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Ethiopian dream - le meraviglie della serie Ethiopiques
Che meraviglia il gamelan balinese, il canto dei monaci tibetani, quello singultante dei pigmei! E ancora le musiche tradizionali balcaniche, quelle devozionali persiane, e via via, a girare vorticosamente quel globo azzurro, fino a che le terre si confondono... Che scegliere?
Ci sono però delle musiche che sembrano venirci a cercare, anche se non lo vogliamo, anche se siamo distratti e alcune di queste ci portano - qui se avessimo mezzi di tipo cinematografico stringeremmo l'obbiettivo su una vecchia cartina geografica fino a ingrandire il Corno d'Africa - in terra d'Etiopia.
Sembra una congiura!
Vi volete ascoltare una bella canzone reggae, sognando le spiagge giamaicane e l'evocazione continua di Ras Tafari vi riporta dritti dritti laggiù, sotto lo sguardo severo di Hailé Selassié!
Siete appassionati di punk olandese, cosa di meglio di un bel disco degli Ex? Ecco che però all'improvviso tra chitarre e batteria spunta il sax di un vecchio o la voce di un cantore cieco, entrambi etiopi!
Basta! Meglio un bel film, un filmetto americano, una commedia magari, no, non una cosa commerciale, ma una cosetta d'autore, vediamo, ecco, un bel Jim Jarmusch. Qui dovremmo essere al sicuro! C'è Bill Murray con la sua faccia imperturbabile, c'è un simpatico vicino di casa che gli fa una cassetta da tenere nell'autoradio e cos'è??
I sospetti sono certezza, ormai.
Nella vostra vita è ormai destinata a entrare la musica etiopica e vi accorgerete presto che è una delle più belle malattie che si possano contrarre.
È dal 1988 che l'etichetta francese Buda Musique ha intrapreso la meritoria impresa di pubblicare una serie di CD, Éthiopiques - ora finalmente distribuiti in modo diffuso nel nostro paese grazie a Egea Distribuzione - che testimoniano la straordinaria vitalità musicale nella nazione africana dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Settanta.
Come mai un periodo così ristretto è presto detto: questo decennio scarso, stretto tra gli ultimi anni dell'impero di Selassié e il successivo colpo di stato militare, rappresenta una sorta di età d'oro dell'industria discografica etiopica, grazie alla straordinaria lungimiranza di alcuni giovani produttori come Ahma Esheté con la sua Ahma Records.
Sorta in una specie di tacito assenso alla palese violazione della legge che attribuiva al solo teatro nazionale Agher Fequer Mahber, questa discografia ha portato alla luce non solo una serie di musicisti straordinari - quasi tutti cresciuti all'interno delle orchestre ufficiali, come quelle della polizia o della guardia imperiale - ma anche influenze, suggestioni, ritmi, emozioni davvero unici.
Più di venti i volumi pubblicati fino a oggi, alcuni antologici e altri invece più specificamente monografici, dedicati a musicisti o generi specifici. Da dove incominciare? Fondamentalmente c'è l'imbarazzo della scelta e l'effetto "ciliegia - unatiralaltra" è abbastanza frequente.
Tra i volumi antologici segnaliamo Éthiopiques 3 - L'âge d'or de la musique éthiopienne moderne nel quale troviamo brani di Mahmoud Ahmed, ma anche del grandioso Tlahoun Gésséssé o di Muluqén Mélléssé. Dietro questi nomi un po' buffi si nascondono in realtà voci emozionanti e straordinarie, malinconiche e soulful, sempre dotate di un proprio swing.
Consigliatissimo anche Éthiopiques 8 - Swinging Addis, aperto da una meraviglia come "Enè Négn Bay Manésh" di Girma Béyéné, una delle figure più attive sulla scena. Altro protagonista di questo volume è il grintoso Alémayéhu Eshétè, stella di prima grandezza nel firmamento etiopico con il suo approccio rhythm&blues. Alla sua musica è dedicato per intero il volume 9 della serie e ne troviamo diverse tracce anche su Éthiopiques 13 - Ethiopian Groove, disco nel quale spicca la presenza di Bzunésh Békélé, tra le voci femminili più amate. Ma tutte le tracce di queste antologie sono delle vere gemme, tra voci saltellanti, ritmi infettivi, chitarre elettriche che si accendono all'improvviso e sezioni fiati paradisiache.
