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Intervista al dèdalo ensemble. Conversazione con Vittorio Parisi e Daniela Cima.

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dèdalo Ensemble è nato a Brescia nel 1991 e si presenta in varie formazioni cameristiche ricercando amalgami timbrici differenziati e talora estranei ai repertori più consueti. dèdalo è anche un'associazione, senza fini di lucro, nata a Brescia nel 1995 con lo scopo di diffondere la cultura musicale del nostro secolo e la creatività contemporanea. Da quel momento in città l'Associazione ha organizzato annualmente una rassegna dal titolo Sulle ali del Novecento, che gode del patrocinio della Regione Lombardia - Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, e degli Assessorati alla Cultura del Comune e della Provincia di Brescia. Sul territorio bresciano dèdalo Ensemble è l'unico organismo che si occupa del Novecento musicale in modo specifico e ne promuove la diffusione sia attraverso un proprio ensemble specializzato (che svolge attività concertistica anche presso altre Associazioni ed Enti italiani e stranieri) sia invitando ospiti qualificati.

L'intervista che segue è stata condotta con Vittorio Parisi, attuale direttore d'orchestra, e Daniela Cima, flautista.

All About Jazz: Avete voglia di raccontare come, quando e dove si è formato il vostro Ensemble?

dèdalo Ensemble: dèdalo, nato a Brescia alla fine degli anni Ottanta, era inizialmente un duo flauto-pianoforte formato dalla flautista Daniela Cima e dalla pianista Elena Pasotti. In seguito si è allargato fino a diventare un complesso da camera, coinvolgendo strumentisti che da tempo si dedicavano con passione competenza alla musica del Novecento e alle relative tecniche strumentali. Nella primavera del 1995 si è costituito in Associazione per avere anche la possibilità di affrontare un'attività organizzativa. Soci fondatori sono, oltre a Daniela ed Elena, Vittorio Parisi che dirige stabilmente il gruppo e ne cura la direzione artistica, il violoncellista Guido Boselli e il clarinettista Rocco Carbonara.

AAJ: Come e perché del nome che avete scelto.

D.E.: Il nome dèdalo fu scelto dal duo che inizialmente lo costituiva per richiamare i labirinti, o percorsi, della musica contemporanea e, anche, il concetto di volo e ricerca. La minuscola del nome è d'obbligo, in quanto caratterizza il logo creato dall'amico Giorgio Bertelli.

AAJ: I presupposti che vi hanno portato a unirvi sono gli stessi sui quali ancora oggi basate il vostro legame?

D.E.: Certamente sì. Sottolineiamo l'importanza di essere sempre, salvo rare eccezioni, le stesse persone: solo in questo modo si crea l'affiatamento necessario.

AAJ: Per quanto riguarda il repertorio, come lo scegliete e come lavorate per l'esecuzione... magari potete raccontarlo a partire da un progetto che avete realizzato che vi sta particolarmente a cuore.

D.E.: Cerchiamo di accostare il Novecento - sia quello comunemente definito "storico" sia quello successivo alla II guerra mondiale - alla musica del nuovo secolo. Per vari motivi scegliamo naturalmente i brani per il nostro organico, a volte con qualche strumentista aggiunto. Proviamo tutto il tempo necessario per arrivare a una interpretazione che sia il più possibile fedele alla partitura e al contempo in linea con le nostre idee analitico-interpretative. Siamo stati fra i pochissimi a proporre in Italia Le Marteau sans Maître di Boulez, esperienza di cui andiamo orgogliosi. Siamo anche molto legati alla musica di Camillo Togni, importante musicista dell'avanguardia storica vissuto a Brescia, e alla sua diffusione. Al musicista è dedicato il nostro Concorso Internazionale di Composizione, biennale.

AAJ: Che cosa vi interessa maggiormente mettere in luce della musica del Novecento? Quali sono gli aspetti sui quali voi come Ensemble ritenete di dover maggiormente lavorare?

D.E.: Il Novecento è forse il secolo musicale più ricco di espressioni artistico-musicali diverse. Noi lavoriamo per riuscire a sottolineare ed esprimere queste differenze e il loro singolo valore. Per formazione, siamo particolarmente legati alla tradizione della II Scuola viennese e alla Francia di inizio Novecento.

AAJ: Cosa significa per voi improvvisare? L'improvvisazione è una pratica del vostro fare musica insieme? Nel caso, come avviene e quanto peso ha nel vostro lavoro?

D.E.: L'improvvisazione non è per noi un peculiare spunto di lavoro, anche se le strutture aperte di alcune opere del secondo Novecento ci hanno posto di fronte a questo aspetto compositivo. Ma la vera improvvisazione, che pure ammiriamo, non fa parte della nostra formazione.

AAJ: ... e per quanto riguarda l'elettronica?

D.E.: Abbiamo lavorato in alcune occasioni con l'elettronica. In particolare, abbiamo avuto ospiti che hanno proposto musica elettronica all'interno della nostra stagione Sulle ali del Novecento.

