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Keith Jarrett Standards Trio
Anche questo Luglio, come ormai consuetudine già da qualche anno, Keith Jarrett si è concesso alle platee europee con un breve tour (9 date) dell'acclamatissimo Standards Trio, che il prossimo anno festeggerà il trentennale di attività. Particolarmente favoriti gli spettatori italiani, con ben quattro concerti in programma (Genova, Torino, Bari e Roma) contro gli uno ciascuno di Austria, Francia, Germania, Svizzera e Turchia. Negli ultimi anni non sono mancate le occasioni di ascoltare dal vivo uno dei gruppi più importanti del jazz moderno, guidato da uno dei massimi esponenti del pianismo contemporaneo.
Le aspettative sono sempre alte quando si tratta di Jarrett, anche se la formula di questo particolare progetto musicale basato sugli standard che lo accompagna dal 1983 non lascia spazio a grandi sorprese. Chi va ad ascoltare un concerto del trio Jarrett/Peacock/DeJohnette sa già in generale cosa aspettarsi, anche se la prevedibilità degli sviluppi nulla toglie al piacere dell'ascolto; le differenze da serata a serata stanno di solito nei brani in scaletta, nel numero di bis, nelle eventuali intemperanze nei confronti del pubblico, e soprattutto nell'ispirazione più o meno sentita del momento. Le cronache degli ultimi tour (e le registrazioni scambiate tra gli appassionati) sembrano suggerire che una certa routine abbia preso il sopravvento sulla voglia di suonare che ha sempre caratterizzato la musica del trio fino a tempi abbastanza recenti, e le serate veramente memorabili, meritevoli di pubblicazione discografica, diventano via via più rare. Eppure, la levatura artistica del personaggio è tale da far ancora scattare quasi a ogni concerto quella magia che il pubblico si aspetta dal Trio. Può accadere in qualsiasi momento: nell'introduzione solistica al brano, nell'esposizione del tema, nel decollo dell'improvvisazione, nell'interazione tra i partner sottolineata da sguardi d'intesa; può durare poche note, o interi chorus, ma quando succede l'ascoltatore viene inevitabilmente rapito e trasportato verso l'infinito.
Anche il concerto di Roma non è stato privo di questi momenti, cui la semplice cronaca non riesce a rendere giustizia. Come descrivere l'ardita scomposizione del tema di 'Summertime,' le brillanti improvvisazioni sul tema di 'You Took Advantage of Me' e 'Autumn Leaves,' l'impeccabile interplay in "Somewhere," il bop trascinante di "Butch and Butch," il blues suadente di "Things Ain't What They Used to Be," il brivido conseguente all'ennesima riproposizione di "When I Fall in Love," come primo di tre bis (seguito da "G Blues" e "I Thought About You")? Tutte emozioni purissime trasmesse dalla musica del trio di Jarrett, uno dei rari musicisti in grado di esibirsi molto spesso ad alti livelli in concerti per i quali il termine evento non rappresenta un'esagerazione.
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