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Intervista al Freon Ensemble. Conversazione con Stefano Cardi.

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Due parole introduttive. Il Freon Ensemble è stato fondato a Roma nel 1993 da Stefano Cardi, che abbiamo qui intervistato. Il Freon debuttato in una stagione di eventi dedicati alla nuova musica, in collaborazione con la Scuola Popolare di Musica di Testaccio nel luogo che ha ispirato il nome dell'ensemble: un ambiente frigorifero dell'ex-mattatoio del quartiere Testaccio di Roma. Progressivamente è diventato uno tra i più attivi ed originali sulla scena italiana, proponendo un repertorio molto ampio che va dal novecento storico alle più recenti composizioni. Nelle nuove produzioni, spesso ispirate ad una tematica originale e alla ricerca di innovative forme di spettacolarità, viene realizzato un lavoro d'équipe tra interpreti ed autori, anche mediante l'apporto di contributi artistici e tecnologici.

L'intervista che segue è stata condotta con Stefano Cardi attuale direttore del Freon Ensemble.

All About Jazz: Iniziamo dalla domanda meno banale. Che cos'è un ensemble?

Freon Ensemble: Il termine ha acquistato l'accezione attuale firca 50 anni fa, quando è stato così utilizzato da gruppi di musicisti che sceglievano di suonare insieme con o senza un leader e che condividevano una scelta di repertorio ed un modo di suonare meno formale sia nella ricerca sia sul palcoscenico.

AAJ: Avete voglia di raccontare come, quando e dove si è formato il vostro Ensemble?

F.E.: Dal 1984 presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio (SPTM) di Roma, dove già insegnavo chitarra, ho iniziato a tenere corsi di musica da camera. Nel tempo questi corsi si sono focalizzati sul '900. Nel 1993 si era ormai consolidato un gruppo di lavoro vivace e curioso che sfociò nel Freon Ensemble. Lo stesso anno la SPMT aveva iniziato un'attività nella sale motore del frigorifero dell'Ex-Mattatoio di Testaccio che diventarono naturalmente lo scenario per il debutto di Freon con una stagione ricca di eventi dedicati alla Nuova Musica dove ha proposto concerti monografici, esecuzioni di nuove opere, conferenze, nuove tecnologie.

AAJ: Come e perché del nome che avete scelto.

F.E.: Appunto dal gas refrigeratore Freon!

AAJ: Per quanto riguarda il repertorio, come lo scegliete e come lavorate per l'esecuzione?

F.E.: La stagione all'Ex-Mattatoio ruotava attorno ad un ciclo di concerti monografici, spesso con la presenza degli stessi autori: Sciarrino, Pennisi, Clementi, Reich, Scelsi, Takemitsu, Feldman, Kurtag. Per quanto possibile, abbiamo mantenuto l'idea del ritratto anche quando, in seguito, abbiamo sviluppato programmi con più autori ai quali avevamo chiesto di lavorare su un'unica idea tematica, come ad esempio nel 1995-96 nel progetto VariationsKreisel (dal nome della trottola per la percezione cromatica inventata da Musil) dedicato al tema dei colori.

AAJ: Che cosa vi interessa maggiormente mettere in luce della musica del Novecento? Quali sono gli aspetti sui quali voi come Ensemble ritenete di dover maggiormente lavorare?

F.E.: Accanto all'idea della monografia, utile per penetrare il linguaggio di singoli autori, ci siamo trovati a lavorare a qualcosa di totalmente contrastante, un forte interesse per repertori e storie musicali contemporanee di stile e radice culturale molto diversa, ma soprattutto si è sviluppata una passione nel giocare a mescolarle, sia presentandole una accanto all'altra, sia proponendo un'interazione fra loro. Mi interessa molto del secolo scorso la cultura del "contrasto" e del "frammento," per questo spesso combiniamo programmi con molti pezzi diversissimi fra loro e che durano solo una manciata di minuti.

AAJ: Cosa significa per voi improvvisare? L'improvvisazione è una pratica del vostro fare musica insieme? Nel caso, come avviene e quanto peso ha nel vostro lavoro?

F.E.: Credo che il termine improvvisazione sia oggi diventato ambiguo e ne andrebbe specificato il senso e in questa sede sarebbe un discorso troppo lungo. Provo a spiegarmi brevemente almeno su alcuni aspetti del problema.

