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Claudio Angeleri e il Questionario di Proust

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Compositore, pianista e didatta (è presidente del Centro Didattico Produzione Musica Europe), Claudio Angeleri ha appena pubblicato per la Dodicilune l'album Concerto. Un omaggio ai grandi lombardi della storia, della cultura e dell'arte, realizzato in compagnia di Gianluigi Trovesi al clarinetto, Giulio Visibelli a sax soprano e flauto, Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso elettrico, Matteo Milesi alla batteria, Paola Milzani alla voce, Nicholas Lecchi al sax tenore e il coro The Golden Guys.

In occasione della presentazione dell'album, avvenuta con un concerto alla Camera del Lavoro di Milano per la rassegna Atelier Musicale, gli abbiamo sottoposto il nostro questionario di Proust.

Il tratto principale della mia musica
La musica è senz'altro il risultato di una pratica enattiva tra mente, corpo, contesto. Alcuni di questi elementi sono controllabili e si riferiscono a conoscenze e abilità che possiamo arricchire e migliorare. Altri derivano dalla creatività, dal dialogo, dalla ricerca di soluzioni inaspettate e originali. Queste ultime derivano dalle caratteristiche comportamentali di ognuno che spingono ad essere curiosi, a saper ascoltare e sperimentare. Ciò che però rende fruibile e comunicativo questo processo, sicuramente complesso, è la melodia in quanto si collega soprattutto a fattori istintivi e non razionali. Soprattutto con il pubblico. In tal senso ritengo che la mia musica sia molto "mediterranea" pur in presenza di strutture articolate sia armonicamente sia metricamente.

La qualità che desidero nei musicisti che suonano con me
La capacità di rendere propria la mia musica. Cioè, di saperla autografare offrendo un contributo unico, diverso e personale. Ciò presuppone, oltre ai prerequisiti professionali e umani, una grande capacità di ascolto che porta il più delle volte a fare un passo indietro a favore della musica complessiva. In altre parole, saper far parte di un io collettivo.

Come musicista, il momento in cui sono stato più felice
È difficile che un musicista, e l'artista in generale, si senta completamente felice e soddisfatto. È infatti protagonista di un processo dinamico e in divenire sempre migliorabile e proiettato nel futuro. Non nego in ogni caso di aver vissuto diversi momenti di felicità pura quando si è riuscita a creare una complicità tra il palco, il pubblico, e la qualità sonora del teatro e di amplificazione.

Come musicista, il mio principale difetto
Riguarda l'essere troppo esigente con me stesso. Cercare la perfezione in tutto, anche nei dettagli del suono, nella qualità dello strumento, nella puntualità delle diverse fasi di un concerto. Cose che purtroppo non si possono avere tutte sotto controllo. Occorre infatti affidarsi alla sensibilità e professionalità di altre figure, oltre a una buona dose di fortuna. Credo però che rappresenti anche uno stimolo nel guardare avanti e far crescere la musica. Probabilmente dovrei essere più indulgente con me stesso.

La mia più grande paura quando suono
Fin da bambino l'emozione dell'esibizione "pubblica," anche di fronte ad amici o parenti, si è sempre trasformata in una prestazione superiore in termini di attenzione, libertà espressiva, precisione tecnica. È una grande fortuna che mi ha portato a preferire le registrazioni live dei miei dischi. Ciò è avvenuto anche per l'ultimo mio disco "Concerto" registrato dal vivo e appena pubblicato con la partecipazione di Gianluigi Trovesi. Paradossalmente soffro di più lo studio di registrazione e la possibilità di ripetere la stessa cosa. Infatti, ho sempre tenuto il primo o, raramente, il secondo take. Col passare degli anni ho comunque imparato a porre più attenzione a ciò che avviene prima del concerto: come e quanto ho dormito la notte prima, la stanchezza data dal viaggio o dall'accumulo di concerti e impegni, l'alimentazione.

Sogno di suonare
Quando ti capita di suonare in luoghi dall'acustica straordinaria—tra tutti il teatro Bibiena di Mantova detto anche teatro Scientifico proprio per la qualità del suono—ti nasce il desiderio di sperimentare teatri prestigiosi come la Scala di Milano oppure la Carnegie Hall di New York. Sono però attratto anche da teatri sperimentali come la Casa da Música di Porto, non solo per la qualità dell'edificio ma anche per i materiali usati tra cui il plexiglass, che notoriamente è sconsigliato per il suono, ma che Rem Koolhaas ha saputo trasformare solo con la forma intrappolando le onde sonore.

La mia fonte di ispirazione
Questo aspetto lo collego soprattutto alla composizione. Si tratta di un processo inaspettato che non mi sono mai preoccupato di comprendere fino in fondo lasciando che emerga autonomamente e con facilità. Forse, senza voler essere presuntuoso, è un mio talento particolare.

