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Medeski, Martin & Wood
ByUnica data italiana nell'ambito di un breve tour europeo, l'esibizione romana è stata la più recente delle non frequenti apparizioni nel nostro paese del trio Medeski, Martin & Wood, che ha da poco festeggiato i 20 anni di attività. La loro musica, che ripropone la formula tastiere-basso-batteria aggiornandola ai ritmi del groove e riscoprendo i suoni delle tastiere elettroniche (in particolare dell'organo Hammond B-3), è un fuoco di fila di idee che prendono spunto da jazz, funk, rock, hip-hop, dub, elettronica mescolando il tutto in un mix abilmente presentato, quasi completamente basato sul ritmo, forse non troppo sofisticato a livello strutturale, ma sicuramente efficace.
Difficile non rimanere coinvolti da una loro esibizione live; le ripetizioni ritmiche insistite provocano quasi uno stato di trance nell'ascoltatore, che una volta agganciato è trascinato su e giù per le scorribande sonore del trio come su di un ottovolante. John Medeski è il protagonista assoluto, l'offiziante di questo rituale, circondato dalle tastiere (piano elettrico e acustico, sintetizzatore e naturalmente l'immancabile organo Hammond) che artiglia frequentemente con rapide zampate. Lo assecondano i due compagni, il batterista Billy Martin e il bassista Chris Wood, che alterna lo strumento acustico a quello elettrico.
Il set comincia con una lunga improvvisazione, e continua quasi senza interruzioni (la prima pausa arriva solo dopo oltre un'ora) alternando temi vecchi e nuovi e citazioni (a un certo punto compare anche la mingusiana "Nostalgia in Times Square"), giocando con la tensione continuamente allentata e rilasciata a tenere in pugno la platea. Anche se il primo piano è occupato stabilmente dal tastierista, non bisogna però sottovalutare il contributo dei ritmi; se è vero che il loro spazio solistico è più limitato, purtuttavia sono loro le vere colonne portanti della musica del trio, che forma un tutto unico mostrando una coesione assoluta tra i musicisti, a livello simbiotico.
I puristi criticheranno l'eccessiva semplicità delle strutture armoniche, la dilatazione degli assoli, i furbeschi ammiccamenti alle frange più epidermiche del pubblico, l'incapacità di perseguire una vera evoluzione musicale senza adagiarsi nella stessa formula; ma per chi si lascia andare abbandonandosi liberamente al flusso musicale il trio MMW ancora oggi rappresenta indubbiamente un'esperienza d'ascolto con pochi eguali.
Foto, di repertorio, di Emiliano Neri.
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