Chicago Underground Duo: In Praise of Shadows

Il tempo [sono ormai dieci anni di carriera] ha allontanato geograficamente il duo dal "centro di gravità permanente" chicagoano: Rob Mazurek - che alla cornetta affianca ormai sempre più l'elettronica - passa molto del suo tempo in Brasile, mentre il percussionista Chad Taylor è molto attivo anche sulla scena newyorkese. Ma il ritorno ciclico all'unione primigenia è un'esigenza espressiva che suona quasi fisiologica per i due musicisti.

Ecco dunque In Praise of Shadows, disco registrato in quattro giorni, a testimonianza di un feeling ormai telepatico e della fiducia nella inscindibile collaborazione di John McEntire in post-produzione. Telepatia non è però sinonimo di territori acquisiti: i due dimostrano di avere voglia di continuare a esplorare, introducendo l'organo, aumentando l'armamentario di strumenti africani e asiatici, lavorando con la batteria accordata su sonorità più basse, lasciando che dalla consueta dinamica tra spazio e densità si aprano fratture da percorrere.

Un esempio su tutti la lunga ipnosi percussiva di "The Glass House", che si dilata - anche troppo si potrebbe malignare - come in un sogno sotterraneo tra Bali e Zanzibar, oppure "Pangea", che contrappone una modulazione di sonorità ronzanti e cupi grumi accordali alla leggerezza degli accenti dei piatti di Taylor.

Certo non mancano i momenti più "classici" come l'intenso dialogo di "Cities Without Citadels" o l'onirico attacco di "Falling Awake", ma è proprio dai momenti meno scontati - anche se mancanti in parte ancora di calibro e equilibri - che vengono le indicazioni più interessanti, come nella splendida "Funeral of Dreams", che è composizione in grado di sintetizzare al meglio le più recenti urgenze del duo.

Ancora una volta un disco del Chicago Underground Duo si rivela talismano dalle molte facce, in grado di evocare spiriti da un orizzonte sempre più largo, sempre emozionante e originale nel presentare i propri guizzi di libertà.

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