I miei musicisti preferiti
Sono attratto a livello compositivo dall'ambiguità tonale degli autori europei a cavallo tra Ottocento e Novecento. La loro armonia sfuggente porta a spasso la tonalità rendendo protagonista la linea melodica più attiva. Queste idee di Debussy, Ravel, Skrjabin, Satie sono state riprese e sviluppate a partire dagli anni '50 anche nel jazz da autori come Bill Evans, Wayne Shorter, Herbie Hancock, McCoy Tyner e Chick Corea. Autori a cui sono molto legato.

I miei dischi da isola deserta
Sarebbero tantissimi ma volendomi limitare, Portrait in jazz di Bill Evans, Matrix di Chick Corea, Contessa del Modern Jazz Quartet, A Love Supreme di John Coltrane, Such Sweet Thunder di Duke Ellington, Concert by the Sea di Erroll Garner—che è stato anche il mio primo disco di jazz—ma vorrei anche musica classica—Debussy, Strawinsky, Ravel, Chopin, le variazioni Goldberg. Non può mancare però la mia prima passione, cioè il rock e il prog: Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Carlos Santana, Frank Zappa, King Crimson, Yes, Genesis, Emerson, Lake & Palmer. E mi sono limitato

La canzone che fischio sotto la doccia
Mi ritrovo spesso a rappare inventando testi senza senso, ma con groove.

I miei pittori preferiti
Adoro gli artisti surrealisti come Miró, Dalì, Magritte, Jean Arp—un mio gruppo si chiamava appunto Arp quintet. Non vorrei però dimenticare l'importanza del rapporto tra architettura e musica. Due forme apparentemente lontane che mostrano affinità, analogie e complicità. Posseggono una lunga storia comune, al punto che si potrebbe dire che "la musica è architettura svolta, mentre l'architettura è musica pietrificata" (Goethe). Proprio questa dimensione si può cogliere in alcuni maestri dell'architettura moderna come Siza, De Moura, Rem Koolhaas che ho avuto modo di apprezzare di persona in Portogallo. Ammetto di commuovermi ancora nel rivedere il padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe che, ricordiamo, è del 1929 ma ancora oggi essenziale, dinamico, ritmico e libero.

I miei film preferiti
Inception e Matrix. Perché hanno sviluppato entrambi la dimensione onirica del sogno ove si può orientare e modificare la realtà attingendo ora alla fantasia dell'architetto ora, alle qualità umane per sconfiggere l'AI dei robot. Un tema attualissimo.

I miei scrittori preferiti
Sono un consumatore seriale di libri quindi leggo davvero di tutto e di diversi ambiti anche per via della mia ricerca in campo didattico-pedagogico, dalla filosofia, all'estetica e alla semiotica. In campo narrativo credo di aver letto tutta l'opera di Italo Calvino.

La mia occupazione preferita
Non solo suonare e insegnare ma anche vivere tutto ciò che avviene prima e dopo il concerto: lo studio, le prove, il viaggio, gli incontri, i luoghi, il soundcheck. Detto questo ho scoperto la gioia di fare tante cose quotidiane insieme ai miei piccoli nipoti vivendo lo stupore delle loro scoperte. Guardando con i loro occhi si riesce a riscoprire un valore delle cose che abbiamo dimenticato o diamo per scontato.

Il dono di natura che vorrei avere
Più che un dono, si tratta di una condizione oggettiva che vorrei mi accompagnasse nella mia vita: il tempo. Vorrei che le giornate avessero 48 ore per suonare, studiare, progettare, leggere e dedicarmi ai miei affetti

Nella musica, la cosa che detesto di più
Vedere come persone senza particolari talenti abbiano spazi e opportunità grazie a scorciatoie politiche e conoscenze. Di solito si attribuiscono tali responsabilità alla politica quando in realtà si tratta in primo luogo di un tratto caratteriale di chi ne trae diretto vantaggio navigando a vista senza particolari fatiche e meriti. Io ho sempre preferito la concretezza del fare, dello studiare, del crescere apprendendo da chi sa più di me. È una strada sicuramente più complessa e irta di difficoltà ma non devo fortunatamente ringraziare nessuno.

Gli errori musicali che mi ispirano maggiore indulgenza
Quando un musicista si mette in gioco, sperimenta e rischia per far succedere qualcosa può capitare qualche scivolone. Si può comunque affermare che il fine giustifica gli "errori"

Il pezzo che vorrei venisse suonato al mio funerale
Immagino quel momento così carico di emozioni che preferirei sollevare i presenti dalla forte suggestione data dalla musica. Meglio il silenzio.

Lo stato attuale della mia attività musicale
Fortunatamente suono e insegno molto. Soprattutto al CDpM che è un'isola felice della musica e della creatività in Italia. Da meno di un anno sono presidente dell'Associazione nazionale delle scuole jazz e musiche audiotattili—ANSJ—e grazie al contributo di importanti realtà associative e del terzo settore distribuite in tutta Italia, e soprattutto di persone impegnate in questo campo, abbiamo fatto rete con quasi un centinaio di scuole pubbliche oltre alla collaborazione con alcune Università e Conservatori aperti e disponibili alla collaborazione e a una visione aperta e libera di sistema.

Il mio motto
La mia casa è un albergo—intendendo con questo motto l'accoglienza e l'ospitalità che riservo agli amici.

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