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Martin Taylor Solo

Parco della Musica - Roma - 13.04.2012

Nell'ambito della rassegna dedicata a musicisti che si esibiscono in solitudine è toccato al chitarrista inglese Martin Taylor il compito di mostrare ciò che sa fare con il suo strumento in assenza di accompagnamento. Lanciato alla fine degli anni '70 dal violinista Stephane Grappelli, nel cui gruppo di allora contribuiva a tenere vivo il ricordo di Django Reinhardt, Taylor prese ben presto l'abitudine a suonare in solo per sopperire alla mancanza di ingaggi quando l'anziano violinista era costretto a cancellare gli impegni concertistici per motivi di salute. Lo stile strumentale sviluppato in conseguenza a questa scelta risentiva necessariamente dell'influenza dei grandi chitarristi che l'avevano preceduto su questa strada, particolarmente George Van Eps, Jim Hall e Barney Kessel. Si può dire che Taylor abbia preso il meglio di tutti questi grandi maestri, coniugando armonizzazioni complesse e raffinate con un gusto melodico impeccabile e un senso dello swing e del ritmo inappuntabile, attraverso l'uso di una tecnica fingerstyle che ha pochi eguali sulla scena attuale.

Se ne è avuta piena conferma dal concerto tenuto presso il Teatro Studio dell'Auditorium romano; tutti i brani hanno dimostrato la sua grande abilità nello sfruttare al massimo le possibilità armoniche dello strumento, con arrangiamenti pianistici (un altro dei suo riferimenti, citato anche nel corso della serata, è il grande Art Tatum, cui dedica un brano di 'stride guitar') che ne esaltano la tecnica, ma senza mai rinunciare all'espressività. Si sono così succeduti diversi standard, come le classicissime "I Fall in Love Too Easily," "Stella by Starlight," "They Can't Take That Away from Me," "I Got Rhythm," e "Georgia on my Mind" concessa come bis, intercalati da alcune composizioni originali (tra cui va segnalata la delicata ballad "True"), una canzone moderna come "Don't Know Why" di Jesse Harris (che vanta famose interpretazioni anche da parte di Norah Jones e Pat Metheny) e altri brani qua e là conditi da sapori latini (jazz-samba e caraibici).

Un concerto particolarmente apprezzabile dai chitarristi, per l'esibizione virtuosistica di altissimo livello tecnico (in alcuni momenti sembra di sentire suonare due chitarre e un basso!), ma ricca anche di contenuti musicali fruibili da tutti, anche se bisogna dire che chi ama la ricerca e la sperimentazione sarà rimasto deluso; d'altra parte Taylor è sempre stato un musicista chiaramente ancorato alla tradizione, e sarebbe sbagliato attendersi da lui qualcosa di diverso.

Foto di Marcel Dubois.

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