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Frank Kimbrough Trio

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Castello Orsini - Avezzano (AQ) - 21.02.2007 Ass. Culturale "Jazzon"

Frank Kimbrough, molto attivo sulla scena newyorchese da venti anni, viene segnalato sopratutto come cofondatore del Jazz Composers Collective (1992) e come fautore principale dell'Herbie Nichols Project (leggete il suo articolo Herbie Nichols: ricordo di un poeta del jazz), alla riscoperta del poco fortunato, tantomeno inciso, pianista. Molto influenti sul suo pianismo sono comunque pure le figure di Paul Bley e Andrew Hill.

Effettivamente i giganti prendono subito la scena, ma Kimbrough vi si accosta e li governa. Si inizia subito con una ispirata (dal pubblico dirà poi) improvvisazione che si svolge in ambienti rarefatti. Armonie da grandi spazi ammaliano i compagni di cordata Masa Kamaguchi al contrabasso e Jeff Hirshfield alla batteria i quali vengono avvolti e trascinati come posseduti da uno spirito.

Cambia presto scenario e da una densa trama tessuta con il pianoforte vengono fuori le note di "Solar", di un "Solar" lungo e bellissimo.

Il concerto entra dunque nel vivo riproponendo i brani dell'ultimo disco Play disco nel quale alla batteria figura il danzante e insostituibile Paul Motian.

Sotto la guida di Kimbrough viaggiamo in spazi aperti dove i paesaggi evolvono lentamente e i suoi maestri, dichiarati e non, siedono accanto a noi del pubblico. Si alternano a questi momenti a tratti eterei episodi più concitati e incalzanti dove il bravo batterista, comunque sempre adeguato al momento, trova ampio spazio. Belli i fortissimi inseriti in un buon assolo veloce e denso, ma non semplicemente muscolare.

Il pianismo si fa in taluni casi, come qui, più nervoso sia da un punto di vista ritmico che armonico, con accenti Ellingtoniani e Monkiani, in altri casi si mostra più fluido e ricco e, nascosti discretamente nei veloci e scorrevoli impasti sonori, fanno capolino addirittura romantici come Schumann e Chopin.

L'alternanza continua offrendoci momenti di rara bellezza e continui spunti di interesse che forse culminano in quei paesaggi incantati di colore nordico a cavallo tra un Bley e un Garbarek.

Grande performance del bassista che in ogni situazione, dalla più delicata alla più movimentata e sempre con un lavoro fisico notevole, sembra assorbire come una spugna le idee dei compagni rilanciando poi la sua interpretazione pertinente e innovativa allo stesso tempo. Quindi piuttosto che fungere da solida base ritmico armonica Masa Kamaguchi arricchisce la scena musicale ponendosi come perno attivo delle idee del leader e del batterista, guadagnandosi più volte gli applausi del pubblico.

Foto di Giorgio Milone

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