Home » Articoli » Live Review » Connetto Jazz 2025
Connetto Jazz 2025

Courtesy Marco Iacoboni
Teatro Politeama; Sonar; Bottega Roots
Poggibonsi; Colle Val D'Elsa (SI)
21-25 maggio 2025
La terza edizione del Connetto Jazz Festival si è aperta con un concerto in piano solo di Rita Marcotulli, nella bella sala concerti del Teatro Politeama di Poggibonsi. "Autoritratto" è il nome dato dalla Marcotulli al suo recital, un progetto pensato per giocare con la memoria di una carriera artistica passata sui tasti in bianco e nero. La pianista si siede, chiude gli occhi e inizia a fare i conti con le sue emozioni e i suoi ricordi. Le mani producono suoni in un continuo dialogo con sé stessa, e riscrivono in tempo reale il suo presente musicale. Lo stile pianistico della Marcotulli è una summa delle sue esperienze e scelte personali. Combina il pianismo percussivo di un Michel Petrucciani con sonorità ECM e scandinave, ma è uno stile fortemente connotato e personale.
Il concerto si apre con "Yin e Yang," un classico del repertorio della Marcotulli qui inframmezzato nell'improvvisazione da "Retrato em branco y negro" di Antonio Carlos Jobim, per poi passare alla sua seconda grande passione, il cinema, un mondo che lei stesso ha arricchito con le musiche che ha composto per film di Rocco Papeleo e Stefano Veneruso. Dalla colonna sonora di "Anna"il film del 1951 di Alberto Lattuada con Anna Manganoesegue "El negro zumbón" di Armando Trovajoli. Poi di nuovo un originale, "La strada invisibile," nel quale riverberi ed effetti di delay di una elettronica minimale si confondono con l'acustica del piano, nel quale ripone oggetti, sonagli, e catene sulle corde. Corde che percuote e stoppa con un uso magistrale del pedale. Poi torna sempre lì, al cinema e cita François Truffaut con "Baci rubati."
Tra un brano e l'altro si concede al pubblico raccontando aneddoti che introducono la sua musica. Come quando, ispirata da una frase del personaggio di Antoine Doinel (N.d.R.: una sorta di alter-ego di Truffaut, che il registra francese incluse in cinque dei suoi film) Rita Marcotulli la fece tradurre da un amico in una sequenza in linguaggio morse che ha poi fornito la base ritmica del brano "Antoine Doinel," che la pianista registrò per il suo omaggio a Truffault The Woman Next Door (Label Bleu). E ce la suona, citando melodia e continuando ad improvvisare.
Rita Marcotulli ha il suono. È armonia e fraseggio jazz, è inventiva e salto nel vuoto. E il pubblico entusiasta la reclama per ben due bis.
La seconda giornata si apre nello spirito del Festival, le connessioni, con la presentazione di due mostre, una fotografica e una pittorica, e con la dimostrazione elettroacustica del suono dei pianeti da parte dell'osservatorio della Val d'Elsa.
A seguire, il concerto in solo di Anais Drago. La vincitrice del Top Jazz 2022, nella sezione nuove proposte, è ormai artista affermata, padrona dei percorsi sonori della libera improvvisazione e della musica elettroacustica. Con il suo progetto "Minotauri" la violinista ha portato in scena nove transizioni che analizzano il desiderio del gioco correlato al rischio ignoto dell'improvvisazione. Un solo che narra le solitudini e le brutture che ci circondano. Un solo che è metafora dell'uscita "dalla caverna verso la luce." Frequenze dell'ignoto, riverberi delay e loop, sonica e timbrica su scale esatonali, note lunghe, sole, quarti di tono e bicordi. Stratificazioni orchestrali da cui emergono melodie. Dal pieno al vuoto, le corde pizzicate rigenerano echi che rimbalzano, e si sovrappongono dai bassi profondi e dalle timbriche ruvide, quasi distorte. Quartine si sviluppano e spostano gli accenti e si fanno quintine. E sotto, un'unica frequenza a fare da bordone. Nel mentre, il canto della voce si fonde con la melodia del violino, come in una nenia ancestrale. In chiusura, tutti gli elementi si fondono e scompaiono lasciando solo il violino nella sua classicità, con i suoni onomatopeici della natura, il cinguettio, il fruscio, il battito d'ali. E il fischio si fa canto e il violino danza. Il pubblico ringrazia questa artista e la sua capacità di traghettarci in un viaggio che accompagna l'ascoltatore fuori dal delirio che lo circonda, fuori dalla solitudine.
Il giorno dopo è la volta del quartetto di Giovanni Benvenuti, che si toglie la giacca di direttore artistico del Festivalche conduce con la cantante Giulia Galianiper imbracciare il suo sax tenore. È leader di un bel progetto, "Dedicated to," che omaggia la tradizione interpretando composizioni con titoli contenenti un nome di donna. Al già consolidato e prolifico duo "Step Two," formato da Benvenuti e dal contrabbassista Francesco Pierotti, si aggiungono Lorenzo Tucci alla batteria e Vittorio Solimene al piano.
