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Aaron Parks alla Sala Vanni di Firenze
Aaron Parks Little Big
A Jazz Supreme
Sala Vanni
Firenze
15.11.2019
Per gli appuntamenti autunnali della rassegna fiorentina A Jazz Supreme era in programma il pianista statunitense Aaron Parks, uno dei più apprezzati pianisti tastieristi emergenti, alla testa del suo più recente quartetto, composto dal chitarrista Greg Tuohey, dal bassista DJ Ginyard e dal batterista Tommy Crane, che ha da non molto pubblicato il CD Little Big. Formazione piuttosto classica, dunque, che ha espresso un jazz moderno incentrato su composizioni originali, atte a valorizzare le qualità dei singoli.
La principale particolarità del gruppo è l'interazione vagamente contrastata tra il pianoforte di Parksartista che non disdegna di spingersi su territori lirici, ove mostra un tocco sensibile e di gusto classicoe la chitarra elettrica di Tuoheymusicista neozelandese dalla lunga frequentazione rock, ma che oggi traduce quelle sonorità in un linguaggio più delicato e assai articolato, con modalità che riecheggiano in qualche modo Pat Metheny. L'intreccio di questi due mondi, in parte lontani ma comunque paralleli, ha prodotto i momenti migliori del concerto, nei quali la ritmica ha svolto soprattutto un lavoro di servizio: Ginyard mostrando precisione e pulizia di suono, Crane trattenendo la sua esuberanza con un accompagnamento sorprendentemente sottile.
Scenario diverso, invece, laddove Parks ha usato il Fender Rhodes: qui ci si ritrovava in una sorta di rinnovata fusion, magari ben eseguita, ma anche datata e non molto significativa, nonostante la qualità di Tuohey. Veramente discutibili sono poi apparsi i momenti (fortunatamente pochi) in cui a piano e Fender subentrava una tastiera elettronica, che entrava con timbri artificiosi all'interno di uno scenario tutto sommato elaborato. Considerando poi la qualità di Parks al piano, veniva proprio da chiedersi "ma perché?."
Complessivamente, comunque, un buon concerto, non originalissimo in composizioni e strutture, ma impreziosito dalle eccellenti qualità individuali, tra le qualioltre a quelle degli eccellenti Parks e Tuoheyva senza dubbio annoverata anche quella di Ginyard, ottimo interprete di uno strumento come il basso elettrico, facile a cadere nei cliché o nel banale.
Foto: Eleonora Birardi.
A Jazz Supreme
Sala Vanni
Firenze
15.11.2019
Per gli appuntamenti autunnali della rassegna fiorentina A Jazz Supreme era in programma il pianista statunitense Aaron Parks, uno dei più apprezzati pianisti tastieristi emergenti, alla testa del suo più recente quartetto, composto dal chitarrista Greg Tuohey, dal bassista DJ Ginyard e dal batterista Tommy Crane, che ha da non molto pubblicato il CD Little Big. Formazione piuttosto classica, dunque, che ha espresso un jazz moderno incentrato su composizioni originali, atte a valorizzare le qualità dei singoli.
La principale particolarità del gruppo è l'interazione vagamente contrastata tra il pianoforte di Parksartista che non disdegna di spingersi su territori lirici, ove mostra un tocco sensibile e di gusto classicoe la chitarra elettrica di Tuoheymusicista neozelandese dalla lunga frequentazione rock, ma che oggi traduce quelle sonorità in un linguaggio più delicato e assai articolato, con modalità che riecheggiano in qualche modo Pat Metheny. L'intreccio di questi due mondi, in parte lontani ma comunque paralleli, ha prodotto i momenti migliori del concerto, nei quali la ritmica ha svolto soprattutto un lavoro di servizio: Ginyard mostrando precisione e pulizia di suono, Crane trattenendo la sua esuberanza con un accompagnamento sorprendentemente sottile.
Scenario diverso, invece, laddove Parks ha usato il Fender Rhodes: qui ci si ritrovava in una sorta di rinnovata fusion, magari ben eseguita, ma anche datata e non molto significativa, nonostante la qualità di Tuohey. Veramente discutibili sono poi apparsi i momenti (fortunatamente pochi) in cui a piano e Fender subentrava una tastiera elettronica, che entrava con timbri artificiosi all'interno di uno scenario tutto sommato elaborato. Considerando poi la qualità di Parks al piano, veniva proprio da chiedersi "ma perché?."
Complessivamente, comunque, un buon concerto, non originalissimo in composizioni e strutture, ma impreziosito dalle eccellenti qualità individuali, tra le qualioltre a quelle degli eccellenti Parks e Tuoheyva senza dubbio annoverata anche quella di Ginyard, ottimo interprete di uno strumento come il basso elettrico, facile a cadere nei cliché o nel banale.
Foto: Eleonora Birardi.
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