AAJ: Essendo All About Jazz una rivista dedicata al jazz, quanto pensate il vostro lavoro abbia a che fare con questo genere? Che cosa vi interessa in particolare del jazz?

D.E.: Abbiamo moltissima ammirazione per i jazzisti e ci è capitato di ospitare in stagione musicisti come Danilo Rea e Gaetano Liguori. Tuttavia, il nostro lavoro si è incontrato con il jazz solo marginalmente, ad esempio quando autori di formazione classica hanno scritto musica vicina al jazz. Allo stesso modo abbiamo suonato brani di musicisti che hanno lavorato sul linguaggio popolare o proveniente da altre tradizioni geografiche. Non crediamo si possa fare tutto bene o, meglio ancora, lasciamo fare ai jazzisti quello che loro sanno fare splendidamente.

AAJ: Portate avanti un lavoro teorico (letture, discussioni sulla metodologia, studi o ricerche, seminari) a livello di Ensemble oppure la formazione e la ricerca sono un percorso individuale da condividere solo in un secondo momento insieme?

D.E.: Amiamo mettere in campo le nostre competenze in alcune situazioni che sono diventate stabili nella nostra attività istituzionale. Ad esempio, all'interno del Concorso di composizione intitolato a Camillo Togni, che ha visto dal 2000 a oggi sei edizioni, sono previsti Laboratori in cui si affiancano compositori ed esecutori e sono stati talvolta aperti al nostro pubblico. Ogni anno lavoriamo con una scuola superiore cercando di programmare opere che leghino la musica ad altre espressioni artistiche, in particolare poesia e letteratura. In margine al concorso abbiamo anche organizzato seminari, mostre e tavole rotonde che purtroppo la crisi non ci permette più.

AAJ: Qual è il campo di ricerca musicale imprescindibile per un ensemble che si occupa di musica contemporanea?

D.E.: Sicuramente l'aggiornamento sulle tecniche strumentali, un lavoro di ricerca che procede di pari passo con quello dei compositori che interpretiamo o che scrivono per noi e che ben si concretizza nei Laboratori da noi organizzati.

AAJ: Lavorate anche per fare formazione ai giovani? È importante e in quale misura il coinvolgimento delle istituzioni (conservatori, scuole musicali ect.)?

D.E.: La formazione dei giovani sarebbe un obbiettivo primario e ci piacerebbe in futuro organizzare corsi d'interpretazione sul nostro repertorio. Il coinvolgimento dei Conservatori e delle Scuole musicali sarebbe importantissimo, usiamo il condizionale perché non sempre i Conservatori recepiscono questa urgenza o hanno le strutture per realizzarla. Ogni anno comunque ospitiamo nella nostra stagione un diverso ensemble di musica contemporanea formatosi all'interno di un Conservatorio, per offrire uno spazio professionale ai giovani in un momento così difficile per il nostro lavoro.

AAJ: Nei vostri concerti eseguite autori contemporanei, ma anche pezzi vostri. Come costruite un concerto e attorno a quali aspetti puntate maggiormente?

D.E.: Non è in particolare questo il nostro caso, anche se abbiamo uno strumentista, il violoncellista Guido Boselli, che è anche un compositore conosciuto, e del quale suoniamo diversi pezzi: quello cui siamo più legati è il Quintetto "Col dèdalo, percorrendo una dedica," scritto per ricordare le nostre trasferte all'estero, nel quale ha pensato con affetto alle caratteristiche di ciascuno di noi. Ma in maggior parte noi siamo strumentisti e interpreti e lavoriamo per e con i compositori. A ciascuno il suo mestiere, anche per questo abbiamo un direttore che non è anche compositore. Programmando un concerto sono varie le esigenze che teniamo in considerazione, a parte quelle ovvie di organico. Tendenzialmente cerchiamo di unire musiche di tipo diverso che offrano differenti aspetti agli ascoltatori. Poi dipende dal pubblico al quale ci rivolgiamo di volta in volta. Cerchiamo di fare anche programmi misti, la ghettizzazione della musica più recente ha infatti allontanato il pubblico dalle sale.

AAJ: Il pubblico è importante? E in che forma, dimensione, misura...?

D.E.: Naturalmente tenere in considerazione il pubblico è molto importante poiché non bisogna dimenticare che un concerto di musica nuova - o anche misto fra Novecento e avanguardia - richieda da parte dello spettatore uno sforzo diverso. Per questa ragione i programmi devono essere vari, invitanti e non troppo lunghi. Abbiamo verificato anche come brevi guide all'ascolto, non troppo nozionistiche o tecniche ma neppure banali, funzionino egregiamente. Molto spesso veniamo ringraziati da persone che ci dicono di avere finalmente capito qualcosa, per loro importante è non sentirsi esclusi da discorsi troppo tecnici. Uno degli obbiettivi che abbiamo così raggiunto è quello di avere un pubblico eterogeneo che ci segue con interesse e fedeltà, e non è assolutamente formato in maggior parte da musicisti o addetti ai lavori.

