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Giorgio Gaslini e Bruno Tommaso: Roma e Milano, epicentri del Sessantotto italiano
ByGiorgio Gaslini
Il movimento del '68, nato in un campus universitario di Los Angeles e subito amplificatosi in Europa con epicentro a Parigi, è arrivato come un'onda d'urto in Italia esattamente nei mesi di marzo-giugno con epicentro a Milano. Questo fermento di giovanissimi e di trentenni cominciava a manifestarsi e a organizzarsi specialmente nell'ambito dell'Università Statale di Milano, ma anche in manifestazioni di piazza, con la partecipazione di intellettuali che portavano la loro testimonianza di solidarietà, tra questi il poeta Salvatore Quasimodo.
Avendo cominciato il mio percorso artistico oltre vent'anni prima mi trovavo quindi, all'età di trentanove anni, non soltanto del tutto in sintonia con il movimento ma anche con una esperienza musicale e una popolarità consolidate. Misi tutto ciò al servizio della nuova idea prendendo di petto il mio pubblico al Teatro Lirico di Milano il 28 maggio 1968 quando a sorpresa annunciai al microfono che avremmo eseguito con la big band un mio lavoro in prima esecuzione: "Il Fiume Furore," dedicandolo esplicitamente al movimento studentesco. Fu un momento epocale, rintracciabile anche oggi sul disco live pubblicato dai Dischi del Sole che comprende anche gli altri miei brani del concerto: "Grido" e "Canto per i martiri negri".
Da lì, arrivarono poi i nostri concerti alla Statale di Milano occupata dove feci ascoltare in prima esecuzione la mia suite "Murales" e nel 1974 il "Concerto della Resistenza". Inoltre il segnale della Statale aveva acceso la miccia di un fuoco di rivolta studentesca in tutto il Paese.
Anni importanti di anelito al rinnovamento dei rapporti tra lavoro e cultura, tra operai e studenti. Un grande, nazionale, vento di libertà e di emancipazione socio-culturale. Non una rivoluzione, bensì una forte rivolta giovanile mai verificatasi in precedenza e che per la sua sintonia con movimenti analoghi in altri paesi del mondo acquistava un carattere planetario.
Con altri lavori andavo in tutta Italia a "cantare" quello straordinario periodo "epico"; titoli come "La terra urla" (1969), "Africa" (1969), "Fabbrica occupata" (1973), "Colloquio con Malcolm X" (1974), "Canti di popolo in jazz" (1975), "Concerto della libertà" (1975), "Universo donna" (1975). Ecco che la figura femminile emerge completamente rinnovata e potenziata proprio dal movimento del '68, il femminismo, una grande conquista.
L'influenza ideologica e di prassi del '68 è poi dilagata in tanti rivoli nella società italiana segnandola radicalmente più in profondità che in apparenza. Inoltre, come si è visto, fu proprio la musica dal vivo la vera colonna sonora di quel periodo, 1968 - 1976.
La nuova generazione scoprì, nel contatto diretto con gli artisti, la musica come vita scavalcando lo steccato dell'appropriazione "classista" della stessa nelle rituali sue organizzazioni concertistiche. Nacquero oltre duecento punti di ascolto autogestiti in tutta Italia nei quali abbiamo fatto ascoltare la nostra nuova musica.
Accanto alla "scoperta" dei classici, in particolare Bach, e alla rivelazione del canto popolare e del canzoniere politico, quella nuova generazione si riconobbe totalmente nel Jazz, nel suo forte carattere comunicante, nell'improvvisazione e nelle sue radici popolari afro-americane: il blues.
Ricordo il delirio di 10.000 giovani quando al festival Umbria Jazz nel 1973 feci ascoltare in quartetto il mio "Fabbrica occupata".
Insomma, il '68, una grande pagina della nostra storia e del nostro paese, di un libro che è ancora oggi tutto aperto e da scrivere.
Bruno Tommaso
Ho fatto il 68 e non me ne sono accorto.
