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Un certo discorso su Sessantotto e jazz
ByIl movimento del Sessantotto, anche se abbastanza dilatato cronologicamente e geograficamente, ha interessato un limitato numero di persone: chi è nato prima del 1940 ha assistito a questo fenomeno con distacco, senza rimanerne coinvolto se non marginalmente, spesso senza comprenderlo; chi è nato dopo il 1955 per forza di cose non ne ha avuto esperienza diretta, ne ha solo sentito parlare da altri. Ma, a ben vedere, anche fra coloro che sono nati fra il 1940 e il 1955 ben pochi hanno preso parte in qualche misura alle iniziative e al dibattito di carattere socio-culturale che a cominciare dagli anni che hanno preceduto il '68, data fatidica, si sono estese ai primi anni Settanta.
Eppure del mitico Sessantotto si è parlato e scritto molto, anche a sproposito, tanto da generare un concetto indistinto e simbolico. Da allora fino ai nostri giorni periodicamente, in ogni occasione possibile, si tira in ballo questa stagione ormai passata, ma sempre viva della memoria collettiva, che interviene come un fantasma, un "convitato di pietra," o come un punto di riferimento con il quale bisogna per forza confrontarsi. Al risorgere di qualsiasi movimento studentesco nelle scuole o università ci si sente in obbligo di sottolineare le differenze o le analogie con il movimento del Sessantotto. Anche il ministro Gelmini, partecipando recentemente ad un dibattito televisivo, ha fatto riferimento alle conseguenze, secondo lei nefaste, che quel periodo storico ha introdotto nel sistema scolastico italiano.
Dunque, qualsivoglia siano le opinioni o i risultati di intimi bilanci personali, di approfondite analisi sociologiche o di frettolose rievocazioni giornalistiche, il Sessantotto ha significato qualcosa.
All About Jazz Italia ha perso l'occasione dell'anniversario del 2008 per iniziare una riflessione critica sul tema "Sessantotto e jazz," ma intende recuperare ora con un'edizione speciale che raccoglie una serie di ponderati contributi sull'argomento: nel ventaglio di testi proposti viene affrontata con sufficiente equilibrio la situazione italiana a fianco di quella europea e di quella statunitense.
Senza la pretesa di esaurire le tematiche che possono gravitare attorno all'argomento stesso, l'obiettivo è quello di fornire mirati flash e spunti di riflessione, magari aprendo un dibattito e l'occasione di ospitare ulteriori articoli su queste pagine.
Come è strutturato questo Speciale?
Innanzi tutto si è pensato di raccogliere la testimonianza di importanti personaggi, italiani e stranieri, che quel periodo lo hanno vissuto in prima persona: sotto il titolo Sessantotto e jazz: la parola ai testimoni vengono messe a confronto una ventina di rievocazioni del tutto personali: Filippo Bianchi; Dave Burrell; Giampiero Cane; Nicola Ciardi; Franco D'Andrea; Franco Fayenz; Vittorio Franchini; Yasuhiro "Fuji" Fujioka; Mario Gamba; Mario Guidi; Enrico Intra; Ingrid Karl; Franz Koglmann; Giordano Montecchi; Butch Morris; Isio Saba; Giancarlo Schiaffini; Giovanni Tommaso; Kate Westbrook; Mike Westbrook.
Approfondimenti mirati vengono invece da sei articoli a firma di diversi autori:
- in Il "mio" Sessantotto... e oltre il sottoscritto tenta di ricostruire la complessità della situazione socio-culturale e soprattutto la molteplicità delle proposte jazzistiche che nel 1968 e negli anni immediatamente seguenti un giovane che volesse accostarsi al jazz vedeva trovarsi di fronte;
- delle esperienze italiane, in particolare di quella milanese e quella romana, parlano anche due protagonisti di primo piano quali Giorgio Gaslini e Bruno Tommaso in Roma e Milano: epicentri del Sessantotto italiano; anche per la diversità dell'approccio i loro contributi risultano pressoché complementari;
- il panorama europeo, in particolare quello della nascente improvvisazione radicale e del parallelo "declino" del free storico, viene invece affrontato da Enrico Bettinello in Machine Guns - Le armi soniche del '68, in cui si individua in Peter Brötzmann uno dei capi scuola.
- per la rubrica Déjà lu si è opportunamente recuperato un testo di Guido Michelone, Jazz America '68, che sintetizza la pluralità delle proposte che intorno al 1968 scaturivano dal ribollente crogiolo del jazz statunitense.
- l'intervento di Alberto Bazzurro, 10x3 - Musica Cinema Pittura. Il '68 oltre il jazz, con schede sintetiche propone una ragionata selezione di dieci opere che per la loro rappresentatività possono definire il 1968 a livello internazionale e rispettivamente nel campo della musica extra jazzistica, del cinema e dell'arte visiva;
- Aretha: Lady Soul - Aretha Now di Angelo Leonardi prende in esame il momento più fulgido della carriera della carismatica cantante Aretha Franklin, protagonista della Soul Music, uno dei generi che hanno caratterizzato la musica nero-americana della fine degli anni Sessanta;
- un altro aspetto della musica creativa afro-americana dello stesso periodo, quello della peculiare evoluzione subita dal free di Don Cherry, costituisce il tema affrontato da Maurizio Zerbo in "Eternal Rhythm" ed il '68 pan-etnico di Don Cherry;
- con una carrellata di video da Youtube, infine, abbiamo voluto offrire un po' di stimoli multimediali per una fruizione ancora più completa e godibile di quella stagione piena di fermenti sociali, e jazzistici.
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