Micah Thomas: Mountains

La prima traccia di Mountains, "Life," potrebbe suggerire un equivoco di fondo: un bel disco di jazz elegante, sgargiante nei colori, brillante nell'alternanza tra incedere orchestrale e voci individuali. Ma invece è solo l'incipit di un'opera ad alto tasso dialettico, che offre talmente tante soluzioni da frastornare.

Micah Thomas (28 anni, ricordiamolo) ha già tutta la storia del jazz—e non solo—sotto le sue dita. E' un altro tra i numerosi pianisti e pianiste in grado di sintetizzare ogni elemento del discorso musicale, e di farlo con lucidità, pur lasciando ampio spazio al rischio.

Al secondo minuto in "Life," Thomas sfodera un solo da lasciare incantati, tracciando linee che uniscono Hancock a Taylor, Bley a Mehldau, senza alcuna sudditanza, anzi, imponendo una personalità fuori dal comune. E d'altra parte, accanto a questa musica di sintesi, Thomas frequenta i territori ultra-free della giovane Zoh Amba, libero di sperimentare senza pregiudizi di sorta.

Ciò che colpisce di più, in Mountains, è la perizia architettonica nella scrittura per un settetto che davvero sembra una big band, avvicinandosi in questo a certe pratiche di George Russell o Gil Evans. Il disco è stato registrato dal vivo in due serate al Jazz Gallery di New York, mentre sembra il frutto di sedute meticolose in studio, tanto è sofisticato e stratificato nella sua concezione.

Dopo "Processing" e "Lament" -che contiene un altro intervento di pianoforte sbalorditivo, oltre a tracce di Mingus negli arrangiamenti -, in "Libre" il gruppo spiazza ancor più con un accostamento paradossale tra una "parade" in stile New Orleans e una rarefazione free vicino al silenzio, che sembra riprendere molti degli interrogativi estetici della AACM di Chicago.

In questa pluralità di accenti non mancano le perplessità di chi ascolta e si chiede se ci sia una vera direzione coerente: ebbene questa "confusione" di stili non è mai giustapposizione forzata, ma il risultato di un pensiero ben consapevole e maturo, che apre a Thomas traiettorie future ricche di sfide. I solisti sono all'altezza, certo, dagli strepitosi Immanuel Wilkins al contralto e Adam O'Farrill alla tromba, fino ai meno noti Caleb Smith al trombone e Kweku Sumbry alla batteria e le luminose presenze femminili, con Nicole Glover al sax tenore e Kanoa Mendenhall al contrabbasso. Un disco da riascoltare—tutto intero e senza distrazioni—più e più volte.

Album della settimana.

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