Home » Articoli » Lyrics » Intervista all'Icarus Ensemble. Conversazione con Marco ...

1

Intervista all'Icarus Ensemble. Conversazione con Marco Pedrazzini.

By

Sign in to view read count
L'Icarus Ensemble nasce a metà degli anni Ottanta e si caratterizza fin dall'inizio per la sua spiccata attività concertistica. Tra le collaborazioni si segnalano quelle con i registi Yoshi Oida (2003) per la realizzazione dell'opera Alex Langer di Verrando, con Daniele Abbado (2004) per l'opera The Rape of Lucretia di Britten e per Miracolo a Milano di Giorgio Battistelli, con Franco Ripa di Meana per Il tempo sospeso del volo, con Francesco Micheli per Fidelio Off (2009), con l'artista Christian Boltanski (2005) per l'installazione Tant que nous sommes vivants, con Lorenzo Mijares per De Cachetito Raspado di Trigos, con gli studi Agon, Fabrica (Benetton), con Otolab (Sincronie 2004, 2005, Chew-Z 2006 e Rec 2006 e tutti i concerti legati al progetto "Prove di volo") con Luca Scarzella (Lips, Eyes, Bang di Francesconi e The Rape of Lucretia di Britten), con Roberto Paci Dalò e i Giardini Pensili per lo spettacolo Organo Magico Organo Laico, con David Ryan, oltre che con gli attori John De Leo, Michele De Marchi, Ivana Monti. Le ultime produzioni hanno incluso esponenti della scena elettronica e post techno internazionale quali Staalplaat Soundsystem (Olanda), Pan Sonic (Finlandia), Matmos (USA), Andi Toma dei Mouse on Mars (Germania).

L'intervista che segue è stata condotta con Marco Pedrazzini.

All About Jazz Italia: Hai/Avete voglia di raccontare ai lettori di All About Jazz come, dove e quando si è formato il vostro Ensemble?

Icarus Ensemble: Il duo pianistico Musicarara formato da Marco Pedrazzini e Kumi Uchimoto esisteva già dal 1994. Ad esso si sono poi aggiunti inizialmente Giovanni Mareggini (flauto), Mirco Ghirardini (clarinetto) e Alessandro Ferrari (violino). Successivamente si sono uniti anche Paolo Ghidoni ed Elisabetta Branca (sostituita da Nicola Baroni e poi da Giorgio Casati) al violoncello. La voce è stata una componente importante per noi, utilizzata sin dal primo concerto, e spesso è tornata nei programmi successivi.

AAJ: Come e perché del nome che avete scelto.

I.E.: Il nome è stato un vero problema. Quando abbiamo dovuto scegliere come chiamarci per la stampa all'interno del primo festival che ci ha ospitato (Nuove Sincronie di Milano) ho passato tantissimo tempo a chiedermi che nome scegliere. Alla fine, ho optato per Icarus Ensemble ispirandomi al titolo dell'omonima illustrazione di Matisse. L'opera di Matisse fa parte del nostro logo.

AAJ: I presupposti che vi hanno portato a unirvi sono gli stessi sui quali ancora oggi basate il vostro legame?

I.E.: Difficile dirlo perché 17 anni sono tanti. Eravamo giovani e con molta voglia di fare esperienze. Devo dire che alla fine le abbiamo fatte, con concerti in quattro continenti e un ensemble giovanile che speriamo sia l'eredità che lasciamo. Icarus Junior è un progetto di cui andiamo molto fieri. Si è esibito, oltre che in alcuni festival italiani, anche a San Francisco, alla Biennale di Zagabria, in Egitto (Opera House del Cairo e di Alessandria d'Egitto) e in Francia.

AAJ: Per quanto riguarda il repertorio, come lo scegliete e come lavorate per l'esecuzione... magari potreste raccontarlo a partire dalle scelte fatte per "una musica plurale"...

