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Il Sessantotto di Aretha: Lady Soul - Aretha Now
ByUna giovane donna veniva così ad affiancare il vocalist per eccellenza del nascente orgoglio nero: James Brown. Da qualche mese il futuro "Godfather of Soul" aveva imposto nel rhythm & blues un nuovo stile, destrutturando la classica forma canzone a favore di un'infuocata e ossessiva struttura ritmica su cui gridava la rabbia e l'orgoglio afro-americano. Aretha fu più sfumata e operò su piani diversi (sociali e musicali) ma più d'ogni altra soul singer influenzò la musica popolare col suo canto intriso di fervore gospel, tecnicamente sbalorditivo, fantasioso e duttile. La cantante fu incoronata "The Queen of Soul," simbolo luminoso della comunità nera e delle rivolte che ancora infiammavano i ghetti.
Il titolo fu acquisito tutt'altro che metaforicamente: l'incoronazione ebbe luogo in una cerimonia officiata dal disc jockey Purvis Spann, durante un concerto della cantante a Chicago.
Grazie all'abile guida di Jerry Wexler, il grande produttore dell'Atlantic, nel 1968 la Franklin riuscì a conquistare anche il pubblico mondiale della pop music e del jazz, interpretando brani di grande impatto commerciale con uno stile vocale unico, vera erede di Dinah Washington.
Era stato proprio Wexler a far esplodere il potenziale della cantante, finora mal diretta da John Hammond, che l'aveva scoperta e portata alla Columbia nei sei anni precedenti. Dal punto di vista artistico Aretha nacque il 27 gennaio 1967, quando il produttore la portò a registrare, nei Fame Studios di Muscle Shoals, Alabama, lo straordinario I Never Loved a Man, the Way I Love You, permettendole d'evidenziare tutto il pathos che aveva assimilato nelle cerimonie della chiesa paterna. Nel giugno 1967, Wexler consolidò con l'incisione del secondo album Aretha Arrives una formula che si confermò devastante: la voce drammatica e tonante, da preacher, di Aretha veniva sostenuta dalla sezione ritmica di Muscle Shoals, dalla sezione fiati di King Curtis e da un coretto gospel, formato dalle Sweet Inspirations o dalle sorelle Erma e Carolyn. Fu un lavoro pregevole che anticipò i due capolavori dell'anno seguente: Aretha: Lady Soul e Aretha Now. Negli stessi mesi fu pubblicato il primo album live della cantante, Aretha in Paris, ripreso all'Olympia di Parigi 7 maggio 1968, nel pieno della rivolta studentesca francese.
Di qua e di là dell'Atlantico il mondo dei giovani era in fiamme e i dischi di Aretha divennero popolari. Gli studenti europei scelsero altri emblemi, prettamente rivoluzionari come Che Guevara, mentre i giovani americani fecero di "Respect" l'inno delle rispettive battaglie: per le femministe bianche il simbolo delle loro rivendicazioni, per la comunità afro-americana la richiesta di pari dignità.
Il brano è stato incluso dall'American Sociological Association tra i massimi "protest song" del XX° secolo: accanto a "We Shall Overcome," "Strange Fruit," "Say It Loud (I'm Black and I'm Proud)".
Aretha: Lady Soul
Registrato in varie session nel corso del 1967, Aretha: Lady Soul uscì negli USA il 22 gennaio 1968 raccogliendo anche successi pubblicati come singoli. Jerry Wexler aggiunse alla ritmica di Muscle Shoals (Jimmy Johnson alla chitarra ritmica, Spooner Oldham all'organo e tastiere, Roger Hawkins alla batteria) nomi di rilievo come i chitarristi Bobby Womack ed Eric Clapton. Il flautista Frank Wess e il trombettista Joe Newman integrarono la sezione fiati di King Curtis. Arif Mardin e Tom Dowd curarono gli arrangiamenti. La direzione orchestrale fu affidata a Ralph Burns. Come coriste restavano le Sweet Inspirations di Cissy Houston e le sorelle Franklin. Aretha cantava accompagnandosi al piano.
