Zlatko Kaucic Trio: December Soul

"December Soul," l'inizio. Dal silenzio, appena disturbato dallo strofinar d'archetto e dal fruscio di cimbali, nasce una melodia che il pianoforte espone dapprima con circospezione, quasi con pudore, per poi definire contorni e messe a fuoco, fino a trasformarsi in danza sì evocativa, ma piacevolmente contagiosa e terrena.

"Julijske Barve," la conclusione. Il silenzio, quello stato di sognante assenza contiguo all'impalpabilità delle cose, si appropria dello spazio. I margini sono fluttuanti e sfumati, ogni movimento è sospeso ed essenziale, le sensazioni galleggiano senza peso, ma il finale riavvicina ad una possibile identificazione melodica, alla riconoscibilità dell'incedere narrativo. E il cerchio si chiude.

In mezzo un territorio di incroci, sovrapposizioni, sfioramenti, corteggiamenti tra queste due tensioni, e poi l'improvvisazione tout court—gli episodi denominati Jacob#1,#2,#3- , l'improvvisazione che si nasconde dietro le composizioni, la scrittura che prende forma, si espande, si modifica grazie all'improvvisazione.

December Soul è un scambio continuo di allusioni, di suggerimenti, di intriganti tessiture armoniche, tra musicisti dalla mente aperta che non indugiano a mettersi in gioco. Vi si trovano complicità, gusto per la sfida, dialogo intenso ma non macchinoso, ricerca continua e profondità d'animo, che, sotto la guida sapiente di Zlatko Kaućić e la sensibile esecuzione di Stefano Battaglia e Paolino Dalla Porta, si dipanano con leggerezza e musicalità.

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