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Count Basie Big Band '77

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Count Basie

Count Basie Big Band ‘77

Eagle Vision

(2006 - distr. Edel)

Valutazione: 4 stelle

Iniziamo a occuparci dei DVD della serie Norman Granz Jazz in Montreux, editi da Eagle Vision dopo un restauro audio e video davvero notevole.

Il primo titolo che vogliamo sottoporre all’attenzione dei lettori è Count Basie Big Band ’77, un bel concerto dell’orchestra che più di ogni altra formazione nella storia del jazz, ha incarnato l’idea stessa dello swing. E’, infatti, nella All American Rhythm Section degli anni Trenta (Basie, Freddie Green, Walter Page e Jo Jones) che si forma quell’andatura ritmica che poi diverrà il riferimento di tutti gli stili successivi, bebop, cool, mainstream ecc. Nei decenni successivi Basie manterrà al centro della sua attenzione la cura delle pronunce e dinamiche, con arrangiamenti studiati per esaltare quella mistura unica di finezza e brutalità che ne contraddistingue lo stile. Chi ascoltava un suo concerto era travolto da passaggi repentini dal pianissimo al fortissimo realizzati con una scioltezza impressionante. Tanto da farli apparire facili e scontati, destino che Basie divide con Armstrong, entrambi così alla base del linguaggio jazz da non essere sempre riconosciuti per le loro caratteristiche di innovativa unicità.

Negli anni Settanta l’avventura del Conte si avviava alla fine, era lontana l’era dei grandi solisti e degli head arrangement, la cosiddetta Old Testament Band, e le coordinate erano quelle fissate nel dopoguerra da arrangiatori come Neal Hefti, Quincy Jones e Sammy Nestico per la New Testament Band.

Questo naturale assestamento non coincide affatto con perdita di energia, le routine erano interpretate sempre ai massimi livelli e la classe non era certo annegata nella convenzione. Al cuore dell’orchestra restavano le poche, preziose note del piano e gli accordi di Green, il chitarrista votato all’accompagnamento, con lo strumento suonato acustico e catturato in diretta da un microfono. Un suono che annegava nelle profondità dell’orchestra, spesso spariva in esso, tanto le era essenziale.

Curioso vedere al posto del grande Sonny Payne un ragazzetto bianco con aria da Beach Boys e piastrine militari come collanina, ma Butch Miles, senza raggiungere i suoi predecessori, era entusiasta, aveva il pieno controllo delle dinamiche e forniva la spinta giusta per i fiati.

Nel vedere questo concerto, Basie può apparire un semplice maestro di cerimonie, col ruolo di direttore affidato al Primo Sax Alto, ma è un’impressione parziale. E’ vero che dal vivo gestiva le energie con cura, ma chi scrive ha raccolto la testimonianza di John Kinnison, con Basie nel ’76, che ha confermato come in prova il leader non avesse perso la sua certosina precisione nell’orchestrare le sezioni. Al momento di suonare il meccanismo era così accordato da poter andare per conto proprio.

Il repertorio contiene classici come “Freckle Face” e “Splanky”, brani showcase per Al Gray, Jimmy Forrest, Eric Dixon, un efficace arrangiamento di “A Night in Tunisia” e l’eterna “Lil’ Darling”. Questa, dietro l’apparente dolcezza e semplicità, è il vero banco di prova di ogni big band, come fosse un brano di Mozart, così facile da richiedere il massimo livello esecutivo all’interprete.

I produttori di questa serie hanno incaricato Nat Hentoff di presentare ciascun concerto e il critico appare anche negli extra per ricordare la straordinaria figura di Granz, che all’epoca aveva lasciato la Verve per fondare Pablo. Un nome segno del suo amore per l’arte, ben concretizzato nella collaborazione con David Stone Martin e sempre negli extra, per altro scarsini, possiamo ammirare una galleria di suoi disegni a tema jazz.

Basie a Montreux nel ’77 accese un pubblico entusiasta e ora abbiamo il piacere di gustare questa tarda fiammata dell’anziano maestro.

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