La scelta del repertorio non fu da meno: un mix di classici del soul scritti da Ray Charles ("Come Back Baby"), James Brown ("Money Won't Change You") e Curtis Mayfield ("People Get Ready") accanto a due brani di Aretha ed altri originals. Tra questi ricordiamo il ritmico gospel "Chain of Fools" scritto per lei da Don Covay e la ballad "(You Make Me Feel Like) A Natural Woman" composta dalla coppia Jerry Goffin-Carol King su un'idea dello stesso Wexler. Questi ultimi erano già usciti in due distinti 45 giri: diventarono grandi successi trainando poi le vendite dell'album. Una selezione di temi che spaziavano dal blues, al R&B, al pop ma venivano da Aretha totalmente reinventati in chiave gospel, caratterizzati in modo definitivo: brani generalmente brevi - poco più di due minuti - ma straordinariamente caratterizzati dal punto di vista melodico e ritmico. Ricordiamo ad esempio la splendida ballad "Ain't No Way" in cui jazz e gospel si fondono mirabilmente, il concitato "Since You've Been Gone (Sweet Sweet Baby)" con la svettante interpretazione di Aretha e il lento "Good to Me as I Am to You" con l'obbligato del ventiduenne Eric Clapton.
L'album conquistò un disco d'oro ed è considerato una pietra miliare della popular music. Per quanto possano valere tali classifiche, ricordiamo che la rivista "Time" l'ha collocato tra i cento migliori album di tutti i tempi.
Aretha Now
Quarto LP di Aretha per l'Atlantic, uscì il 14 giugno 1968, preceduto dal singolo "Think" (un successo di sei milioni di copie) firmato da Aretha col marito Ted White. Prodotto sempre da Jerry Wexler, l'album pubblicava in copertina una foto della Franklin stile "ragazza della porta accanto". Fu inciso in vari momenti negli studi Atlantic di New York: tre brani nel dicembre 1967 e gli altri dal 15 al 18 aprile. A parte Clapton, quasi tutti i musicisti di Aretha: Lady Soul vennero confermati. Tom Dowd e Arif Mardin scrissero ancora splendidi arrangiamenti, coniugando semplicità ed efficacia.
Il percorso musicale si apre con "Think," un testo di rivendicazione femminile nei confronti del proprio uomo, anche se il forte insistere sulla parola freedom, gli fece acquisire significati politici più ampi. Venne inciso il 15 aprile, stesso giorno dell'assassinio di Martin Luther King, un amico di famiglia per il cui funerale Aretha fu invitata a cantare. Seguivano alcune cover che la Franklin reinventò a tal punto da oscurare le versioni originali: "I Say a Little Prayer" era stata scritta da Bacharach e David nell'ottobre dell'anno precedente per Dionne Warwick, che ne vendette in due mesi un milione di copie. Come già era successo per "Respect," un iniziale successo di Otis Redding, Aretha non ebbe paura a reinciderlo (appena sei mesi dopo!), appropriandosene con una versione reinventata che vendette sette milioni di singoli.
Stesso discorso (anche se meno eclatante) va fatto per il blues "Night Time Is the Right Time" (successo di Ray Charles del 1959) e "You Send Me" (un hit pop di Sam Cooke del 1957). Soprattutto nel primo tema, ricco di brucianti call and response, Aretha offre un'interpretazione vibrante, aggiungendo un bell'intervento al pianoforte.
Tra i brani restanti spiccano l'appassionata versione di "I Can't See Myself Leaving You" di Ronnie Shannon, (l'autore del suo primo successo Atlantic), il gospel "Hello Sunshine" di King Curtis e la gemma "See Saw" di Steve Cropper e Don Covay, che merita qualche parola in più.
Un tema dalla concitazione palpabile, che inizia come un gospel e svela un volto funk, grazie al metallico obbligato di chitarra di Tommy Cogbill ed al glorioso arrangiamento di fiati.
Nel breve spazio tra l'incisione di questo disco e la sua pubblicazione, Aretha compì il primo tour europeo che toccò anche l'Italia con un concerto alla Bussola di Viareggio il 13 e 14 maggio (tre mesi dopo "Musica Jazz" la metterà in copertina). La sera del 7 era stata all'Olympia di Parigi. Accompagnata da un'orchestra diretta da Donald Townes e tre coriste (Wexler pronunciò sferzanti critiche) Aretha interpretò i successi del momento, offrendo eccitanti rielaborazioni di "Dr. Feelgood," "Chain of Fools," "Respect" e una delle prime versioni di "(I Can't Get No) Satisfaction". Parte del concerto fu pubblicato nell'album Aretha In Paris.
Come ha scritto Luciano Federighi "altre voci - da Lorraine Ellison a Betty Lavette, da Mavis Staples a Bettye Swann - hanno nello stesso periodo toccato i vertici emotivi del soul al femminile, ma nessuna ha saputo rappresentare l'ampiezza di registri e situazioni espressive con l'urgenza e la matura coerenza dell'Aretha venticinquenne o trentenne". In quello stesso periodo Lena Horne disse di lei: "E' un tesoro della cultura afroamericana. Spontanea, potente, esplosiva. La sua generosità mi fa piangere".
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