Giulio Cesare venne ucciso il 15 marzo del 44 avanti Cristo, ma lui non lo sapeva, infatti spirò convinto di abbandonare le noiose faccende terrestri nel 709 dalla fondazione di Roma. Così, tanto per fare dei paragoni a dir poco impudenti, il sottoscritto visse il 1968 convinto di aver trascorso un anno qualsiasi, e solo parecchio tempo dopo qualcuno ben informato gli comunicò che si trattava di un anno speciale.
Ci sarebbe da aggiungere che, se escludiamo l'aperitivo di Valle Giulia, a mio modesto parere in Italia gli eventi più rilevanti, come ad esempio l'"autunno caldo," si svolsero almeno un anno dopo.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale dovremo seguire un doppio binario: fuori e dentro le mura del Conservatorio. All'epoca infatti, oltre che appassionato di jazz con spiccata simpatia per le forme più sperimentali, ero un ligio studente di contrabbasso classico e devo ammettere che all'interno del Conservatorio di Santa Cecilia trapelava assai poco della temperie barricadiera della contestazione studentesca liceale e universitaria, forse perché lo studio delle musica prevedeva (e prevede ancora) una forte componente individualistica, forse per la natura alquanto egoistica e miope di tanti aspiranti musicisti, forse per un indiscutibile e a volte inspiegabilmente timoroso rispetto verso una classe docente che era allora di elevata qualità almeno sul piano artistico e professionale.
Comunque si riuscì a partorire una fattispecie di comitato studentesco il cui indirizzo politico era semplicemente inesistente o, se preferite assai variegato (dal liberale al socialcomunista passando per il democristiano), ma che riuscì ad elaborare e proporre al Direttore Renato Fasano (che la saggezza di poi ha rivelato essere stato uno dei più illuminati tra quelli con cui abbia avuto a che vedere) delle concrete proposte di rinnovamento della didattica, tra cui un Corso Straordinario di Jazz che dopo lunghe trattative venne aperto nell'anno scolastico 1971/72 affidandolo al Maestro Giorgio Gaslini.
Per quanto riguarda invece il mondo musicale esterno in cui bazzicavo, devo dire che il '68 non introdusse grosse novità in quanto a ribellismi, satira verso il potere e rivendicazioni varie. Non era necessario: basti pensare che già dalla metà degli anni '60 ruotava intorno al Folkstudio di Roma una folta congerie di musicisti di varia esperienza, dal jazz alla canzone d'autore, passando attraverso lo spiritual, il country, la musica popolare, quella di ricerca e chi più ne ha più ne metta. Raro esempio quindi di punto di riferimento di artisti e uomini di spettacolo dai molteplici interessi, ma uniti nel rivendicare un ruolo diverso e non più ghettizzato per la cultura "altra".
Dal '68 in avanti (...un bel po' avanti, come dicevo nella premessa...) certamente si cominciò a sviluppare sistemi diversi di divulgazione della musica, con esiti di maggiore o minore successo, dai concerti autogestiti alla nascita delle scuole popolari, dalle cooperative di musicisti alle etichette discografiche indipendenti.
In quanto ai contenuti, il discorso è diverso, ma per fortuna (mia e vostra) non sono un sociologo e neanche un musicologo e quindi sono in grado solamente di testimoniare la mia personale esperienza. Nel caso dei moti studenteschi va osservato che essi fanno parte di quegli avvenimenti politici e culturali che non andrebbero ignorati da un uomo che viva con coscienza civile il proprio tempo; non necessariamente però devono costituire una fonte per la creazione poetica. Per esempio, scavando nella memoria, ho scoperto di aver scritto un brano ispirato ad un avvenimento del '68, "Belice Veduta Aerea," registrato poi con Mario Schiano & compagni nel disco Sud del 1972. La contestazione studentesca però, in questo caso non c'entra niente, poiché la composizione è una specie di cartolina che evoca l'atteggiamento degli onorevoli che, in seguito al disastroso sisma della Valle del Belice, si facevano un bel giretto in elicottero, scendevano pochi minuti a rassicurare i terremotati e se ne tornavano tranquillamente a Roma lasciando alle cosche locali il compito di sistemare le faccende.
Foto di Luciano Rossetti (la prima).
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