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Fire! Orchestra a MetJazz

Fire! Orchestra a MetJazz

Courtesy Simone Tofani

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Fire! Orchestra
Teatro Metastasio
MetJazz 2026 Anteprima
Prato
8 dicembre 2025

Dopo quasi un ventennio sotto la guida di Stefano Zenni, il festival pratese MetJazz cambia e assegna la direzione artistica a una coppia di grande esperienza quali sono Enrico Romero (FLOG e Firenze Jazz Festival, tra gli altri) e Giuseppe Vigna (per vent'anni al Musicus Concentus di Firenze). Quale programma stiano apparecchiando per gli appassionati della piana toscana lo vedremo a breve, ma un succulento assaggio è stato presentato lunedì 8 dicembre, quando nella sala del Teatro Metastasio è andata in scena la Fire! Orchestra, prestigiosa creatura del sassofonista baritono svedese Mats Gustafsson, che con il connazionale bassista elettrico Johan Berthling la modifica e ricrea in continuazione, approntando per lei sempre nuovi progetti musicali.

Stavolta il programma, inedito e in via di perfezionamento per l'approdo alla registrazione, s'intitolava Words e si avvaleva di un organico di diciotto elementi (oltre al regista del suono Mikael Werliin, che si sono disposti ad ampio arco attorno a Gustafsson, che dirigeva oltre a intervenire con il baritono, e a Berthling, che con la tuba di Heiða Karine Jóhannesdóttir faceva da pernio ritmico al continuo mutamento della massa sonora. Interessante il resto della disposizione: alle due ali del nucleo menzionato c'erano le batterie di Mariá Portugal e Mads Forsby; sulla sinistra (guardando il palco) la sezione d'archi composta dai violini di Anna Lindal e Anna Neubert e dal violoncello di Florian Walter, Emily Wittbrodt, Maria Trautmann, Julia Brüssel, ; sulla destra erano invece il chitarrista Julien Desprez e la cantante Sofia Jernberg; alle due estremità dell'orchestra Alexander Zethson a pianoforte e tastiere e Mariam Rezaei a giradischi ed elettronica; sullo sfondo, l'arco dei sei fiati, iniziando da sinistra con le trombe di Lina Allemano e Cosimo Boni (chiamato per l'occasione, causa l'assenza del titolare), il trombone di Mats Aleklint e i sassofoni di Mette Rasmussen, Anna Hogberg e Adia Vanheerentals.

Com'è subito evidente, una tavolozza timbrica impressionante, ancor più se si considerano le straordinarie doti vocali della Jernberg e il fatto che alla voce sono intervenuti anche la Portugal e Desprez, quest'ultimo in modo irruente ed espressionistico qual è il suo modo di interpretare la chitarra. Una ricchezza che tuttavia non è stata messa all'opera in modo anarchico o entusiastico, come spesso nello stile di Gustaffson e della Fire!, bensì sulla base di una musica molto scritta e ordinata, entro la quale l'orchestra si è spesso separata suonando per singole sezioni (i tre archi, le trombe, i sax), talvolta indipendentemente, talaltra con il supporto ritmico di basso, tuba e batteria, e operando con molta cura le transizioni.

Quanto ai contenuti, nel corso dell'ora e dieci di concerto ne sono stati utilizzati molti e di diverse ispirazioni: il trio d'archi ha offerto musica libera, ma d'estrazione contemporanea; i fiati si sono avvicinati maggiormente alla tradizione jazzistica; Desprez ha ripreso i suoi stilemi a cavallo tra contemporanea, rock e sperimentazione elettronica, utilizzando anche la voce in modo declamatorio; la Rezaei ha avuto uno spazio relativamente lungo d'assolo nel quale mostrare a tutto tondo il tipo d'interventi che mischiava ai suoni orchestrali, vale a dire il tipico lavoro da DJ creativa; la Rasmussen, sollecitata da Gustafsson, all'inizio del secondo brano ha lasciato la sezione sassofoni e si è prima esibita in solo al contralto, poi ha diretto l'intera orchestra con modalità in stile conduction.

Aldilà dei dettagli che emergevano qua e là, il primo, lungo brano è stata una composita suite che ha mutato più volte atmosfere, mantenendo tuttavia sempre una sua chiarezza narrativa, culminata in una prolungata marcia corale che ha ricordato certi passaggi della Liberation Music Orchestra. Il secondo brano è stato più libero e ha dato maggiore spazio ai solisti, che comunque per tutta la durata del concerto sono rimasti fondamentalmente al servizio del suono complessivo dell'orchestra. Il terzo, infine, pur anch'esso composito, è forse stato il più commovente, per la presenza determinante di un brano ucraino, interpretato liberamente, ma anche magnificamente, dalla Jernberg, una vocalist dalle straordinarie qualità.

Un concerto di livello molto elevato, che ha convinto non solo il folto pubblico presente, che ha acclamato l'orchestra al suo termine, ma anche gli stessi musicisti, felicissimi nei camerini —da chi, come l'"ospite" Boni, si stupiva di essere così facilmente entrato in un progetto tanto complesso, fino a chi, come il leader Gustafsson, gioiva di aver potuto lavorare con un gruppo di artisti di tale levatura, in attesa della registrazione su disco dell'opera.

Se il buongiorno si vede dal mattino, attendiamo con grandi aspettative MetJazz 2026.

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