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Roy Campbell - Other Dimension project
ByEccoci ancora una volta al Sunset, questa piccola cave (cantina) nel cuore di Parigi, stipati nel caldo su seggiole e minuscole poltroncine per goderci l’esibizione di Roy Campbell e del suo progetto Other Dimension, che lo vede in compagnia di Daniel Carter ai sassofoni, e della potentissima sezione ritmica composta da William Parker e Hamid Drake.
Il gruppo del trombettista americano si produce per due serate nell’ambito del JVC Jazz Festival, coll’obiettivo di registrare i concerti per una futura pubblicazione discografica. E, almeno a giudicare dalla seconda serata della quale siamo stati testimoni, dovremo sicuramente correre a procurarci i CD in questione per poter rivivere i magici suoni proposti da questo grande quartetto.
La serata, o meglio la nottata, si articola in tre set di un’ora abbondante ciascuno, ognuno dei quali formato da un’unica suite di brani che fluiscono uno nell’altro senza soluzione di continuità, e senza alcuna barriera tra le parti completamente improvvisate e i passaggi predefiniti.
Il primo set ci rapisce in un fiume nervoso e intenso di una musica per funanmboli, nel quale i quattro musicisti si rincorrono a vicenda in un continuo scoppiettio di idee e di trovate, senza un attimo di distrazione apparente.
Restiamo impressionati dal livello di intensità mantenuto per piu di un’ora, senza pause e senza alcun cedimento, con Campbell che alterna pocket trumpet, flicorno e tromba, Carter spesso al flauto e al clarinetto, Drake, gigante a piedi scalzi su scena che macina ritmi e controtempi, sostenuto impeccabilmente dall’espressivo contrabbasso di Parker.
Il secondo set inizia coi musicisti alle prese con una strumentazione prettamente etnica: pifferi e flauto indiano, bouzuki, tamburelli e percussioni varie, che evocano aromi di Rajasthan e di incantatori di serpenti. Ci si ricorda del Phaorah Sanders dei primi anni ’70, e passando per un bell’assolo con l’arco di Parker si giunge ad un crescendo potentissimo, con Carter che vocalizza e ulula prima di riprendere il sax per un finale che si avvicina al furore mistico della migliore musica etiope.
E ormai l’una e trenta quando inizia il terzo set, con un bel duo di flauti portati dal vigoroso walking bass di Parker. I musicisti sono tutt’altro che stanchi e senza nessun cedimento di tono portano a termine quest’ultima parte mentre l’orologio segnala che sono quasi le tre del mattino. Stanchi ma più che soddisfatti riemergiamo alla superficie, nelle strade oramai deserte del centro di Parigi ....
Foto di Claudio Casanova
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