I.E.: Devo dire che quasi sempre è il repertorio che sceglie noi. Abbiamo avuto collaborazioni particolari con alcuni compositori, in particolare Fausto Romitelli, Giorgio Battistelli e Riccardo Nova, oltre a diversi compositori sudamericani. Queste collaborazioni sono continuate negli anni ma di alcune siamo esecutori nel senso più stretto della parola. In particolare come residenti del Teatro di Reggio Emilia abbiamo realizzato diversi lavori, soprattutto nel campo del teatro musicale, che la direzione artistica del Teatro ha deciso di fare. Anche se non sono scelte nostre, sono state esperienze importanti che hanno finito con il caratterizzarci. Certo sentiamo la mancanza di una stagione interamente nostra, che ci farebbe fare delle scelte più decise sul campo della poetica, ma non possiamo certo lamentarci.

AAJ: Che cosa vi interessa maggiormente mettere in luce della musica del Novecento? Quali sono gli aspetti sui quali voi come Ensemble ritenete di dover maggiormente lavorare?

I.E.: Del Novecento ci interessa tutto!! Quando possiamo, lavoriamo volentieri e con entusiasmo sulla parte storica, quella che arriva grossomodo alla seconda guerra mondiale. Il nostro repertorio è però incentrato sulla contemporaneità perché la maggior parte della musica che eseguiamo è scritta per noi e in anni recentissimi. Tre le opere posso segnalare le esecuzioni di Verrando, Alex Brucke Langer, di Trigos, Mis dos cabezas piensan peor que una, di Nicola Sani, Il tempo sospeso del volo, di Giorgio Battistelli, Miracolo a Milano, di Casale, Conversazione con Chomsky e la prossima, Faust di Silvia Colasanti.

AAJ: Cosa significa per voi improvvisare? L'improvvisazione è una pratica del vostro fare musica insieme? Nel caso, come avviene e quanto peso ha nel vostro lavoro?

I.E.: L'improvvisazione fa parte del nostro vivere la musica. Tra noi vi sono elementi maggiormente dotati di altri per l'improvvisazione come Mirco Ghirardini (guardatelo sui video youtube segnalati in calce), Giovanni Mareggini o Simone Beneventi, ma risulta comunque una pratica che abbiamo cercato di coltivare. Posso fare alcuni esempi: abbiamo lavorato sulle pittografie di Bussotti ed in generale sulle opere aperte degli anni '60; abbiamo realizzato video a partire dagli anni '90 su cui abbiamo improvvisato secondo "linee guida" scelte da noi. Tra le ultime cose Nasdaq Voices di Fabio Cifariello Ciardi che mandava gli impulsi della borsa ad un programma (Max) che li traduceva in suoni ed in campi armonici su cui alcuni di noi improvvisavano [per leggere un approfondimento clicca qui]. Il progetto è stato realizzato due volte lo scorso anno, da noi in apertura e da Uri Caine in chiusura. Altre esperienze riguardano delle jam sessions assieme a gruppi della scena rock reggiana o il festival Gaida a Vilnius con un video di Martinenfabrik.

AAJ: Essendo All About Jazz una rivista dedicata al jazz, quanto pensate il vostro lavoro abbia a che fare con questo genere? Che cosa vi interessa in particolare del jazz?

I.E.: Con il jazz abbiamo pochi contatti e non per scelta. Abbiamo realizzato due CD di Giorgio Gaslini che però non si collocano nel campo specifico jazzistico. Abbiamo avuto l'idea, poi realizzata da altri, di commissionare a compositori la rielaborazione di standard classici ma non se ne è fatto nulla. Abbiamo anche cercato di far lavorare il nostro ensemble junior con un jazzista reggiano ma ci sono state interferenze con il progetto che ne hanno impedito la realizzazione...

AAJ: Portate avanti un lavoro teorico (letture, discussioni sulla metodologia, studi o ricerche, seminar) a livello di Ensemble oppure la formazione e la ricerca sono un percorso individuale da condividere solo in un secondo momento insieme?

