Home » Articoli » Live Review » Il Mahler di Uri Caine a Musica Insieme

Il Mahler di Uri Caine a Musica Insieme

By

View read count
Musica Insieme

Teatro Manzoni - Bologna - 15.02.2010

Fra le tante rivisitazioni di autori della musica classica intraprese da Uri Caine dalla metà degli anni Novanta ad oggi, quella dedicata a Mahler è stata la prima, forse la più riuscita, sicuramente la più replicata. Nell'acustica non ideale del Teatro Manzoni di Bologna, in cui soprattutto l'amplificazione costituisce sempre un problema, una resa sonora un po' impastata e riverberante non ha certo giovato alla ripresa di Mahler Re-imagined, il 15 febbraio all'interno della stagione cameristica di Musica Insieme.

La personale riproposizione di Mahler da parte del pianista e arrangiatore americano fonde e alterna temi del repertorio sinfonico e liederistico in una sorta di suite organica e senza soluzione di continuità. La performance del suo settetto nel complesso non ha smentito i deformanti caratteri distintivi del progetto, il suo processo di smontaggio e rimontaggio dei temi e delle orchestrazioni secondo un'ottica che parte dal jazz e dalla tradizione ebraica.

In alcuni sfrangiati passaggi di cerniera o in alcuni momenti della suite - per esempio quello tratto dal terzo movimento della Prima Sinfonia, che riprende il tema a canone di Fra' Martino campanaro - sono emersi quei collettivi un po' strascicati ed ebbri tipici delle orchestrine delle feste popolari di un tempo. In determinati frangenti gli arrangiamenti hanno portato in evidenza la componente ebraica della musica di Mahler, mentre in altri hanno previsto un discostamento dal testo del compositore per lasciare il posto a set marcatamente jazzistici a carico dei due fiati e della sezione ritmica.

Per quanto riguarda il contributo interpretativo dei singoli esecutori bisogna rilevare gli appropriati e intriganti inserimenti elettronici di Dj Olive, il superlativo e costante lavoro di Jim Black e John Hebert (rispettivamente batteria e contrabbasso), quello funzionale e più mirato dei fiati di Ralph Alessi e Chris Speed, mentre non particolarmente incisivo è sembrato l'apporto della violinista Josephina Vergara, certo non paragonabile a Mark Feldman, presente in altre formazioni del progetto. Nella regia del tutto il leader si è ritagliato qualche intervento poderoso.

In definitiva la suite si è dipanata fluidamente, senza orpelli, senza calligrafici compiacimenti e senza eccessive ridondanze, riuscendo a compenetrare umori e soluzioni formali sempre diverse. Eppure, dal concerto bolognese si è avuta l'impressione che dopo quindici anni, pur con modifiche d'organico e aggiustamenti d'impianto, Mahler Re-imagined stia avviandosi a diventare un "classico" senza però poterlo diventare impunemente; rischiando cioè di tradire in parte i suoi assunti iniziali, di stemperare quella verve imprevedibile, quel colore sporco e acidulo, quella allucinazione un po' trasgressiva che costituivano il presupposto stesso di un'operazione di questo tipo e che per altro ben si attagliavano alla matrice mahleriana.

Quello della creativa reinterpretazione di pagine della musica del passato è comunque un leitmotiv che è serpeggiato nella prima metà della stagione cameristica 2009-2010 di Musica Insieme. Un'insospettabile assonanza ha per esempio ricollegato l'andamento brioso e danzante del popolarissimo Kaiser-Walzer di Jahann Strauss (filtrato dal distacco sofisticato della trascrizione di Arnold Schönberg e dall'interpretazione, il 9 novembre 2009, del Divertimento Ensemble diretto da Sandro Gorli) allo spirito di Wagner e Venezia di Uri Caine, purtroppo raramente eseguito in concerto.

Da rimarcare inoltre il concerto della violinista Patricia Kopatchinskaja e del pianista Fazil Say, il cui recente sodalizio si regge su un'evidente sintonia d'intenti. Le loro interpretazioni tese e coraggiose si sono dimostrate tutt'altro che reverenziali, anzi a tratti quasi irriverenti, nei confronti dei numerosi e gloriosi precedenti interpretativi di un repertorio assai frequentato.

L'esasperato, quasi stralunato romanticismo della loro versione della Sonata a Kreutzer di Beethoven ha fatto il paio con l'altrettanto sfrenata vena popolaresca delle Danze popolari rumene di Bartók. Proprio all'esempio di quest'ultimo si è riagganciata, nello stile e nel contenuto, la Sonata op. 7 composta dallo stesso Fazil Say. Se nella Sonata in sol maggiore di Maurice Ravel poteva sembrare più sfuocata l'interpretazione del primo movimento, è poi scaturito l'incredibile impatto del secondo e del terzo, resi "americani" dal violino della scatenata Kopatchinskaja, che sembrava muoversi a metà strada fra l'Hot Club de France e il neo-folk statunitense di marca friselliana. Ancor più contaminati dal jazz e da una plateale estroversione sono risultati i brevi bozzetti proposti come bis, fra i quali una versione di Per Elisa di Beethoven parsa dissacrante ai più.

I tiepidi applausi hanno confermato che buona parte del pubblico, fedele a più ortodossi e prestigiosi esecutori, è rimasto sconcertato di fronte all'atteggiamento interpretativo del giovane duo. Ma, quando motivato da coerenza, partecipazione e virtuosismo tecnico, è proprio questo tipo di approccio mentale che può permettere di far rivivere nell'attualità il repertorio classico, riscattandolo da una sterilizzante museificazione. È insomma l'annoso e controverso tema dell'interpretazione. Si possono considerare in sé compiuti l'esistenza e il messaggio di una composizione scritta a prescindere da un'interpretazione? Per quest'ultima esiste un limite, superato il quale l'opera del compositore può risultare disattesa e tradita? A ognuno, di volta in volta, la sua risposta.

Foto di Maurizio Guermandi

Tags

Comments


PREVIOUS / NEXT




Support All About Jazz

Get the Jazz Near You newsletter All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who make it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.

Go Ad Free!

To maintain our platform while developing new means to foster jazz discovery and connectivity, we need your help. You can become a sustaining member for as little as $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination vastly improves your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.

More

Jazz article: Iron Blossom Festival 2025: Jazzy Enough?
Jazz article: Reykjavik Jazz Festival 2025
Jazz article: Aaron Parks Little Big in Hong Kong

Popular

Get more of a good thing!

Our weekly newsletter highlights our top stories, our special offers, and upcoming jazz events near you.