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Dave Kikoski Trio
ByCasa del Jazz - Roma - 14.02.2006
Afflitti da pianisti tardo romantici, spesso tristemente reclini sull'ottava centrale del pianoforte, in cerca di sublimi ispirazioni e momenti di rara poesia, abbiamo seguito con estremo piacere il concerto del trio di Dave Kikoski. Questi è un simpatico e goffo signore, che col pianoforte instaura un rapporto di gioiosa complicità, una simbiosi fisica ben rappresentata dal continuo movimento dei piedi e dal suono pieno, orchestrale, che estrae dallo strumento.
Kikoski è un virtuoso che sa far apparire tutto facile e naturale, privo di affettazione e gestualità eroica. Così dense riarmonizzazioni, complessi giochi poliritmici, sentite variazioni del tema, fluiscono verso il pubblico amichevoli ed eccitanti.
Volendo evidenziare due caratteristiche portanti del suo stile, intanto notiamo la profonda conoscenza di tutto il materiale ritmico americano, dallo swing alla Oscar Peterson, agli ostinato modali di Tyner, per arrivare al soul e funk più bluesy e motorio e approdare infine al Sud di Antille e Brasile. Questo avviene anche all'interno dello stesso brano, con l'inserimento frequente di poliritmi cubani, montuno, pedali che creano una straordinaria tensione ritmica.
Per realizzare questa concezione, servono partner di gran levatura, con i quali si suona da tempo. Questo è proprio il rapporto che Kikoski intesse con Boris Kozlov e Gene Jackson. È davvero entusiasmante seguire il gioco degli sguardi che contrappunta le mille variazioni proposte dal pianista e subito raccolte dai partner, il tutto all'interno di una formula trio abbastanza classica, a dimostrazione di come le grandi scelte strategiche non abbiano molto a che fare con il risultato finale. La densità del discorso ascoltato alla Casa del Jazz il 14 febbraio, era di gran lunga superiore a quella offerta da molti trii post-evansiani, malgrado l'apparenza possa far pensare il contrario. Una formula è vitale per il grado di competenza ed entusiasmo offerto da chi la propone, più che per la sua posizione più o meno di "avanguardia". A dimostrarlo le interpretazioni di due standard arcinoti, "Stella by Starlight" e "My Funny Valentine", per molti repertorio ormai insuonabile, per Kikoski momento di grande concentrazione, il primo aperto in assolo, il secondo tutto per il pianoforte. La sua capacità di lavorare sul tema, fondendo innovazione e riconoscibilità, si univa al grande spessore emotivo del lavoro armonico, determinando momenti di grande emozione. Segnaliamo anche "Spacing", costruito per il contrabbassista e "Bridge of Dreams" di Milton Nascimento.
Il concerto è stato seguito da un pubblico numeroso ed entusiasta.
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