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John Renbourn
ByPersonalità leggendaria tra gli appassionati della chitarra fingerstyle, esempio, modello e mentore per numerosi chitarristi di primo piano, il sessantacinquenne John Renbourn non poteva non approdare a Six Bars Jail, che da circa tre anni organizza seminari e concerti per chitarra acustica a Firenze e che già da tempo cercava di averlo nella sua programmazione.
Visto il livello dell'evento, la piccola sala presso il circolo di Serpiolle era gremita e i biglietti esauriti da giorni. Il concerto si è sviluppato lungo due set - il primo di circa quaranta minuti, il secondo di quasi un'ora - nel corso dei quali Renbourn ha proposto un repertorio incentrato su ballate folk della tradizione inglese, con escursioni nel country e nel blues - che del folk britannico sono in certa misura i discendenti. Tutto quanto, però, reso unitario dal suo marchio di fabbrica: l'esecuzione minuziosamente elaborata, condotta con una straordinaria e agile naturalezza, che gli permette di fondere gli stili e di arricchirli con influenze eclettiche, sovente richiamanti la musica medioevale.
Rispetto ad alcuni suoi più giovani colleghi, Renbourn è forse più vincolato a un repertorio - che peraltro è il suo, o quantomeno quello che lui stesso, attivo fin dagli anni '60, ha fondamentalmente contribuito a creare - e fa un uso meno pirotecnico di artifici tecnici - rari i pizzicati con la mano sinistra, assente l'uso percussivo "a tastiera" dello strumento, tipico di un Forcione o di un Carroll. In compenso, però, Renbourn è più preciso e sofisticato nel fraseggio sulle singole corde (con guadagno sulla pulizia e la bellezza dei suoni), sfrutta il frequente uso di tempi lenti per far risaltare le improvvise accelerazioni e gli stacchi lapidari e, inoltre, non è solo un virtuoso della chitarra ma anche un cantante vero, capace di interpretare i testi con grande espressività. E, proprio per questo, circa la metà dei brani presentati erano cantati.
Il risultato è stato un concerto dalle atmosfere molto intime, che senza retorica si potrebbe definire intriso di poesia, e certo né banale, né "rituale" (rischi sempre in agguato quando sono di scena delle "leggende"), di fronte a un pubblico di esperti appassionati, commossi sì, ma anche attenti e tutti intenti, nell'intervallo, a scambiarsi opinioni di ascolto.
E qui meriterebbe aprire una riflessione più ampia su un fenomeno - quello di Six Bars Jail - che raccoglie con regolarità un pubblico ampio per concerti tutto sommato "di nicchia," senza un robusto apparato promozionale alle spalle e per giunta in un luogo, Serpiolle, tutt'altro che centrale. Tutto ciò in una città nella quale - così come accade un po' dovunque - il pubblico dei concerti è da alcuni anni in costante calo, tanto da mettere in crisi la sopravvivenza di club e rassegne storiche. Merito della chitarra - strumento che ha certo più di altri un ampio numero di appassionati esecutori "dilettanti" - o merito invece proprio del modo atipico e "informale" di organizzare gli eventi e diffonderne la notizia? Visto lo stato delle cose, forse una risposta all'interrogativo potrebbe essere utile.
Foto di Lara Ruffle
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