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Il tempo e il tramonto - Jay Jay Johnson
Il tempo è una cosa che passa e va. Poi si muore. Sono tanti e diversi i modi in cui si muore, ma alla fine poco conta, il risultato è sempre quello, identico.
C'era un trombonista che è vissuto a lungo. Da giovane, aveva cominciato a drogarsi per copiare Charlie Parker, ma capì che era una cosa da fessi e smise subito per seguire una vita regolare, piena di sport e alimentazione sana e con il cervello sempre in attività. Poi è morto anche lui. Ironia ha voluto che morisse malamente. Si è sparato un colpo alla tempia perché non sopportava più il dolore che gli veniva da un cancro. Era Jay Jay Johnson, il più grande trombonista del jazz. Ma attenzione! Nel caso di Jay Jay non è come quando si parla di altri grandi artisti che può sempre scappare a un critico dire il più grande e appare subito un'esagerazione perché ce ne sono altri in quel campo di grandi uguali. Dire il più grande per Jay Jay vuole dire davvero il più grande. Come per Louis Armstrong che è stato il più grande trombettista, Pablo Picasso il più grande pittore, Tazio Nuvolari il più grande automobilista, il generale Cadorna il più grande coglione.
Jay Jay ha vissuto a lungo, in salute, e poi gli è capitato questo male che l'ha costretto ad ammazzarsi. Se non era prima, sarebbe stato dopo, perché nessuno può evitare la morte, neanche chi mangia sano e pratica sport. Pensare che il tempo passa anche per chi pratica sport fa capire che la giustizia non appartiene a questo mondo: ciò mette molta tristezza. Ma tutto il concetto di tempo è venato di una sottile malinconia solo per il fatto che trascorre inesorabilmente. Nel nostro mondo occidentale lo si vorrebbe fermare a tutti i costi: visto che lo sport e il mangiare sano non servono, c'è chi ci prova con le creme di bellezza. Altri ci provano adeguandosi, così vanno veloci: abituandosi alla velocità in generale, arrivano a non rendersi conto della velocità del tempo, con lo scopo preciso di non pensare alla morte, addirittura di scamparla. A parte il fatto che il tempo se ne frega di questi giochetti intellettuali del cazzo e passa veloce lo stesso, va a finire che questi asini con addosso la frenesia della velocità si schiantano in macchina contro un albero perché cercano di raggiungere il più velocemente possibile l'ufficio. L'unico risultato del loro cercare di non pensare alla morte è che sono morti prima.
Jay Jay però non era di quelli che andavano in fretta. Lui andava piano. La sua vita era lenta e piena di riposi. Ogni tanto spariva dalla circolazione e andava a rintanarsi con la moglie nella sua casa di Indianapolis a non fare un bel tubo di niente, se non qualche salutare passeggiata e qualche esercizio al trombone. Quest'ozio però, in ogni momento, lo induceva a pensare alla morte: pensieri che cercava di allontanare facendo qualche arrangiamento per Starsky & Hutch; morte che cercava di allontanare con una bella vita regolare. Questo lo aveva portato a diventare maniaco degli orari. Si alzava sempre alla stessa ora; faceva colazione sempre alla stessa ora; passeggiava sempre a quell'ora e per tanti minuti; si allenava al trombone sempre dalla tal ora alla talaltra; pranzava sempre alla stessa ora; cagava, pisciava, cenava, si lavava, faceva l'amore e andava a dormire sempre alle stesse ore. Jay Jay di continuo guardava l'orologio: ne aveva cinque da polso e la casa piena di pendoli e sveglie. Ancora una volta l'uomo occidentale ha inventato un aggeggio che è stato come tirarsi la zappa sui piedi tanto che la causa della maggior parte dei malanni dell'epoca moderna si può dire derivata dall'orologio e Jay Jay era ben lontano dall'averlo capito, anche se i suoi antenati erano africani, gente che con gli orologi non andava molto d'accordo.
Uno dei grossi problemi che hanno avuto i colonizzatori è stato proprio l'impossibilità di far capire agli africani come si facesse ad usare un orologio, così non poterono costruire fabbriche in Africa perché nessuno andava a lavorare all'ora giusta. Uno arrivava alle nove, un altro alle dieci e con le fabbriche ci vuole organizzazione: bisogna che tutti timbrino il cartellino alla stessa ora. Per questo i colonizzatori sono stati costretti a portare gli schiavi in America e non è che ci abbiano guadagnato molto: hanno dovuto allestire delle navi, assoldare loschi figuri che andassero a raccattare quei neri impauriti, sfamarli durante il viaggio, vestirli prima che scendessero sulle coste americane per non scandalizzare le puritane con quei cosi bestiali che gli penzolavano fra le gambe, costruire per loro delle casette di legno in cui potessero abitare. Sono soldi! Si dice schiavisti qui e schiavisti là, ma non è che ci avessero molto guadagnato, gli schiavisti, a portare gli schiavi in America. Per non parlare del fatto che i negri non solo non erano abituati agli orologi, ma neanche a lavorare. Dei veri scansafatiche. Schienefredde.
Jay Jay avrebbe dovuto cacciare tutti i suoi orologi nel cesso e seguire il tempo come facevano i suoi antenati africani che non hanno nemmeno saputo inventare la clessidra: ma non perché erano poco intelligenti (la clessidra la usavano anche gli antichi egizi), ma perché non gli serviva. Del tempo, avevano proprio un'altra concezione!
Per capirlo, si può confrontare una stessa situazione in Europa e in Africa, per esempio un appuntamento amoroso.
In Europa se un uomo ha un appuntamento con una donna alle diciotto e trenta e arriva alle diciotto e trentuno, sono guai grossi. L'esatta misurazione del tempo ha portato la donna occidentale a pensare che per quei soli sessanta secondi di ritardo, cioè il tempo di bere un bicchiere d'acqua, l'uomo le abbia usato un tremendo sgarbo.
In Africa invece si è molto più vaghi e ne guadagna la salute. In Africa l'appuntamento può essere del tipo: ci vediamo vicino al baobab dello stagno al tramonto del sole. Ebbene, tutti noi sappiamo che il tramonto è lungo e neanche si può stabilire con esattezza quando comincia e quando finisce, senza contare che varia da giornata a giornata. Quindi l'uomo africano anche in caso di vistoso ritardo, per esempio quando è già buio pesto, può raccontare grosse balle giocando d'astuzia su un sacco di variabili, e farla franca.
Le donne africane sono diventate esperte ad intrecciare cestini di vimini aspettando il loro uomo che se la spassa sul far del tramonto a cacciare giraffe.
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