I quattro "bravi ragazzi dalla faccia d'angelo" partono forte con un'esecuzione esplosiva di "Jeannine" di Duke Pearson, e per il resto del concerto rivisitano la tradizione, attraverso brani di Duke Ellington, Horace Silver, Bud Powell, Sam Rivers o Charlie Parker, con profondo rispetto per poi "barare" con assoli che li portano in altre direzioni, salvo poi "tornare a casa" nel finale. Con l'espressione e il divertimento di aver fatto tutti il proprio dovere, quello di divertire e solleticare l'orecchio dell'ascoltatore.
Benvenuti ha un suono potente che strizza l'occhio a Dexter Gordon, e nella scelta dei pezzi, rispecchia le sue passioni: il cinema e il jazz delgli anni quaranta e cinquanta. Solimene gioca la sua partita con maestria ed efficacia utilizzando e citando gli stili dei grandi esecutori e compositori dei pezzi in scaletta, da Bud Powell ai due Duke (Pearson ed Ellington) e Horace Silver, immancabilmente esplodendo con assoli magistrali che portano la sua indelebile firma. La ritmica di Pierotti e Tucci non perde una pulsazione e sa spingere dove serve. I quattro sono degni di nota e di ascolto, soprattutto dal vivo dove dimostrano un grande interplay. eseguendo una musica "muscolare" suonata molto bene, con la mente, le gioia e il cuore. E tanto, tanto sudore. E il pubblico apprezza e si diverte con loro.
In orario di aperitivo si è svolto il concerto di chiusura del Festival con due storici big, Stefano Cantini al sax e Ares Tavolazzi al contrabasso, accompagnati dalla batteria di Andrea Beninati.
Cantini, instancabile musicista impegnato anche socialmentela sera prima era in concerto per il teatro di Danila Morozzi in ricordo delle vittime dell'attentato mafioso di via dei Georgofiliha presentato la sua ultima formazione in trio che registrerà tra settembre e ottobre. Un trio acustico ma con un suono contemporaneo, nel quale Cantini affianca al sax un mini sintetizzatore che usa per incursioni essenziali e minimaliste, ma molto connotate ed efficaci.
In scaletta, standard e brani di Cantini, con i tre musicisti che si divertono e divertono il pubblico grazie ad uno strepitoso interplay. Un concerto da club fumanti, suonato per cari amici, tra amici, dove i tre non si sono risparmiati e hanno suonato pesante come è nella tradizione "hard" del jazz. Frequenti le incursioni nella tradizione dell'hard bop e dello swing, grande amore di Cantini, con Beninati che assicura un solido supporto ritmico e libera Ares Tavolazzi che può spesso permettersi di far cantare le sue corde e dialogare con Cantini.
In attesa di un riscontro discografico di questo trio, attendiamo con interesse due album di imminente uscita in cui il sassofono di Cantini si confronta in duo, rispettivamente, con il pianoforte di Alessandro Galati, e con la fisarmonica di Antonello Salis.
Oltre alla programmazione concertistica il festival ha offerto anche un seminario di grande interesse sull'uso dell'intelligenza artificiale nell'improvvisazione tenuto da uno dei musicisti più creativi e attivi nel panorama italiano attuale, Ferdinando Romano. L'emergente contrabbassista, votato miglior talento italiano nel 2020 nel "Top Jazz" della rivista Musica Jazz, ha offerto una panoramica sull'uso dell'intelligenza generativa nella performance improvvisata, basata sulla sperimentazione e ricerca condotta dall'Institut de recherche et coordination acoustique/musique (IRCAM), l'istituto parigino fondato da Pierre Boulez.
Durante il seminario ho avuto la possibilità di suonare la mia tromba con Ferdinando Romano che, utilizzando un sistema da lui sviluppato (Max / MSP integrato dal sistema IA dell'IRCAM (Somax 2), interagiva in modo perfetto con le mie improvvisazioni e continue variazioni ritmiche, timbriche e melodiche. Come musicista ne sono rimasto positivamente colpito, nonostante i dubbi e le riserve che nutrivo sul tema della intelligenza artificiale applicata alla musica. Tutto mi è apparso musicalmente funzionale oltre che divertente, anche se continuo a ritenere imprescindibili le interazioni della macchina con il controllo umano di un musicista. La preparazione del pubblico resta altrettanto imprescindibile per un ascolto consapevole, anche in virtù del rischio che si perda la connessione diretta tra ascoltatore e musicista, troppo spesso percepito come completamente assorbito dalla macchina con cui interagisce.
Ferdinando Romano nei prossimi giorni sarà a Boston all'International Computer Music a presentare la sua ricerca e la sua performance "Echoes of the Machine Mind 1.0."
In conclusione, la terza edizione del Connetto Jazz Festival ha confermato la continua crescita della rassegna dell'alta valdelsa senese, tanto in termini di presenze quanto di qualità delle proposte, sia musicali che collaterali.
Tags
Live Review
Marco Iacoboni
Italy
Rita Marcotulli
Michel Petrucciani
Antonio Carlos Jobim
Anaïis Drago
Giovanni Benvenuti
Giulia Galiani
Francesco Pierotti
Lorenzo Tucci
Vittorio Solimene
Duke Pearson
Dexter Gordon
Stefano "Cocco" Cantini
Ares Tavolazzi} al contrabasso, accompagnati dalla batteria di {{Andrea Beninati
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