AAJ: Vi appoggiate ad una casa discografica? Ne avete fondata una vostra?

D.E.: Abbiamo registrato un CD per la Stradivarius con musiche di Cesa, Cresta, Gentilucci e Vacchi che si intitola Rotte Sonore. Registriamo sempre in alta qualità in occasione delle finali del Concorso, che vengono trasmesse da Rai Radio 3. Registrazioni di nostri concerti sono sempre a disposizione per i Soci.

AAJ: Dal punto di vista economico, come avete provveduto fino ad ora a finanziare i vostri progetti? Quali margini di autonomia avete rispetto a chi/coloro che vi sovvenziona/no?

D.E.: Abbiamo vari tipi di finanziamento da Enti pubblici, Fondazioni e Privati, in aggiunta alle quote dei nostri Soci. Nessuno ci ha mai imposto nulla che riguardasse la programmazione. Solo dai nostri Soci ci è talvolta giunta richiesta di ascoltare determinati autori. In certi casi ci siamo riusciti, come quando abbiamo proposto un brano di Fausto Romitelli.

AAJ: Pensi che ci sia una politica in Italia attenta agli Ensemble e/o su cosa dovrebbe sostenere realtà come la vostra la politica (locale, nazionale?)?

D.E.: Questa è una domanda che già contiene la risposta. E' un discorso troppo lungo per essere affrontato qui. Non credo ci sia nessuno soddisfatto di come la politica lavori sulla musica in Italia, dal grande Ente Lirico, al più piccolo degli ensemble. Fortunatamente si trova qua e là qualche piccola eccezione.

AAJ: Un ensemble è un archivio di memoria storica musicale oppure, diversamente, lavora sul vivo della musica intervenendo nella quotidianità in tempo reale?

D.E.: Diciamo che è entrambe le cose.

AAJ: Vorrei approfondire il vostro lavoro "Rotte sonore" e i criteri con i quali avete scelto compositori come Vacchi, Cesa, Gentilucci, Cresta. Avete con loro un rapporto o una qualche consuetudine musicale?

D.E.: Abbiamo rapporti in particolare con i compositori che stimiamo e da qui la scelta per esempio di lavorare con Cresta e Cesa. Vacchi non ha bisogno di presentazioni, Armando Gentilucci era un compositore importante scomparso purtroppo molto presto e con cui alcuni di noi avevano collaborato per anni. Alla base di Rotte Sonore c'era comunque l'idea di fare qualcosa sul "viaggio". I titoli dei brani sono, al riguardo, emblematici.

AAJ: E l'idea di incidere un monografico su Giancarlo Facchinetti?

D.E.: Non abbiamo inciso un monografico di Giancarlo Facchinetti, primo nostro Socio Onorario, che ci ha solo chiesto di poter disporre di tre registrazioni live ora presenti in un cd. Non nascondiamo però che ci piacerebbe sempre incidere la musica di un compositore così singolarmente eclettico e con il quale c'è un forte rapporto di amicizia e stima.

AAJ: Come si lavora alle prime assolute? Collaborate con i compositori? Fate un lavoro di ricerca vostro?

D.E.: Generalmente il direttore dell'ensemble si mette in contatto con il compositore di un lavoro da eseguire in prima assoluta per ogni dubbio interpretativo che possa sorgere, ma si comincia a lavorare senza la presenza dell'autore. Troppo spesso i compositori rallentano, infatti, il ritmo di preparazione perché sono troppo preoccupati di quanto hanno scritto. Molto meglio che intervengano da un certo stadio in poi.

AAJ: Come è nata e si è sviluppata la vostra collaborazione con l'Union Nationale des Compositeurs e Société Francaise de Musique contemporaine?

D.E.: E' un rapporto che nacque con il compositore francese Jean-Louis Petit del quale abbiamo più volte eseguito le musiche.

AAJ: Quali sono i progetti sui quali state lavorando?

D.E.: Stiamo lavorando alla nostra prossima stagione di Sulle Ali del Novecento che è giunta alla XVII edizione e che si svolgerà da ottobre a dicembre, come sempre a Brescia. Successivamente cercheremo di organizzare la VII edizione del Concorso "...a Camillo Togni," il condizionale è come sempre d'obbligo perché il sostegno delle Istituzioni è fondamentale ma mai garantito su lunghe scadenze. Poi c'è l'attività del complesso all'esterno, nel 2012 suoneremo al Quirinale e ne siamo particolarmente felici perché il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha donato alla VI edizione del Concorso una Sua personale Targa di rappresentanza, gratificandoci di un onore che non ci aspettavamo. Suoneremo anche in Spagna al museo Guggenheim di Bilbao e in altri Paesi.

Foto di Antonio Candela (la prima e l'ultima).

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