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John Zorn Moonchild: Songs Without Words

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John Zorn Moonchild: Songs Without Words
La musica di John Zorn sembra costantemente rivestita di una pece vischiosa, di quelle che ci metti la mano e già sei impelagato e più ti danni l'anima per venirne fuori più fai peggio, più si nega si afferma, più si afferma e più risuona beffarda la sensazione che la "verità" se ne stia da tutt'altra parte. Chiave sicura della sua unicità e genialità, questa caratteristica non può però fare piombare l'ascoltatore, il fan o anche solo il malcapitato in un pozzo senza fondo e si ha talvolta la sensazione che alcuni progetti non siano del tutto centrati.

È, all'ascolto di Songs Without Words, il caso del trio Moonchild, nel quale Zorn funge solo da compositore, arrangiatore e direttore, lasciando a un trio di matrice noise composto da Mike Patton alla voce, Trevor Dunn al basso e Joey Baron alla batteria il compito di "incarnare" queste sua "canzoni".

Se è innegabile che la componente heavy e noise ha sempre giocato un ruolo centrale nella complessa architettura zorniana, l'impressione che si ha da subito è che le undici composizioni del disco - esito, spiega lo stesso Zorn di una combinazione di rituale/compositivo, magico/improvvisativo su un corpo e una pratica rock - non dicano nulla di particolarmente interessante né sulla musica stessa né su chi la fa.

I tre musicisti sono bravissimi, occorre dirlo? Patton come al solito geme, ansima, strilla, si contorce indemoniato; Dunn è una macchina scura e precisissima e Baron dà l'impressione di divertirsi un mondo a picchiare duro con la classe sovrumana di cui è dotato [che gli consente comunque delle sfumature timbrico/ritmiche preziosissime anche nel marasma]. Ma, appunto, occorreva questo disco per dirlo?

Che a Zorn interessino tali pratiche sonore, anche questo si sapeva ed è stato sviluppato in progetti e dischi ben più significativi: qui si rischia di annoiarsi prima ancora di giungere a metà disco, il fattore "trasgressivo" è piuttosto limitato e quindi troviamo anche limitato quel palesamento [per contrasto] dei canoni dell'accettabilità estetica cui la trasgressione stessa si rapporta.

E non è che i nomi di Edgar Varése, Antonin Artaud e dell'immancabile Aleister Crowley, che fungono da numi tutelari e dedicatari dell'operazione, riescano a donare un senso maggiore alla musica. Un senso la musica ce l'ha, intendiamoci, e chiaro e ottimamente costruito. Quello che manca è una chiave di interesse che dia anche a chi abitualmente non si imbottisce le orecchie [sullo stereo di casa per di più] di black-metal o grind-noise un motivo per comprare il disco.

Se proprio vi va qualcosa di forte, rivolgersi allo splendido Human Animal dei Wolf Eyes [da noi recensito].

Track Listing

01. Hellfire; 02. Ghosts Of Telema; 03. Abraxas; 04. Possession; 05. Caligula; 06. 616; 07. Equinox; 08. Moonchild; 09. Le Part Maudit; 10. The Summoning; 11. Sorceress

Personnel

Mike Patton (voce); Trevor Dunn (basso); Joey Baron (batteria); John Zorn (composizione, arrangiamento, direzione)

Album information

Title: Songs Without Words | Year Released: 2007


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