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Eri Yamamoto piano solo

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Spazio PIM - Milano - 11.11.2008

Il pianismo di Eri Yamamoto ha molte facce. La più nota è quella strettamente jazz, per intenderci quella che si ascolta nei gruppi di William Parker. Un linguaggio così decisamente black da far pensare che la pianista abbia mangiato pane e jazz sin dalla più tenera età. Il che non è, visto che, in realtà, la Yamamoto ha incontrato il jazz , solo all'età di vent'anni (si trattava di un concerto del trio di Tommy Flanagan, ascoltato mentre era a New York per turismo).

Non avendo mai ascoltato la pianista in solo, mi aspettavo dunque un concerto intriso di profumi jazz, tra McCoy Tyner, Cecil Taylor e l'avanguardia di New York. In realtà, in questo concerto milanese la pianista ha suonato autentico jazz solo su una scansione ternaria che richiamava vagamente All Blues. Per il resto della serata, la Yamamoto ha privilegiato altri aspetti del suo pianismo. Gli echi classici, le divagazioni quasi new-age, le reminiscenze jarrettiane. E naturalmente la sua notevole padronanza tecnica, che si traduce in ostinati e note ribattute sempre molto precise, in un tocco molto controllato ed espressivo, percepibile anche quando, lo strumento, come in questo caso (un modesto piano verticale), non è dei migliori.

In scaletta, solo composizioni originali. Nessuno standard, nessuna improvvisazione estemporanea. Ottima scelta. Solo la proposizione del proprio linguaggio, della propria concezione della musica. Una concezione che mette al centro la natura (“Bumpy Trail”, “Red Wood” e “Magnolia” sono alcuni titoli dei brani eseguiti), con i suoi spazi, i suoi silenzi, la sua grandezza. Una concezione non sempre condivisibile (occasionalmente la maestosità della natura si traduce in una stratificazione di accordi eccessiva, che sfiora la banalità new-age), ma lodevole nell'evitare fortemente quelle influenze etniche che guadagnerebbero alla pianista facili consensi (fa eccezione il brano “Kyoto”, dedicato alla sua città natale, e vagamente à la Sakamoto).

Nel complesso, un concerto non memorabile ma assai gradevole, nel corso del quale abbiamo avuto l'impressione che la Yamamoto sia ancora alla ricerca di una dimensione espressiva personale. Del resto il piano solo è un ambito difficile, che non perdona, con modelli di riferimento altissimi. Dalla sua, la pianista ha una forte curiosità nei confronti di ogni tipo di musica, ed una solida preparazione tecnica. Con il tempo, siamo certi che saprà sviluppare il proprio stile e la propria voce.

Foto di Martin Russell

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