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Ches Smith’s We All Break: Path of Seven Colors

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Ches Smith’s We All Break: Path of Seven Colors
Il fatto che da qualche anno la produzione discografica non sia più nelle strette mani delle multinazionali sta man mano aprendo infinite possibilità per gli artisti più creativi e, quantomeno in questo caso, ai nomi collegabili all'avanguardia. Oramai la situazione è chiarissima per i fruitori della stessa (in breve, a noi ascoltatori).

Si brindi dunque e innanzitutto alla pianista-compositrice canadese Kris Davis che ha fondato la Pyroclastic Records nel 2016 (al tempo per trovare sbocco alle sue registrazioni Duopoly e Octopus, con Craig Taborn) ma con in testa l'obiettivo di far crescere l'etichetta in una fiorente piattaforma per servire artisti all'avanguardia. Supportando i loro sforzi creativi, la Pyroclastic sostiene e promuove perciò artisti emergenti e affermati come Benoit Delbecq, Mary Halvorson, Sylvie Courvoisier o Sara Schoenbeck sfidando le etichette di genere convenzionali. La Davis con la sua Pyroclastic cerca di far crescere una comunità creativa, fornendo opportunità, sostenendo la diversità e l'arte propriamente non commerciale.

Alzato il cappello per cotanta intelligente arte produttiva, lo si alzi ora anche per Ches Smith, vale a dire uno dei migliori batteristi "pensanti ed intelligenti" della musica contemporanea, sin qui innanzitutto apprezzatissimo e ricercatissimo quale sideman dal gotha del jazz odierno ma ora titolare di un interessante progetto chiamato "We All Break" che, grazie al lavoro della Davis, diventa ora uno splendido lavoro discografico doppio (vedremo poi il perché) e pubblicato con un ricco packaging.

Sin da molto giovane, una delle passioni più intense di Ches è la musica Voudou di Haiti. In italiano sarebbe più corretto tradurre il termine con Vudù ma, in questa sede, preferiamo lasciare la scrittura nella tradizionale versione creola.

Come insegnano le enciclopedie, il Vodou haitiano è una religione africana diasporica che si sviluppò gradualmente ad Haiti tra il XVI e il XIX secolo. È sorta attraverso un processo di sincretismo tra le religioni tradizionali dell'Africa occidentale e la forma cattolica romana del cristianesimo. Gli aderenti sono conosciuti come vodouisti (francese: vodouisants [vodwizɑ̃]) o "servitori degli spiriti" (creolo haitiano: sèvitè). Non esiste un'autorità centrale che controlla il Vodou, che è organizzato attraverso gruppi autonomi. Ovvio che dietro ad una religione si dipani una serie infinita di realtà collegabili alla stessa. Comprese le danze tipiche e, ovviamente, la musica.

Il progetto di Smith fonde in We All Break classici elementi dell'Haitian Vodou e jazz contemporaneo in un lavoro che è stato intitolato Path of Seven Colors.

La registrazione e un film di accompagnamento girato per la regia di Mimi Chakarova trasmettono l'estrema connessione sinergica della band e un alchemico mix di forme musicali davvero inusuale che, per certi versi, avrebbe potuto in passato essere una pietra miliare del catalogo "Le chant du monde," una delle invenzioni migliori della cultura francese del secolo scorso.

Molte volte nelle classiche recensioni di materiali jazzistici si viene a citare anche involontariamente come in una grande forma d'arte quale appunto la musica afroamericana si vengano a combinare elementi culturali storici e forme artistiche dotate di architetture avanguardiste. Il tutto per creare qualcosa di assolutamente nuovo e dannatamente importante. Path of Seven Colors è una delle migliori esemplificazioni di questo concetto.

Il lavoro, con la sua notevole fusione di musica tradizionale Haitian Vodou con composizioni e improvvisazioni d'avanguardia, offre otto tracce rivoluzionarie eseguite da un eterogeneo ottetto di musicisti di grande bravura. Accanto al leader del progetto ci sono il pianista Matt Mitchell, il sassofonista Miguel Zenon, il bassista Nick Dunston, la vocalist Sirene Dantor Rene e i "maestri del drumming" Daniel Brevil, Markus Schwartz e Fanfan Jean-Guy Rene. Con un quartetto che è giusto evidenziare come originale formato da Smith, Mitchell, Brevil e Schwartz, nel 2015 venne pubblicato un We All Break, che poi divenne il nome del progetto, e che viene riproposto con molta intelligenza da Kris Davis nel nuovo lavoro in ottetto come "bonus disc" aggiunto. Il "break" in We All Break si riferisce alla parola creola haitiana (kase) che indica un'improvvisa alterazione, o pausa, nella musica introdotta dal batterista principale. Proprio attorno a questo concetto si dipana il senso di tutto il progetto. Più o meno vent'anni fa a Smith venne chiesto di accompagnare ritmicamente una scuola di danza haitiana. Di quella esperienza, Smith racconta: "Ne sono rimasto impressionato, probabilmente perché le cose centrali nelle varie musiche che suono—poliritmia, politonalità, improvvisazione, consapevolezza timbrica estesa, tensione e rilascio, aggressività e potenza incanalata, e soprattutto sorpresa—le ho ritrovate in questa forma tradizionale..." "e tutti questi elementi come la struttura di una canzone lead/chorus, le relazioni politonali tra i cantanti e i tamburi, le conversazioni tra i tamburi, e i kase ("pause"), volevo che fossero al centro di ogni pezzo. Un ritmo tradizionale sarebbe il fondamento di ogni composizione, mentre le associazioni spirituali, politiche e visive di quel ritmo potrebbero funzionare come pozzi profondi di informazioni e sentimenti, facendo leva sul lavoro in una nuova dimensione."

I brani sono tutti "profondamente" originali nel senso che su magari piccoli estratti di cori tradizionali haitiani, è stata intessuta materia musicale pensata creativamente ad hoc. Il risultato è semplicemente straordinario per l'importanza innovativa calata in un contemporaneo dove è sempre più difficile trovare strade che non siano già state battute. Ma, attenzione: non è davvero "furba" o in qualche modo "commerciale" l'idea che sta alla base di tanta materia. E, proprio per questo, la risultante è infinitamente bella e pura.

Dice Smith: "Una sensazione quasi misteriosa ci ha accompagnato per tutto il tempo. Se posso permettermi una piccola speculazione: se nel Vodou l'invisibile diventa visibile, qui, forse, l'inudibile diventa udibile."

In breve, un mondo illimitato di percussioni immense, un pianoforte propulsivo, una voce evocativa, un basso ritmico ipercorretto e un sax (Zenon) che ricorda i grandi insegnamenti dell'amico di sempre di Ches, Tim Berne. Improvvisazione e melodia che più melodia non si può uniti e ibridizzati in un lavoro davvero raro che -a questi livelli di qualità -non è davvero mai stato nemmeno immaginato prima.

Album della settimana.

Track Listing


2015: An Opening; Reds; Country Line; Dagger; Ibo; Notions of Purity; Six A.M.
2021: Woule Pou Mwen; Here's The Light; Leaves Arrive; Women of Iron; Lord of Healing; Raw Urbane; Path of Seven Colors; The Vulgar Cycle.

Personnel

Album information

Title: Path of Seven Colors | Year Released: 2021 | Record Label: Pyroclastic Records


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