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Fred Hersch Trio: Sunday Night at the Vanguard
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"Questo è di gran lunga l'album migliore che ho realizzato in triodice Fred Hersch -e rappresenta al meglio il nostro modo di suonare."
Ogni musicista tende a pensare allo stesso modo e la frase ci lascia perplessi perchè non è facile superare album strepitosi come Floating (Palmetto, 2014) realizzato in studio e Alive at the Vanguard (Palmetto, 2012). Ma dopo numerosi ascolti del nuovo disco si tende a concordare col pianista di Cincinnati. La nuova incisione nello storico locale con John Hébert ed Eric McPherson è davvero magnifica e conferma la magistrale fase creativa di Hersch degli ultimi anni. I due lavori precedenti non sono da meno ma Sunday Night at the Vanguard è un'esaltante e variopinta istantanea di un pianista all'apice della sua carriera e di un trio al settimo anno di vita.
Chi segue distrattamente la musica di Hersch stabilirà un immediato legame con le storiche incisioni di Bill Evans al Village Vanguard ma l'associazione è impropriamente nostalgica. Fred Hersch è un pianista del tutto personale, Può avvicinarsi a Evans nel gusto impressionistico e nel tocco ma è profondamente diverso nel modo di armonizzare, nel fraseggio e nelle dinamiche, che spaziano da asimmetrie monkiane a riferimenti al pianismo bop e alla musica classica.
All'età di 60 anni, tornato a nuova vita dopo il drammatico coma del 2008 ("dopo non potevo più camminare, né parlare, né mangiare e ancor meno suonare il pianoforte"), Fred Hersch offre la piena misura del livello raggiunto: il percorso musicale coniuga slancio visionario e riflessiva profondità, con la consueta attenzione per l'equilibrio sonoro e le trasparenze.
La sequenza si snoda presentando brani dagli sviluppi più tradizionali (una luminosa ballad come "A Cockeyed Optimist" o un tema più dinamico come "Blackwing Palomino"), momenti di ricerca astratta che rivelano espliciti o impliciti rimandi a Ornette Coleman ("Serpentine"), Kenny Wheeler ("Everybody's Song But My Own") e persino Lennie Tristano ("The Optimum Thing").
Come tutti i grandi, Hersch si diverte a dissimulare e reinventare come dimostrano il brano appena citato (costruito sulle armonie di "The Best Thing For You" di Irving Berlin) o l'anomalo blues dedicato a Benoit Delbecq ("Calligram"). Le versioni di "The Peacocks" di Jimmy Rowles e della beatlesiana "For No One" meritano un discorso a parte. Sono le gemme più luminose del disco per la loro capacità di fondere, in un equilibrio perfetto, concentrazione e lirismo, rigore formale e delicatezza. Il disco termina con il cameristico piano-solo di "Valentine."
Ogni musicista tende a pensare allo stesso modo e la frase ci lascia perplessi perchè non è facile superare album strepitosi come Floating (Palmetto, 2014) realizzato in studio e Alive at the Vanguard (Palmetto, 2012). Ma dopo numerosi ascolti del nuovo disco si tende a concordare col pianista di Cincinnati. La nuova incisione nello storico locale con John Hébert ed Eric McPherson è davvero magnifica e conferma la magistrale fase creativa di Hersch degli ultimi anni. I due lavori precedenti non sono da meno ma Sunday Night at the Vanguard è un'esaltante e variopinta istantanea di un pianista all'apice della sua carriera e di un trio al settimo anno di vita.
Chi segue distrattamente la musica di Hersch stabilirà un immediato legame con le storiche incisioni di Bill Evans al Village Vanguard ma l'associazione è impropriamente nostalgica. Fred Hersch è un pianista del tutto personale, Può avvicinarsi a Evans nel gusto impressionistico e nel tocco ma è profondamente diverso nel modo di armonizzare, nel fraseggio e nelle dinamiche, che spaziano da asimmetrie monkiane a riferimenti al pianismo bop e alla musica classica.
All'età di 60 anni, tornato a nuova vita dopo il drammatico coma del 2008 ("dopo non potevo più camminare, né parlare, né mangiare e ancor meno suonare il pianoforte"), Fred Hersch offre la piena misura del livello raggiunto: il percorso musicale coniuga slancio visionario e riflessiva profondità, con la consueta attenzione per l'equilibrio sonoro e le trasparenze.
La sequenza si snoda presentando brani dagli sviluppi più tradizionali (una luminosa ballad come "A Cockeyed Optimist" o un tema più dinamico come "Blackwing Palomino"), momenti di ricerca astratta che rivelano espliciti o impliciti rimandi a Ornette Coleman ("Serpentine"), Kenny Wheeler ("Everybody's Song But My Own") e persino Lennie Tristano ("The Optimum Thing").
Come tutti i grandi, Hersch si diverte a dissimulare e reinventare come dimostrano il brano appena citato (costruito sulle armonie di "The Best Thing For You" di Irving Berlin) o l'anomalo blues dedicato a Benoit Delbecq ("Calligram"). Le versioni di "The Peacocks" di Jimmy Rowles e della beatlesiana "For No One" meritano un discorso a parte. Sono le gemme più luminose del disco per la loro capacità di fondere, in un equilibrio perfetto, concentrazione e lirismo, rigore formale e delicatezza. Il disco termina con il cameristico piano-solo di "Valentine."
Track Listing
A Cockeyed Optimist; Serpentine; The Optimum Thing; Calligram; Blackwing Palomino; For No One; Everybody’s Song But My Own; The Peacocks; We See; Solo Encore: Valentine.
Personnel
Fred Hersch
pianoFred Hersch: piano; John Hébert: bass; Eric McPherson: drums.
Album information
Title: Sunday Night at the Vanguard | Year Released: 2016 | Record Label: Palmetto Records
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Fred Hersch Trio
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Fred Hersch
Angelo Leonardi
Braithwaite & Katz Communications
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Sunday Night at the Vanguard