Passando in rassegna in ordine cronologico alcune forme improvvisative tipiche di musicisti e di stili musicali, abbiamo un'idea più ampia del termine improvvisazione: dall'interprete della musica barocca che secondo la prassi dell'epoca improvvisava un intera parte su una linea di basso correlata da poche indicazioni numeriche al virtuoso romantico (Liszt per esempio) che improvvisava su temi suggeriti dal pubblico; dai musicisti del blues e della prima fase del jazz che sperimentavano soluzioni melodiche e di emissione su giri armonici circolari, ai grandi jazzisti fautori dello sviluppo della tecnica vocale, strumentale, e delle grandi esplorazioni armoniche attorno alle canzoni americane divenute poi standard; dal fenomeno dell'alea pura nella musica contemporanea, fenomeno interessante ma che non ha avuto sviluppo, all'alea "controllata" che invece si è diffusa maggiormente ed è stata adottata anche da musicisti apparentemente interessati solo alla composizione totalmente "organizzata".

Questo mondo dell'estemporaneo ha viaggiato parallelamente alla ricerca minuziosa della scrittura definita nei massimi dettagli, una ricerca iniziata con Beethoven e mai finita e vi si è affiancato in maniera fruttuosa spesso sdrammatizzando il senso dell'opera d'arte "chiusa".

Credo che un musicista interessato a portare avanti ancora oggi la pratica dell'improvvisazione debba relazionarsi con la sua storia e con queste passate esperienze, per riuscire ad esprimersi con un linguaggio interessante e contemporaneamente lasciarsi un margine di estemporaneità. È un mondo a sé stante ed una pratica molto complessa alla quale non ci siamo mai avvicinati se non per gioco...

AAJ: ...per quanto riguarda l'elettronica?

F.E.: È un mondo fantastico ed in parte inesplorato. Ma richiederebbe, per essere adeguatamente indagato, che un ensemble fosse dotato di adeguati spazi e supporti tecnologici. Di conseguenza, non potendo nel nostro paese usufruire di un sostegno istituzionale per tali spazi adibiti alla ricerca musicale, l'impiego di elettronica nei nostri concerti è sporadico.

AAJ: A proposito, come avete lavorato su Out of a Dark Sea di Huck Hodge per ensemble e computer playback?

F.E.: In quel caso, e come spesso accade oggi per evitare quasi inevitabili incidenti nell'uso del live electronics, la parte elettronica era indipendente ed eseguita dall'autore stesso, quindi l'interazione tra l'ensemble ed il computer è arrivata al pubblico, ma non era un gioco concertato dal vivo.

AAJ: Essendo All About Jazz una rivista dedicata al jazz, quanto pensate il vostro lavoro abbia a che fare con questo genere? Che cosa vi interessa in particolare del jazz?

F.E.: Qui sono più tradizionalista e rimango legato agli anni '40 e '50, anche se alcune espressioni del Free Jazz sono state importanti. Mi piacciono poi isolati grandi personaggi contemporanei, non si può non stimare Keith Jarrett ad esempio. Quello che invece capisco meno è perché giovani musicisti siano attratti così spesso dalla riproposizione di schemi e stili che hanno fatto il loro tempo.

AAJ: Portate avanti un lavoro teorico (letture, discussioni sulla metodologia, studi o ricerche, seminari) a livello di Ensemble oppure la formazione e la ricerca sono un percorso individuale da condividere solo in un secondo momento insieme?

F.E.: A volte è avvenuto. Ad esempio lavorando con gli autori è normale avere momenti in cui il gruppo ed il compositore debbano "spiegarsi" su premessa (partitura scritta) e risultato (esecuzione dal vivo). Inoltre il contatto con la Scuola di Testaccio ha mantenuto vivo il tema della formazione e del confronto.

AAJ: Qual è il campo di ricerca musicale imprescindibile per un ensemble che si occupa di musica contemporanea?

F.E.: Più che un campo di ricerca è uno spirito, quello che alimenta la curiosità e la voglia di continuare a studiare.

AAJ: Lavorate anche per fare formazione ai giovani? È importante e in quale misura il coinvolgimento delle istituzioni (conservatori, scuole musicali ect.)?

F.E.: Oltre alla Scuola di Testaccio, abbiamo contatti con il Conservatorio di Roma, ma anche con quello di Ferrara, dove insegno, e dove ho creato un'Area per la Musica Contemporanea, che interagisce in molte occasioni con Freon.

AAJ: Il pubblico è importante? E in che forma, dimensione, misura?