Chi volesse poi incominciare a approfondire alcune figure chiave della musica etiopica di quel periodo non si lascerà sfuggire innanzitutto Éthiopiques 4 - Ethio Jazz & Musique Instrumentale 1969-1974. Il titolo non lascia subito trasparire il nome del protagonista del disco, ma l'appassionato di jazz si farà incuriosire dalla foto in copertina: insieme a Duke Ellington compare infatti un sorridente e baffuto pianista. Si tratta di Mulatu Astatqé, il personaggio dal respiro più internazionale di questa scena musicale: studi al Trinity College londinese, a New York e financo al mitico Berklee College di Boston, Astatqé viene così in contatto con jazz e musica latina e quando torna in patria ha l'ottima idea di mescolarli alla musica tradizionale.
La musica di Astatqè - alcuni brani del quale sono i famigerati inseriti nella citata colonna sonora di Broken Flowers di Jarmush - è così un jazz visionario e ipnotico, a volte malinconico, altre quasi febbricitante e vertiginoso. Imperdibile!
Altro personaggio cult è, lo dicevamo, Tlahoun Gésséssé, cui è dedicato Éthiopiques 17: vero e proprio mito in patria, dotato di mezzi vocali estremamente melodici e espressivi, Gésséssé ha militato anch'egli nell'Agher Fequer Mahber e nella banda della guardia imperiale e lo possiamo qui ascoltare in alcuni arrangiamenti di Astatqé o in pezzi assolutamente irresistibili come "Yéné Felagoté" [il cui "tiro" vale l'intero lavoro!].
Gli appassionati di jazz più attenti alle proposte "eterodosse" ne conoscono già il nome per la recente - e strepitosa, l'abbiamo recensita - collaborazione con gli Ex o per l'entusiasmante live della Either Orchestra con - tra gli altri Getatchew Mekurya e Mulatu Astatqe Live in Addis.
Ma per conoscere al meglio la sua musica dirompente il disco di riferimento è Éthiopiques 14 - Negus Of Ethiopian Sax, che raccoglie registrazioni del 1972. Stiamo ovviamente parlando di Gétatchéw Mékurya, artista che ha rinnovato al sassofono tenore lo shelléla, il tradizionale canto di battaglia. La sua foga, spesso lasciata libera sulle spire ipnotiche di un solo accordo, è stata subito accostata a quella del free più estatico, anche se le affinità sono più ideali che reali, non essendo il musicista mai stato a contatto con l'esperienza free americana. Meglio godersi allora, in una sorta di rapimento sensoriale, questi brani ossessivi su cui Mékurya fa scendere il suo suono possente.
A Mahmoud Ahmed sono dedicati diversi volumi, il 6 e il 7, ma anche il più recente Éthiopiques 19 - Alémyé, disco del 1974 che lo vede insieme alla Ibex band con cui suonava negli alberghi di lusso di Addis Abeba: basta mettere il disco nel lettore per sorridere e iniziarsi a muovere senza quasi accorgersene. La voce di Ahmed è infatti magica, così il suo magnetismo [che è stato apprezzato anche all'estero] e la sensualità delle sue canzoni. Provare per credere.
Tanti sono i percorsi possibili - lasciamo anche al lettore il piacere di scoprirli - nella musica etiopica: diversi i generi, le etnie, le forme [citiamo ad esempio la tezeta, vero e proprio emblema della malinconia in musica]. Ai più curiosi consigliamo ad esempio Éthiopiques 5 - Tigrigna Music, che esplora la musica del Tigray e dell'Eritrea, apparentemente meno "seducente" per un orecchio occidentale, ma di struggente intensità.
Una cosa è certa: se vi innamorate di questa musica, diventerà una febbre contagiosa. Una serie imperdibile!
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