I.E.: Ci è capitato di partecipare a seminari sulla contemporaneità in situazioni diversissime (sull'uso del video in Giappone, sulla musica italiana in Irlanda...), ma sono interventi che mancano di organicità.

AAJ: Nei vostri concerti eseguite autori contemporanei, ma anche pezzi vostri. Come costruite un concerto e attorno a quali aspetti puntate maggiormente?

I.E.: Capita di rado di fare musica nostra, gli esempi sono quelli sopra legati all'improvvisazione o al video. È più facile che si crei una situazione di tipo installativo, senza necessariamente la presenza di strumentisti dal vivo ma con musiche nostre. È successo quando abbiamo avuto uno spazio interessante in gestione. Per il futuro si vedrà. In genere sui concerti siamo piuttosto vari: si va dalla monografia (Romitelli, Cage, Murail, Levinas), al concerto con autori storici, al concerto dedicato a particolari poetiche o gruppi di compositori legati tra loro come nel caso di Romitelli, Nova, Viel e Verrando.

AAJ: Il pubblico è importante? E in che forma, dimensione, misura...?

I.E.: Il pubblico è sempre importante. Ahimè è sempre minore soprattutto quando suoniamo in patria. Sembra che la gente preferisca lo svago all'impegno di un ascolto. Credo che anche gli organizzatori tendano sempre più a valutare la qualità di un evento in base al numero delle birre vendute...

AAJ: Che rapporto avete con le case discografiche, ed in particolare con Stradivarius per cui incidete da tempo?

I.E.: Le case discografiche in genere ci commissionano dei progetti, ma è successo che venissero prese anche nostre proposte, come nel caso di Musica Plurale, anche se quasi sempre veniamo chiamati per realizzare un progetto prestabilito. Il disco di Romitelli non siamo neanche riusciti a pubblicarlo, nonostante ci fosse stato commissionato da una casa editrice che vanta un certo nome e che è risultata morosa anche in un'altra occasione. Tieni presente che questi dischi hanno pochissimo mercato, niente di paragonabile alla musica leggera.

AAJ: Dal punto di vista economico, come avete provveduto fino ad ora a finanziare i vostri progetti? Quali margini di autonomia avete rispetto a chi/coloro che vi sovvenziona/no?

I.E.: Non abbiamo sovvenzioni se non in casi rarissimi. Per questa ragione sempre più spesso i nostri progetti sono esecuzioni commissionate. L'eccezione è rappresentata da alcuni finanziamenti regionali e di enti privati al nostro progetto junior per una tournee statunitense e per la Biennale di Zagabria. In passato ci è stato sovvenzionato qualche viaggio come nel caso del Messico, dell'Argentina, del Giappone, dell'Azerbaijan, dell'Inghilterra...

AAJ: Pensi che ci sia una politica in Italia attenta agli Ensemble e/o su cosa dovrebbe sostenere realtà come la vostra la politica (locale, nazionale?)?

I.E.: Questo che tocchi è un tasto dolentissimo. La musica contemporanea è ignorata, quando non addirittura ostacolata, come nel caso di alcuni enti locali che si proclamano contrari alle attività di nicchia. Faccio un esempio. Noi suoniamo spesso all'estero e ci confrontiamo con alcuni tra i maggiori ensemble europei: chiedendo compensi esattamente dimezzati rispetto a questi costiamo di più a causa della mancanza di interventi della nazione d'origine. Cioè se noi chiediamo 4500 euro costiamo quella cifra mentre un famoso ensemble straniero che ne chiede 9000 costa 3000 perché il resto viene coperto da stato d'origine o enti locali. In tutta Europa poi le sponsorizzazioni alla cultura sono defiscalizzate. L'inciviltà e la incultura della nostra classe politica (senza distinzioni perché da 0,5 a 0 il risultato non cambia di molto) stanno affossando la ricerca artistica nazionale. Direi che la differenza non è fra destra o sinistra, ma fra essere italiano o essere stranieri. Se poi aggiungiamo l'esterofilia di molti direttori artistici nazionali...

