François Houle, Håvard Wiik: Aves

Il clarinettista del Québec Francois Houle e il pianista norvegese Håvard Wiik sono i protagonisti di questo notevole album che, non solo per l'abbinamento strumentale, evoca temperature cameristico-contemporanee più che strettamente jazzistiche.

I sentieri battuti dai due performer variano da brano a brano, pur nel segno—costante—di una preziosità, un'eleganza, una cerebralità che non vengono mai meno. Ci sono comunque episodi più vivi, mossi, e altri decisamente più astratti, cogitabondi, incorporei.

Tale alternanza di tratto si palesa già nel dittico iniziale, per poi interessare altre coppie (o piccoli gruppi) di brani. Fra i momenti più rigogliosi (sempre proporzionalmente al contesto) troviamo così "Father Demo," "Nomenclatural," "Meeting on a Line," persino nervoso, e i conclusivi "Hello Blackbird" e "Strobe," fra quelli più trattenuti, non di rado minimali, "Sparrowhawk," "Earth/Sea," "Zirma," "Fallen Angel," "Ged's Shadow" (in cui Houle suona un flauto, si direbbe non canonico, non accreditato in copertina), "Letter to György L." (cioè Ligeti), "Aporetic Dreams," "Ursula's Dream" e "Woodhoopoe," clarinetto solo tutto giocato sui colpi di lingua.

Disco assolutamente esemplare, in conclusione, pur nella (anzi forse proprio per la) sua monoliticità. E molto gustosa la copertina, opera di Eric Metcalfe.

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