Miguel Zenón: Golden City

La musica contenuta in questo album trae spunto da una commissione ricevuta da Miguel Zenon per la composizione di una suite basata sulla storia di San Francisco e della Bay Area, evidenziando in particolare i contributi offerti da parte delle comunità giapponese, cinese, messicana e, ovviamente, afroamericana. Ne è nata così questa Golden City, presentata in anteprima al San Francisco Jazz Center nel 2022 e incisa poi a fine novembre dell'anno seguente.

Per l'occasione Zenón (portoricano, lo ricordiamo) ha riunito un nonetto forte di ben tre tromboni (compreso quello a pistoni suonato per l'occasione, accanto alla tromba, da Diego Urcola, argentino) e doppia percussione. La musica che ne vien fuori ha la verve, il colore, della musica latina, ma nel contempo il rigore della scrittura che tutto sa inglobare, equilibrare, pur lasciando ampio spazio all'estro dei vari solisti (a cominciare ovviamente dal leader stesso). Ciò determina un senso di solidità e compiutezza, di continuità proprio narrativa (come in fondo la commissione di cui sopra richiedeva, e forse pretendeva), in particolare in brani come "Rush," "9066," "Displacement and Erasure," "Wave of Change," "Sanctuary City," "Cultural Corridor" e "Golden" (in totale i movimenti sono undici).

L'occhio d'insieme che Zenón ha saputo gettare su tutti i sessantotto minuti dell'album, come detto, non è del resto in discussione, paradossalmente (ma neanche troppo) fino a determinare persino, qua e là, l'impressione di una soverchiante omogeneità climatica. Ciò a voler cercare proprio il pelo nell'uovo, perché l'opera, lo si sarà capito, è assolutamente godibile, felicemente concepita e condotta in porto.

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