AAJ: Mi interessa approfondire la vostra collaborazione con l'artista Christian Boltanski per l'installazione Tant que nous sommes vivants. Mi pare un progetto del tutto peculiare nel vostro percorso...

I.E.: È stato un progetto molto bello che ci è stato proposto dal direttore artistico dei Teatri di Reggio, Daniele Abbado. Il lavoro di Boltanski sulla memoria ha molti punti di contatto con il recupero di alcuni momenti del passato anche recente che ci riguardano. Abbiamo la sensazione che la contemporaneità si bruci nel momento in cui vive, per cui la scomparsa di un autore spesso ne decreta la scomparsa dal repertorio. Noi vorremmo lavorare perché il processo si rovesci e gli autori del passato più recente, anche del Novecento storico, soprattutto italiano, non divengano personaggi anonimi ma continuino a vivere nella musica che ci hanno lasciato.

AAJ: Quanto è importante la dimensione elettronica nel vostro percorso e per le vostre sonorità? Avete lavorato con Staalplaat Soundsystem, Pan Sonic, Matmos. Cosa vi hanno lasciato in eredità queste collaborazioni?

I.E.: L'elettronica ci è naturalmente molto vicina. Diciamo che ultimamente lavoriamo più amplificati che acustici. Inoltre, il mondo della sperimentazione elettronica sotto tutte le sue forme, ci è molto familiare. Dall'interattività audio/video ai live electronics alla nostra collaborazione continuativa con un centro di ricerca francese, il CIRM di Nizza, l'elettronica fa parte del nostro linguaggio quotidiano. In Italia abbiamo in passato collaborato con alcune realtà significative come Agon o Fabrica e con esponenti storici quali Alvise Vidolin.

AAJ: Avete una notevole esperienza di sud America per concerti fatti e collaborazioni avute. È a oggi ancora una scena musicale che vi interessa e con la quale avete contatti?

I.E.: I contatti non sono mai venuti meno. In autunno a Nizza eseguiremo 3 lavori di autori messicani quali Arturo Fuentes, Javier Torres Maldonado e Ana Lara. Dal 1994 la musica sudamericana è diventata una costante.

AAJ: Per chiudere, cosa ne pensate del teatro musicale.

I.E.: Forse perché siamo nati in terre verdiane, forse perché di opera ci siamo nutriti sin dall'infanzia, quando ci capita di lavorare con il teatro musicale ci troviamo a casa. La prossima produzione sarà per la Settimana Musicale Chigiana, il Faust di Silvia Colasanti insieme al Teatro dell'Elfo di Milano. Ma teatro musicale significa per noi anche tutti quei lavori con una multimedialità molto spinta, come nel caso di Lips Eyes Bang di Francesconi. Faust sarà per noi credo la tredicesima opera realizzata.

Foto di Andrea Messana (la prima e la terza) e Paoli Ielli (la seconda e la quarta).


< Previous
A Fresh Take

Comments

Tags


For the Love of Jazz
Get the Jazz Near You newsletter All About Jazz has been a pillar of jazz since 1995, championing it as an art form and, more importantly, supporting the musicians who create it. Our enduring commitment has made "AAJ" one of the most culturally important websites of its kind, read by hundreds of thousands of fans, musicians and industry figures every month.

You Can Help
To expand our coverage even further and develop new means to foster jazz discovery and connectivity we need your help. You can become a sustaining member for a modest $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination will vastly improve your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.

More

Jazz article: The 4th of July
Jazz article: Sassy from SuperBlue

Popular

Get more of a good thing!

Our weekly newsletter highlights our top stories, our special offers, and upcoming jazz events near you.