficile a dirsi, non saprei scrivere niente che non mi piacesse, così è difficile parlarne!
AAJ: Nella tua carriera hai lavorato con molti musicisti. Chi sono quelli che ti hanno più impressionato? E quali quelli con cui ti sarebbe piaciuto suonare?
K.W.: Be' quelli che mi hanno impressionato di più sono Dave Holland e John Taylor come si può immaginare guardando le formazioni di molti dei miei album... Tutti e due capiscono la mia musica con una tale facilità che è sempre stato un piacere suonare con loro. Mi piace specialmente il modo con cui si prendono delle libertà in mezzo alla mia musica restando comunque così vicini al mio suono. Avrei voluto suonare o registrare con Sonny Rollins... ma sono sicuro che se mai avessi una seduta d'incisione con lui non avrei mai e poi mai un assolo! Ma ad ogni modo sarebbe bello vedere il mio nome su uno dei suoi dischi.
AAJ: Come riesci a trovare il giusto equilibrio tra composizione, arrangiamento e improvvisazione, che sono gli ingredienti costanti di tutti i tuoi lavori?
K.W.: Potrei citare qui un altro grande musicista canadese, il pianista Glenn Gould, quando qualcuno gli chiedeva del suo meraviglioso modo di suonare era solito replicare che non si può domandare a un millepiedi come fa a camminare... penso che sia lo stesso con il mio lavoro di compositore, non ci sto mai a pensare, lo faccio e basta!
AAJ: Quando componi, hai già in mente una specifica combinazione di suonatori o solisti?
K.W.: Sì, immagino di sì, ma ho sempre scelto gente che comprendeva la mia musica. Così, è molto facile scrivere per loro...
AAJ: Le tue composizioni, per gruppi sia piccoli che grandi (per parafrasare uno dei tuoi album), sono sempre strutturate molto attentamente, ma come sideman hai suonato spesso anche in contesti prevalentemente improvvisati. Ti riesce facile adattarti a scenari così diversi?
K.W.: Sì, se i musicisti sono i musicisti giusti per suonare musica free o improvvisata è piacevole. Ma a volte capita di suonare con gente che suona per tutto il tempo e allora comincia a essere seccante. Mi piace la gente che ti lascia spazio.
AAJ: Che tipo di musica e musicisti ascolti nel tuo tempo libero?
K.W.: Be' ascolto molta musica classica così come il jazz. Negli anni mi sono di solito tarato sulle stesse persone che mi piace ascoltare: John Coltrane, Miles Davis, Bill Evans, Booker Little e il mio caro amico John Taylor per citare qualcuno più contemporaneo.
Foto di Claudio Casanova
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