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Testimoni del '68: Franco D'Andrea
ByNel jazz questo era venuto fuori già alla metà degli anni '60 (ma Ornette Coleman faceva già cose nuove alla fine dei '50). La parabola di Coltrane, a metà degli anni '60, si era incrociata con quella del free jazz. Shepp e Ayler creavano in modo insieme spregiudicato e naturale. Cecil Taylor agiva in quel senso da parecchio tempo e continuava ad inventare sempre nuovi tipi di cluster.
In questo ambiente culturale il mio "Modern Art Trio" era immerso e creava le sue nuove forme.
In quell'epoca abitavo a Roma, musicalmente popolata da personaggi, italiani e internazionali, che animavano una scena piena di eventi, talvolta anche minimi ma sempre sorprendenti. Ricordo ad esempio interminabili jam session in casa dell'architetto De Sanctis, nelle quali confluivano gli artisti più strani e creativi. Fra gli altri a un certo punto ci venne uno sconosciuto pianista americano, allievo di John Cage, di cui si favoleggiava che sapesse creare suoni inediti smontando vecchi pianoforti.
Tutto sembrava possibile in musica e talvolta lo diventava davvero.
Molto di quell'energia mi ha sorretto e mi sorregge ancora nella mia vita musicale.
Foto di Claudio Casanova.
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