Dandy Dandie: Hypnos & Morphée

Classe 1974, bretone di Quimper, Alban Darche è musicista uso a muoversi nei contesti più disparati; così, subito dopo l'uscita dell'ultimo lavoro della sua Le Gros Cube #2, una big band nella quale spiccano le presenze di Jon Irabagon e Samuel Blaser, il sassofonista presenta—sempre per la Yolk, etichetta di cui è cofondatore —questo album alla testa di un quartetto dalla singolare composizione strumentale.

Accanto a lui, impegnato al solo sax tenore, troviamo infatti la pianista Nathalie Darche, il trombettista Geoffrey Tamisier e la voce di Chloé Cailleton a interpretare una serie di brani Verlaine, Baudelaire, Poe, Roethke e altri, tra i quali anche lo stesso Darche.

Stante anche la strumentazione il lavoro ha impianto cameristico, narrativo e a tratti sognante, ricordando momenti del classicismo novecentesco, arricchiti però dalla tradizione jazzistica. Tanto il pianoforte della Darche, fatto spesso di ostinati e ribattute, quanto il canto della Cailleton, etereo e sfumato, a momenti quasi sfuggente, si allacciano infatti alla musica colta europea, mentre il fraseggio del leader, pur cangiante e più melodico che swingante, vi immette elementi jazzistici, con eco timbriche ora di Coleman Hawkins, ora di Jan Garbarek. L'apporto della tromba di Geoffroy Tamisier è infine molto misurato, con screziature e brevi assoli soffusi, con qualche dialogo con il tenore di Darche, come al centro di "Madeline"

Lavoro alquanto singolare, colto ma non patinato, forse privo di acuti e che tuttavia vive della raffinatezza degli impasti timbrici e degli intrecci dei ben diversi approcci espressivi dei quattro protagonisti.

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