F.E.: Il pubblico è importante ma non è tutto. Se ragioniamo con i numeri delle presenze e del gradimento da parte degli spettatori di un concerto di musica contemporanea, dovremmo alzare bandiera bianca. Ma se analizziamo la situazione di educazione musicale italiana e sugli spazi che i media dedicano a Cultura e Formazione non possiamo non trarre le conseguenze e spiegarci quindi molte cose.

AAJ: Vi appoggiate ad una casa discografica? Ne avete fondata una vostra?

F.E.: Abbiamo collaborato con Rai Trade e Stradivarius.

AAJ: Dal punto di vista economico, come avete provveduto fino ad ora a finanziare i vostri progetti? Quali margini di autonomia avete rispetto a chi/coloro che vi sovvenziona/no?

F.E.: Nel caso di committenze da parte di stagioni e festival l'autonomia è molto ridotta, veniamo coinvolti come esecutori di un progetto ideato dalla loro direzione artistica. Quando lavoriamo con il supporto di istituzioni ed associazioni invece riusciamo ad esprimere una nostra idea di cultura musicale.

AAJ: Pensi che ci sia una politica in Italia attenta agli Ensemble e/o su cosa dovrebbe sostenere realtà come la vostra la politica (locale, nazionale)?

F.E.: Da dove dovrebbe arrivare il sostegno, dal Ministero, non arriva nulla di specifico, vengono sovvenzionati stagioni e festival ma non gruppi o solisti né autori. Questa lacuna è un concetto già assai dibattuto nel mondo della musica, soprattutto contemporanea, e nonostante ci posizioni assai indietro rispetto alla politica culturale-musicale della maggior parte dei paesi europei, non sembra preoccupare le istituzioni, ma solo i musicisti...

AAJ: Un ensemble è un archivio di memoria storica musicale oppure, diversamente, lavora sul vivo della musica intervenendo nella quotidianità in tempo reale?

F.E.: Entrambe le cose. Esiste un archivio di eventi che cerchiamo di tenere aggiornato nel nostro sito web, ma questa stessa memoria non è che il frutto di una sollecitazione verso autori ed artisti nostri compagni di strada.

AAJ: Un ricordo di Aldo Clementi. Cosa lascia in eredità questo straordinario compositore?

F.E.: Una grande coscienza della difficoltà di espressione per un artista contemporaneo. Clementi da anni aveva deciso di "usare" prevalentemente materiale musicale, piccoli frammenti, di autori del passato, in parte un'ammissione di "rinuncia" ad esprimere qualcosa di totalmente nuovo. In realtà le sue scelte lo hanno reso originale, la fusione nella sua musica di scrittura contrappuntistica e ombre del passato, ci hanno lasciato brani che suonano solo come Aldo Clementi.

AAJ: Un'ultima domanda riguarda Napoli, città in cui vivo. Voi avete fatto quest'anno una iniziativa per il Madre, La musica contemporanea per l'arte contemporanea. Volete raccontare qualcosa di più e dell'importanza che ha?

F.E.: Questo tipo di iniziative riassumono lo spirito con il quale operiamo negli ultimi anni e soprattutto come personalmente agisco da musicista fondendo con Freon altre esperienze, come la mia vita musicale presso il Conservatorio Frescobaldi di Ferrara e la Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Il Madre, con la sua crisi, e con i suoi bellissimi spazi, ha offerto un'occasione per mettere in atto in un luogo vivo le nostre idee sull'arte di oggi e sulla sua fruizione. In quel luogo abbiamo riportato l'esperienza romana di Atlante sonoro XXI, un contenitore eterogeneo di mondi sonori del XX e XXI secolo realizzata in collaborazione tra Freon e Scuola di Testaccio. Abbiamo occupato tutti gli spazi con la musica, compreso il bar, proponendo esecuzioni di brani che potessero rappresentare la vivacità ed eclettismo della nostra epoca, ma anche performance e spazi di improvvisazione. Spesso i musicisti si sono trovati a decidere sul momento, con chi e cosa suonare, improvvisando una sorta di quadri sonori che fossero attinenti agli spazi occupati.

Poi molto altro: lo spazio bambini con storie raccontate attraverso la musica, la sonorizzazione di film muti nel salotto del bar, i cortei dei cori che attraversavano il Madre, le letture dei poeti nell'attigua chiesa, col pubblico che girava loro intorno, ect... La Rai attraverso Radio3 ha seguito parzialmente la diretta e qualcosa è quindi arrivato anche nelle case.

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