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Fabrizio Bosso: "meno 'fast' e più ricerca"
Bisognerebbe rompere il tabù secondo il quale un musicista con molta tecnica non sia in grado di esprimersi con sentimento
Ma di tutto ciò al Nostro sembra importar poco. Bosso continua a inanellare incisioni discografiche, a fare concerti in giro per il Mondo; a collaborare a progetti importanti (lo troviamo sempre più spesso alle prese con diverse situazioni, dal progetto About a Silent Way - uscito su CD allegato a Musica Jazz e registrato con Francesco Bearzatti, martux_m, Eivind Aarset e Aldo Vigorito - ai dischi e tour di Mario Biondi) e a gettare le basi per nuovi lavori originali.
Di seguito un botta e risposta via mail teso a far luce sulle sue prospettive e a tirare le prime somme di una carriera già significativa.
All About Jazz: Sono passati dieci anni dell'esordio a tuo nome Fast Flight (Red Records, 2000), come è cambiata la tua concezione di fare musica?
Fabrizio Bosso: Forse meno "fast" e più ricerca di suoni e contaminazioni che mi diano nuovi stimoli. Ad esempio l'inserimento della voce recitante di Filippo Timi nell'ultimo disco uscito con L'Espresso. Con l'attore umbro, con cui è nata una bella amicizia, stiamo lavorando a un progetto originale che speriamo di realizzare presto.
AAJ: Se potessi fare il percorso a ritroso nella tua carriera, quale passo eviteresti?
F.B.: Penso che anche gli errori aiutino a crescere e formare un musicista, quindi non cambierei nulla.
AAJ: Al contrario, di cosa vai particolarmente fiero?
F.B.: Credo di essere un musicista a 360 gradi, e il fatto di sapermi adattare, e divertire, in tutti i generi musicali rappresenta un motivo di orgoglio.
AAJ: Sono molte le aspettative nei tuoi confronti. Quanto incidono su quello che suoni?
F.B.: Non mi faccio condizionare dalle aspettative, cerco sempre di suonare quello che sento e ciò che mi fa stare bene, penso che sia la cosa migliore per arrivare al pubblico con sincerità.
AAJ: Continuare ad essere annoverato tra "le promesse" del jazz italiano, malgrado tu abbia già dato prova di maturità ti infastidisce?
F.B.: Non mi dà fastidio, perchè mi sento ancora giovane musicalmente e penso che la maturità in un musicista di jazz possa arrivare anche alla fine della carriera.
AAJ: Nel vederti dal vivo s'avverte netta la sensazione che preferisci esprimerti su tempi veloci e su brani ricchi dal punto di vista melodico; non pensi che il suonare tante note possa a voltre andare a discapito della fantasia?
F.B.: Chi assiste ai miei concerti sa che non è più così. Nel mio repertorio, da qualche anno, non mancano brani lenti o atmosfere più pacate. Bisognerebbe rompere il tabù secondo il quale un musicista con molta tecnica non sia in grado di esprimersi con sentimento.
AAJ: Di recente, in un concerto alla Casa del Jazz di Roma, ti sei cimentato con il repertorio di Michael Jackson.
F.B.: Ho voluto omaggiare un grande artista che ci ha lasciato.
AAJ: Concerto poi distribuito in CD per la collana "Jazz Italiano Live 2009" de L'Espresso, al quale hai accennato prima. Come si è sviluppato questo progetto?
F.B.: Non avevo dubbi sulla scelta dei miei compagni di palco [Luca Mannutza, Luca Bulgarelli e Lorenzo Tucci, N.d.R.]. E poi ho pensato a degli ospiti [Giuseppe Milici, Filippo Timi, Roberto Cecchetto, Natalio Mangalavite e Bruno Marcozzi, N.d.R.] che potessero soddisfare le altre esigenze di sonorità. Nel repertorio c'è una selezione di brani che mi rappresentano e che rappresentano tutti i generi musicali che normalmente suono, spaziando dal jazz alla bossa nova, passando per il pop.
AAJ: Hai in ballo un lavoro da realizzare con la collaborazione del maestro Giuseppe Vessicchio.
F.B.: Le notizie corrono veloci. Per adesso è tutto top secret, ma considerando che Peppe è uno straordinario arrangiatore uscirà un ottimo lavoro.
AAJ: Durante una trasmissione Tv alla quale hai preso parte insieme a Javier Girotto, hai dichiarato che negli ultimi anni vedi molti più giovani assistere ai concerti jazz. Qual è a tuo avviso il motivo di questa inversione di tendenza e quali sono, concretamente, le azioni che i musicisti hanno fatto o dovrebbero fare per avvicinare ulteriormente le nuove generazioni al jazz?
F.B.: Sicuramente la comparsa sulla scena di crooner come Michael Bublè o in italia la lunga tradizione di cantautori come Paolo Conte e più recentemente Sergio Cammariere e Mario Biondi, hanno reso questo genere più accessibile alla gente comune e tra questi soprattutto i giovani sempre attenti alle novità.
AAJ: Nel tuo iPod, per quale musicista ci sarà sempre spazio?
F.B.: Ci sarà sempre spazio per le novità interessanti e per i Grandi del passato!
Foto di Claudio Casanova
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