Andy Manndorff: Dirt & Soil

Il nome di Andy Manndorff potrebbe risultare ai più sconosciuto ed anche in Austria, dove risiede, non ha mai raggiunto la notorietà che il talento e le importanti collaborazioni (la prestigiosa Vienna Art Orchestra e il pianista olandese Jasper Van't Hof tra gli altri), avrebbero meritato. Il motivo? Difficile individuare una sola causa ma certamente lo spirito allergico ai compromessi, refrattario alle mode e alle richieste di mercato hanno giocato un ruolo decisivo.

Fatto alquanto sorprendente perché la musica contenuta in Dirt & Soil è decisamente accessibile, a tratti assai accattivante. Se aggiungiamo che il quartetto è completato da una coppia ritmica tutt'altro che banale—Stomu Takeishi al basso elettrico e Ted Poor alla batteria -e da Clemens Wenger, uno dei pianisti austriaci più originali (oltre che fondatore e direttore musicale del JazzWerkstatt Wien), il disco si presenta con più di un motivo di interesse.

Della godibilità che caratterizza l'intera incisione abbiamo già detto, così come del notevole contributo fornito dalla coppia ritmica, maestra nel creare situazioni in continuo movimento e camaleontiche sottolineature timbriche. Da rimarcare allora la scrittura del leader, geometrica, lucida, asciutta, senza fronzoli -che si tratti dei tre minuti di "Wrinkled Black Tie" o dei nove di "Wild, Etwas Romantisch" poco importa -ma non per questo algida o senza fremiti.

Non a caso il titolo dell'album, così come di alcuni brani, rimanda al concetto di opposto, di bipolarità, per esempio tra parti scritte e parti improvvisate, tra esaltazione della melodia e ricerca di nuove direzioni, tra pulizia del suono e schegge timbriche impazzite, tra linearità dei fraseggi e incroci pericolosi. Il tutto presentato senza scarti evidenti, con una buona dose di nonchalance e con il valore aggiunto di una eccellente resa sonora.

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