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Girotto About Towner

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Javier Girotto, sassofonista argentino da tempo residente a Roma, è un personaggio ben noto sulla scena jazzistica nazionale (e in particolare della capitale), grazie soprattutto ai nove album incisi tra il 1994 e il 2006 con gli Aires Tango. La sua musica, intrisa di sapori legati alla sua terra di origine è un riuscito connubio di tango e jazz, espresso con calore e passione. Di recente, ha avviato una collaborazione con un altro illustre musicista romano di adozione, il chitarrista e pianista Ralph Towner, con il quale ha recentemente tenuto un riuscito concerto (clicca qui per leggerne la recensione) presso l'Auditorium di Roma.

Abbiamo avuto occasione di porgergli qualche domanda in merito a questo incontro inedito, per approfondirne alcuni aspetti.

All About Jazz: Quando hai conosciuto Ralph Towner, e come è nata l'idea della collaborazione tra di voi?

Javier Girotto: Ho conosciuto Ralph quando, in diverse occasioni, lui è venuto a vedere vari progetti miei. Piano piano, chiacchierando dopo quei concerti, mi ha chiesto "perchè non facciamo qualche cosa insieme?" Sinceramente per il rispetto e la stima che ho di lui io non avrei avuto mai il coraggio di chiederglielo, e cosi appena me lo ha chiesto non gli ho neanche fatto finire la frase, e gli ho detto "Si!". Sembravo un bambino al quale dici 'andiamo a Gardaland.' Ero felicissimo ed emozionato in quanto lui rappresenta uno dei miei miti che ascoltavo da adolescente in Argentina. Chi avrebbe mai immaginato di suonarci insieme!

AAJ: Quello di Roma è stato il primo concerto pubblico? Ne avete altri in programma?

J.G.: Si, è stato il primo concerto, penso ne avremo altri ma dopo l'estate. Visti gli impegni e viaggi di Ralph non si può fare prima.

AAJ: Quali sono i vostri programmi futuri insieme? Inciderete un album?

J.G.: Da parte mia farei quanto più possibile con lui. Ma dipende tutto dai suoi impegni.

AAJ: In passato hai già avuto diverse esperienze in duo. Come si differenzia dalle altre quella con Ralph?

J.G.: Nelle altre esperienze di duo suono molte composizioni mie, perchè penso al musicista e allo stile da affrontare, invece con Ralph visto che oltre ad essere un grande chitarrista è un ottimo compositore (e poiché io adoro il suo modo di scrivere) gli ho detto di fare solo brani suoi. Poiché con la esperienza che ho di suonare con chitarristi come Bebo Ferra, Quique Sinesi, ecc... ho capito che se il brano è scritto dal chitarrista, strumentalmente rende al massimo, perchè il pezzo quando nasce è già completo, e quindi l'aggiunta del sax può solo arricchire nel modo timbrico, ma il pezzo si potrebbe suonare già solo con la chitarra. Al contrario se il pezzo fosse mio, il chitarrista dovrebbe arrangiarlo per il suo strumento e ricercare le varie soluzioni di melodia e accordi, e quindi un ulteriore lavoro oltre a quello di provare insieme. Ma a me ha fatto molto piacere suonare soltanto i suoi pezzi che per metà ha scritto apposta per questo evento all'Auditorium.

AAJ: Che impressione ti fa trovarti a suonare con un mostro sacro come Ralph?

J.G.: Lo si è visto nel concerto, i primi 3 pezzi ero molto emozionato e quasi con paura di disturbare, poi il suo carisma e umiltà mi ha dato più confidenza, ma ti confesso che suonare la sua musica mi ha fatto lavorare in un altro modo, molto più intimista, come non avevo (credo) mai fatto prima. In poche parole, questa esperienza mi ha fatto scoprire un nuovo modo di suonare.

AAJ: Come avete impostato la collaborazione ?

J.G.: Visto che lui aveva scritto musica nuova per questa collaborazione, abbiamo fatto diversi giorni di prova per ricercare una sonorità.

AAJ: Ascoltando il concerto, mi ha colpito la complementarità nel vostro modo di porvi riguardo alla musica, Ralph con un'impostazione di matrice classica/europea, tu con un approccio più caldo tipicamente latino, entrambi uniti dal linguaggio comune del jazz. Questa combinazione è calcolata o nasce spontaneamente?

J.G.: Non avendo mai suonato insieme dal vivo, avendo fatto soltanto prove, credo che quello che è venuto (al di là dell'emozione) sia stato molto spontaneo.

AAJ: Quanta improvvisazione c'è nella vostra musica?

J.G.: Nel concetto jazzistico, c'era un tema da sviluppare e poi lo spazio per il solo, a volte abbiamo improvvisato insieme liberamente senza schemi, ma poi il resto è stato molto un improvvisare sulle strutture dei pezzi.

Foto di Claudio Casanova

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